Scrivere di cinema: Moonlight

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minima&moralia è tra i partner del concorso Scrivere di cinema – Premio Alberto Farassino per giovani aspiranti critici cinematografici: ospitiamo la rubrica di cinema a cura dei vincitori dell’edizione 2016 e vi segnaliamo il bando dell’edizione 2017.

di Jacopo Barbero

Il 26 febbraio scorso Moonlight ha vinto tre Oscar, incluso l’ambito premio per il miglior film, la cui consegna è stata però turbata da un erroneo scambio di buste, ormai già passato alla storia. Il regista Barry Jenkins, nei giorni successivi alla cerimonia, ha rivelato una parte del discorso che avrebbe recitato in caso la premiazione si fosse svolta in condizioni regolari: “Io e Tarell Alvin McCraney [l’autore dell’opera teatrale da cui il film è tratto, ndr] siamo questo ragazzo. Siamo Chiron.”

La pellicola infatti racconta, in tre momenti, il percorso di maturazione di un giovane nero omosessuale che cresce nelle periferie di Miami. Se Moonlight ha un grande pregio, questo è la sua profonda sensibilità: Jenkins e McCraney conoscono quello che raccontano e il loro sguardo ha una purezza rara a trovarsi, che si traduce in una regia leggiadra, che dipinge la vicenda sullo schermo con lunghi ed avvolgenti piani sequenza realizzati con la steadycam. Lo sguardo è ora spietato, ora dolcissimo, quando si adagia sui corpi, di cui riesce a rendere concretezza e carnalità con lodevole raffinatezza.

Eppure non è tutto oro quel che luccica: se infatti lo sguardo adottato dal regista risulta convincente ed originale, al termine della visione, il film non dà affatto una sensazione di compiutezza, questo perché, sotto altri aspetti, appare un’opera solo abbozzata e decisamente problematica.

Jenkins, sceneggiatore in solitario, non riesce infatti a rendere compatta la pellicola che, farraginosa, non regge i salti temporali dovuti alla suddivisione in capitoli e tende a sfaldarsi. La narrazione risulta poco coerente e fatica a giustificare, specie tra la seconda e la terza parte, alcune evoluzioni del protagonista.

Quest’ultimo peraltro è costretto a relazionarsi con alcuni personaggi deboli, in particolare la madre drogata, a cui Naomie Harris dona anima e corpo, senza riuscire mai a farne un grande carattere, prigioniero di una sceneggiatura che non fa nulla per renderlo originale. Anche il protagonista Chiron, impersonato da tre ottimi interpreti nelle diverse partizioni del film, soffre di problemi di scrittura: difetta di caratterizzazione e, anche quando appare profondo nella sua tragica impenetrabilità, è più per il modo in cui il Jenkins regista lo inquadra, nel tentativo di rattoppare un personaggio altrimenti abbastanza bidimensionale, che impedisce allo spettatore qualsiasi tipo di immedesimazione, risultando addirittura vagamente respingente.

Non è un caso che il segmento più riuscito del film sia il primo, in cui Mahershala Ali ruba la scena interpretando Juan, senza dubbio la vera perla del film: è il padre putativo di Chiron ed è protagonista di almeno due scene splendide, la lezione di nuoto e la sua confessione finale. Se nella seconda parte la pellicola comincia a cedere a meccanismi narrativi più convenzionali, nella terza Jenkins tenta invece di rompere gli schemi del dramma americano avvicinandosi, nella lunga scena del ristorante, ad un cinema quasi di influsso europeo, ma il film finisce per arrancare proprio nei suoi ultimi aneliti: centoundici minuti sono davvero troppi per una trama in realtà esigua.

I problemi di Moonlight risiedono dunque per buona parte in una sceneggiatura precaria, incapace di gestire e valorizzare la materia narrativa, che il regista è invece riuscito a mettere in scena con grande freschezza e potenza, avvalendosi anche dei contributi preziosi del direttore della fotografia James Laxton e del compositore Nicholas Britell che, con il suo splendido assolo di violino, è stato capace di sintetizzare in maniera struggente le difficoltà di una maturazione umana e sessuale, che invece il film, un po’ schiacciato dai suoi dilemmi strutturali, riesce solo talvolta a portare sullo schermo in maniera convincente.

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