Incubo manoscritti

Questo pezzo è uscito su IL. (Immagine: Giant Wall Book di Anouk Kruithof.)

di Andrea Gentile

Uno propone il suo romanzo fantasy alla Laterza. Un altro propone il suo saggio sulla neuroscienza alla Piemme. È mitologica, temuta dagli editor, fonte di incubi ma anche di effetti esilaranti: è la figura del «manoscrittaro».

È la solita storia: per sentirsi scrittori basta guardare la luna. Guardi la luna; dunque sei profondo; dunque sei uno scrittore.

Poi però, dopo il duro lavoro, bisogna trovare un editore. E qui nasce la nota e irredimibile figura del «manoscrittaro».

Innumerevoli sono le armi che costui utilizza per convincere gli editor a pubblicare il suo libro. Tra le tante, l’originalità. Il suo stile è differente dagli altri manoscrittari; è importante distinguersi.

Fenomenologicamente, c’è il «manoscrittaro Nobel»: è quello che è arrivato terzo al premio Cazzabubbola di Sant’Agapito, motivo per cui la sua strada letteraria è irrefutabilmente in discesa. C’è il «manoscrittaro visionario»: «Ciao, sono il tuo amico Carlo, ci siamo conosciuti ieri sera alla presentazione di un libro della tua casa editrice. A essere sincero – gli scrittori come me sono sinceri non solo sulla carta, anche nella vita! – non ci siamo conosciuti, ma io ti ho guardato intensamente, e mi sembra di conoscerti benissimo; per questo sono convinto che apprezzerai il mio romanzo postmoderno Le onde degli angeli verdi!». Immancabile il «manoscrittaro analfabeta». Egli propone sinossi di questo tipo: «Racchiusa in una cornice strabiliante dove la morte e romanzo, si coniugano per spiegare una vita percorsa da note romantiche». Non manca, naturalmente, il «manoscrittaro stalker», figura che può comunque confluire nelle precedenti: è colui che assedia l’editor su tutti i social network e poi persino sotto casa. Citofona alle due del mattino e dice all’editor: «Sono Tonino, leggimi ora!».

Ma siamo in epoca di self-publishing. La pratica è comoda, rapida, soddisfacente. E salvifica: si elude, con una piroetta impacciata, il giudizio drastico dell’editore.

Lulu e il Miolibro.it hanno segnato la strada. E ora anche i grandi gruppi editoriali si tuffano nel mondo dell’autopubblicazione (per esempio la Mondadori, con un progetto affidato all’editor Edoardo Brugnatelli). Nasce dunque il «manoscrittaro selfpublishing».  Figura contraddittoria; la sua essenza – essere appunto un manoscrittaro – si dissolve in un lampo. Il tempo di pagare, e dunque tramutare il suo manoscritto in libro o ebook. Il suo ego crescerà fino ad annientare tutti i precedenti manoscrittari? O resisteranno comunque i manoscrittari Nobel, i visionari, gli analfabeti, gli stalker? Noi speriamo di sì. D’altronde, sono quelli più sani: in fondo, sono solo alla ricerca di un sano «NO».

Commenti
30 Commenti a “Incubo manoscritti”
  1. Giovanni ha detto:

    esistono anche i manoscritti con prefazione di Gigi D’Alessio o quelli che a volte ritornano o quelli in quattro tomi di 900.000 caratteri; ecco alcuni volti dell’Idra: http://giovannituri.wordpress.com/category/vita-da-editor/

  2. Lila Ria ha detto:

    per me i migliori restano i <> (che se avessero accumulato tutti i 10/15 euro “tassa di segreteria” spesi per partecipare ai 100 concorsi annuali dei paeselli, si sarebbero potuti comprare una borsa di Prda, in sconto) che al 20esimo premio “della sagra della salsiccia affumicata” ti riempiono la pagina fb e la casella e-mail di inviti per partecipare alla presentazione del loro romanzo – finalmente! -pubblicato, con una casa editrice a pagamento. E, se ne vantano! (il top)

  3. Lila Ria ha detto:

    cacchio… tra le avevo scritto MANOSCRITTARI PREMIO NOBEL, sorry…

  4. Romina ha detto:

    Sappiate che vi amo. Che articolo stupefacente… ho le lacrime agli occhi.

  5. Gianpaolo Ferrara ha detto:

    Oltre ai mano come li chiamate voi, ci sono anche i lettori delle case editrici che invece di leggere i manoscritti, perdono tempo a prendere in giro noi analfabeti, visionari, stalker, stupidi, repressi, handicappati e via dicendo scrittori di manoscritti o presunti tali.

    IO AMO L’ITALIA PERCHE’ E’ UN IMMENSO LAMENTO!!!

    anche io ho le lacrime agli occhi.

    Un bacio, P

  6. Lila Ria ha detto:

    Gianpaolo Ferrara,
    io sono “handicappata”. (Ho una malattia rara, muscolare. Da 10 anni sono limitata nei movimenti, ora ne ho 33). Beh, nessuno mi definisce con quel termine, ma (di fatto) lo sono.
    Se uno come te, usa i termini a sproposito, forse dovrebbe cambiare “mestiere”.

  7. Alessandro Benassi ha detto:

    ve la cantate e ve la ridete da soli

  8. Gab Di Lichtung ha detto:

    Mi sfugge il movente di tali articoli. Tra l’utilità di un popcorn bruciaticcio e la più autoerotica spocchia.

    P.S. Non ho velleità letterarie.

  9. Simone Nebbia ha detto:

    Boh che peccato, questi sono articoli che spingono al torto chi può anche avere ragione. Si tratta di sempre meno rari casi di Giornalisti Pulitzer che palpitano il desiderio di mettere in mostra la loro satirica sagacia. Ma a me fanno un po’ l’effetto contrario. E pensare che ho scritto così anch’io… ma poi uno cresce. Anche perché in questo caso a mancare è proprio la funzione giornalistica: qual’è il dubbio? Quale il dibattito? Dice ovvietà su cui difficilmente si può essere in disaccordo questo articolo, addirittura sventolando l’autopubblicazione come moderna stortura, quando invece si tratta di pratiche piuttosto diffuse da molto, molto tempo. Solo oggi fanno parte dello spettacolo. Questo forse ce le rende antipatiche. Insomma non è la pratica in sé, ma l’uso che se ne fa.

    Poi boh, Gentile, ma con un impianto editoriale da fabbrica di merendine sembrerebbe più nobile non pubblicare: se si usa questo atteggiamento così acido poi la gente si stufa e arriverà il tempo di scrivere che non ci sono più i manoscrittari di una volta… e si rischia che qualcuno qui, lettore professionista, non lavori più…sbaglio? A domanda corrisponde offerta, quindi mi sa tanto che se li terranno stretti in molti, gli orribili manoscrittari 😉

  10. Anis ha detto:

    articolo a peso specifico zero su un tema che invece varrebbe ben altre e ben più argute riflessioni

  11. new_rainbow ha detto:

    Faccio questo lavoro da anni, scrivo per diletto e leggo sempre i vostri articoli con piacere.
    Ho le lacrime agli occhi perché queste cose succedono davvero, e scriverne (non per insultare o denigrare, come qualcuno erroneamente ha pensato) è un modo innocuo e bonario per esorcizzare giorni interi passati a svolgere uno dei lavori più belli del mondo, lavoro che a volte prevede (inutile negarlo) anche incursioni negli aspetti più improbabili e surreali della nostra “letteratura”.
    Credo che serva un po’ più di (auto)ironia, non solo per fare gli editor o i lettori, ma anche per fare gli (aspiranti) scrittori. E fatevela ‘na risata, no? 🙂

  12. gioigio ha detto:

    concordo con anis, articolo inutile e sup^ponente

  13. marisa salabelle ha detto:

    Il manoscrittaro, un poveraccio, una figura patetica e sfigata, un venditore di merce di bassissima qualità, simile, anche nel nome, al ricottaro o al peracottaro. Si sa, l’editor non può sopportare il manoscrittaro, questo formidabile rompicoglioni: ma chi gliel’ha detto di mettersi a scrivere, ma chi gliel’ha messa in testa una simile assurdità, ma gliel’ha per caso ordinato il dottore? Smetta di scrivere, una buona volta, e se ne stia zitto e buono a casa sua! Che tanto, qualsiasi sforzo faccia, qualsiasi iniziativa intraprenda, resterà per sempre una nullità. Le possibilità che un soggetto simile, che non bazzica gli ambienti intellettuali, che non ha parenti e amici in grado di sostenere la sua candidatura, che per giunta non ha frequentato nessun corso di scrittura creativa, scriva qualcosa di solo minimamente accettabile sono pari a zero. Nel migliore dei casi può aspirare al terzo premio Cazzabubbola di Sant’Agapito, un riconoscimento che la dice lunga sulle sue potenzialità. Invece l’editor, per parte sua, non è mai stato un manoscrittaro, non ha mai inviato i suoi risibili manoscritti alle case editrici, non ha mai assillato altri editor al fine di pubblicare il suo primo romanzo: che si trattava di un genio era già evidente, le case editrici andavano a cercarlo a casa, i giornalisti intervistavano la sua maestra delle elementari, i presentatori di talk show se lo contendevano prima ancora che le sue opere vedessero la luce.

  14. Gloria Gaetano ha detto:

    non è così. bisogna distinguere, dis-cernere. Esistono vicende personali, dure come spesso si presentano nella vita, per cui abbiamo discusso sulla meritocrazia(credo che s’intendesse in tutti i campi). Persone che hanno scritto con editori autorevoli, ma che poi, paff…, si trovano davanti a vicende personali dure, altre che non sono state valutate bene. Qualcuno ha presente il caso del ‘Gattopardo’, o lo stesso Tabucchi che è meno pubblicizzato degli altri? Esistono anche i ghostwriter, che scrivono per personaggi noti con un riscontro notevole, purtroppo! scrivono per semianalfabeti, e … non sono manoscrittari! Ripensiamo un po’ con calma e serietà alla questione. Esistono ‘manoscittari’ e veri autori, che non incontrano lettori ,editori attenti..o consulenti di editori, che non hanno le competenze ,l’abitudine alla lettura di libri necessaria per una valutazione equa. E gli editori puntano sul sicuro. Sul ‘mercato’,. A me piace cercare i talenti segreti nascosti, anche quelli che ebbero successo una volta e non vanno più di moda. Bisogna leggere per ‘riconoscere’ un talento.

  15. Enrico Giammarco ha detto:

    Credo si tratti di un problema d’interfaccia.

    Da un lato abbiamo gli aspiranti scrittori, presi a metà tra auto-convincimenti megalomani, ansie da prestazione e l’esigenza di ricevere un giudizio neutro e professionale, che non sia quello di amici o parenti.

    Dall’altro ci sono le case editrici, inconsciamente desiderose di trovare il talento da best-seller a “costo zero”, ma che devono scontrarsi con una (papabile) offerta ben superiore alla richiesta, e qualitativamente variegata.

    Il risultato è che se in teoria l’autore e l’editore dovrebbero vivere un’unione d’intenti (e nei matrimoni “riusciti” è così), in pratica il fisiologico desiderio dei primi nel “riuscire” si contrappone all’ambiguo tentativo dei secondi di filtrare senza rischiare di perdersi qualcosa di buono.

    Un aspirante autore non si rende conto di non essere il solo ad aver inviato il manoscritto, pressa per avere risposte rapide e al tempo stesso esige una motivazione valida ed approfondita per il rifiuto.

    Un editore difficilmente è trasparente nella gestione dell’invio dei manoscritti (questa Casa Editrice è una delle rare eccezioni), indica degli indirizzi di ricezione generici (le classiche info@nomeditore.it), non esplicita i tempi di lettura, non indica chi sta leggendo il manoscritto, non risponde e basta, lasciando l’autore in balia del silenzio per mesi, di solito fino alla rassegnazione…

    Gli editori a pagamento (prima dell’avvento del self-publishing online) hanno trovato terreno fertile proprio per questo motivo: rispondevano ad un’esigenza insoddisfatta…con tante altre lacune sul lato qualitativo, ovviamente…

  16. Litz ha detto:

    Di editori ne esiste un tipo solo: il Saggio&Infallibile.
    Anche quando pubblica porcate galattiche, naturalmente.

  17. Simone Ghelli ha detto:

    Scusate, ma dopo tutte le discussioni fatte (non ultime gli incontri del 2012 alla manifestazione Librinnovando) si scrivono ancora cose così approssimative, dove si fa passare l’equazione self-publishing = editoria a pagamento?!

  18. eFFe ha detto:

    Credo che intorno a MF graviti la più alta concentrazione di nevrosi da self-publishing. Io sto cominciando a preoccuparmi perché li stimo tutti, davvero, e a qualcuno gli voglio pure bene e sono sinceramente in allarme per la loro salute mentale. Davvero ragazzi, ripigliatevi. Lo stipendio non ve lo leva nessuno, e il prestigio nemmeno. Anzi, forse nasce pure qualche opportunità…

    Ci vuole pazienza, caro Simone, ci vuole tanta pazienza…

  19. Giulio Mozzi ha detto:

    Mi permetto di citarmi:

    Le dieci trame più frequenti nei romanzi inediti (scritti da maschi) che ho letti dal 18 agosto 2012 a oggi.

    Le dieci trame più frequenti nei romanzi inediti (scritti da donne) che ho letti dal 18 agosto 2012 a oggi.

    E sia chiaro che scherzo. La prima regola del mestiere di lettore è: avere fiducia. Leggiamo, leggiamo, qualcosa di buono si troverà.

  20. scrittoreitaliano ha detto:

    Esiste anche il manoscrittaro depredato (ma lui non sa di esserlo), quello che mi ha fornito l’idea, la trama e lo stile per un romanzo che ho poi pubblicato (ho sempre avuto molti amici nell’editoria) con una importante casa editrice.

  21. LM ha detto:

    Anch’io mi autoincito come Mozzi (non faccio reverenze giusto per distinguermi da lui)

    http://accademia-inaffidabili.blogspot.it/2011/06/epistola-sesta-agli-editori.html

  22. giulio savelli ha detto:

    Per dissolvere l’incubo dei manoscrittari è sufficiente che gli editori aboliscano del tutto e in modo trasparente la pratica di ricevere manoscritti. Si pubblichino esclusivamente traduzioni o testi scritti su invito dell’editore; eccezioni potranno essere fatte solo per chi è già un autore conosciuto. Ovviamente in questo modo gli esordienti non esistono più. Ma che se ne fa un editore degli esordienti? Nessuno comprerebbe il libro di un esordiente, proprio in quanto sconosciuto. Chi compra uno yogurt di marca ignota al prezzo di uno ben pubblicizzato? Gli editori già praticano largamente questa strada piana e sicura, ma conservano il retropensiero che magari una pagliuzza d’oro cercando bene possa saltare fuori, e spremono dei poveracci (per quattro soldi, disgraziati) a leggere roba orrenda e a farsi rompere le palle dai manoscrittari assatanati. La pagliuzza d’oro, se mai si trova, non arriva dalla cernita impossibile dei manoscritti. Arriva con la telefonata di un amico, un suggerimento importante, la scelta da parte di un personaggio già popolare di pubblicare un libro. E’ questa la vera frustrazione dei poveri lettori di manoscritti: la consapevolezza che il loro dolore è inutile. Sono pagati, poco, solo per farsi rompere i coglioni. Che rimanga loro almeno lo sfogo di prendersela coi manoscrittari. Per questo, mi pare, l’autore si augura, in apparente contraddizione con se stesso, che continuino a esistere: sono complementari, lui e loro: se non ci fosse chi aspira a un sano NO il ruolo di chi lo pronuncia si paleserebbe inutile.

  23. giuseppe ha detto:

    Ho notato che quando qualcuno esprime un parere fuori dal coro o non ortodosso, il commento viene cancellato. Bel modo di concepire il confronto delle idee in un paese democratico!

  24. minima&moralia ha detto:

    Caro Giuseppe, noi non cancelliamo mai i commenti. Probabilmente il tuo è solo finito accidentalmente nello spam. 🙂

  25. Cornetta Maria ha detto:

    Il titolo di questo blog mi sembra davvero eccessivo. Figuiamoci se gli italiani, “vaccinati” per affrontare le sffide di un’Italia che non funziona, ritengano addirittura un incubo veder rifiutata la loro opera! L’autore, anche il più appassionato, non credo s’illuda di vivere della sua arte! E perciò un manoscritto resta “innocuo” anche quando non raggiunge i riflettori. Chi scrive ha l’esatta cognizione del suo talento e,anche senza conferme ufficiali, se è abbastanza intelligente, considera un eventuale editore solo un mezzo per raggiungere uno scopo e non il GIUDICE INTRANSIGENTE davanti al quale genuflettersi. L’approccio verso il mercato dev’essere considerato con il giusto equilibrio: il vero artista è immune dagli isterismi che sconvolgono gli insicuri. Sono una scrittrice e parlo con cognizione di causa.

  26. RobySan ha detto:

    ” Chi scrive ha l’esatta cognizione del suo talento…”

    Questa è la migliore della settimana!

  27. Cornetta Maria ha detto:

    Dalle nostre parti si dice:”il vino buono si vende senza frasche” . La massiccia pubblicità serve soprattutto agli scrittori mediocri. Se un autore ha talento, prima o poi (in Italia verosimilmente POI) la sua arte, sia pure serpeggiando nella jungla di cartaccia (anche pubblicata) , troverà il suo varco perché di rado il talento resta per sempre senza gloria. Chi scrive e crede in quello che scrive, deve insistere: la fortuna è l’unico dato imponderabile che non dipende dalle capacità creative e per quella non c’è rimedio, per tutto il resto contano tenacia e fiducia in se stessi alias gli ingredienti del successo

  28. Cornetta Maria ha detto:

    A parte la considerazione che l’arte è la massima espressione della libertà, i cosiddetti “manoscrittari” non vengono sempre trattati con equità. Insieme a loro prosperano anche i cosiddetti “editori” che , sulla base di una discutibile e assolutamente arbitraria valutazione “bocciano o promuovono” tante cartacce che affollano gli scaffali delle librerie e che non hanno nulla a che spartire con la cultura vera. Ho sempre detto che la VERA arte raggiunge prima i sensi che l’intelletto, invece ho notato che c’è un desolante deserto che mortifica la definizione di scrittore talentuoso. In Italia s’identifiica spesso con i capricci del mercato, notoriamente poco selettivi.

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  1. […] Editoria: Incubo manoscritti • Attualità: L’importanza dei servizi bibliotecari negli ospedali • Editoria: Un’idea […]

  2. […] indubbio che siano davvero innumerevoli i manoscrittari (come li ha definiti Andrea Gentile in un articolo riproposto da minima&moralia), ovvero coloro che sommergono le case editrici di inediti […]



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