Audaci, veri e molto comici, ecco i supereroi fai-da-te

Superhero Valentine 7

Questo pezzo è uscito su Repubblica.

Un senso di giustizia, così come un barlume di filantropia, è presente in ognuno di noi. Nel momento in cui si supera la misura consueta e l’attaccamento alle persone insieme a un bisogno inestimabile di equità coagulano e si insediano in un individuo, allora, insensibilmente, irreparabilmente, sta per nascere una figura che conterrà in sé qualcosa di eroico e di grottesco.

Supergiusti, supertosti, superveri. Alla scoperta dei supereroi fai-da-te (Caratteri Mobili) di Silvestro Ferrara è il compendio – troppo breve, un centinaio di pagine, rispetto alle molteplici implicazioni di ciò che descrive – di che cosa sono i contemporanei real life superhero. Vale a dire coloro i quali, da qualche parte nel mondo, hanno deciso di servire il genere umano non tramite un bonifico bancario (troppo disincarnato) o un altrettanto generico volontariato presso una mensa o un dormitorio pubblico, bensì trasformando se stessi, un pezzo della loro vita, in un bene materiale attivo.

Diffusi soprattutto negli Stati Uniti e in centro America (ma anche l’Italia ha il suo, Entomo, a Napoli), i supereroi fatti in casa devono prima di tutto fabbricarsi un costume in spandex, in nomex, in kevlar (materiali che descrivono già da soli un’epica dei tessuti), modificare la propria automobile (cosicché, come nel caso di Master Legend, dai tergicristalli venga schizzata una soluzione al peperoncino) e devono avvalersi di un’arma insieme emblematica e fatale (pare che nel 1989 Captain Ozone avesse inventato il toilerang, un’asse del water usata come un boomerang; Bearman, invece, si era impiantato sul dorso delle mani due forchettoni da insalata ricavandone minacciosissimi artigli).

Devono inoltre individuare una tipologia di nemico (non c’è niente da fare: al bene, per identificarsi, serve una conoscenza approfondita del suo specifico male). Angle-Grinder Man, attivo a Londra tra il 2003 e il 2005, segava le ganasce con cui i vigili bloccavano le auto in sosta vietata; le Lavender Panthers, un gruppo di vigilanti composto solo da omosessuali, nella San Francisco del 1973 lottava contro le aggressioni omofobe.

Al centro dell’esperienza del real life superhero c’è però un piccolo paradosso. A così tanta disponibilità eroica non corrisponde un’adeguata quantità di crimine. Dunque il supereroe si apposta e aspetta. Una via di mezzo tra Linus in attesa del Grande Cocomero e il Drogo di Buzzati che scruta all’orizzonte l’arrivo dei Tartari, all’uomo in tutina elasticizzata non resta che confrontarsi con il deserto del tempo, con il mucchio incalcolabile di tutto ciò che potrebbe (e dovrebbe) accadere e non accade. Ogni tanto la sensazione che i tempi siano maturi, che una particella di pericolo stia finalmente per manifestarsi, ma è soltanto un falso allarme.

Ed è allora che nonostante non ci sia mai venuto in mente di abbigliarci con mantello e occhialoni protettivi ci rendiamo conto che essere fratelli nell’attesa rende le tragicomiche esistenze dei supereroi fai-da-te indistinguibili dalle nostre.

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