Rise and Fall and Rise of a Star

di Giulia Pezzoli

The Artist è un esercizio di stile perfetto, uno di quei film di cui si parlerà a lungo e che verrà probabilmente citato per le sue incredibili (e anacronistiche) caratteristiche.
La trama è semplice: la storia inizia nel 1927 quando ancora il cinematografo era muto e i suoi protagonisti (seppur non osannati come i divi di oggi) erano artisti completi e personalità pubbliche di rilievo. George Valentine è una di queste: affascinante e brillante uomo di spettacolo, fa impazzire le folle con una gestualità e una mimica perfette (lo interpreta un incredibile Jean Dujardin). Purtroppo però il divo è troppo pieno di sé e del suo successo e con l’avvento del sonoro viene scalzato dalle nuove leve della Kinograph (la casa di produzione di un autoritario e lungimirante John Goodman). Una di queste è la giovane Peppi Miller (Bérénice Bejo) di cui Valentine, innamoratosi a prima vista, diviene per caso il primo ammiratore e sostenitore. Sarà l’amore disinteressato di questa giovane stella a salvare il vecchio divo dall’oblio.
Michel Hazanavicius compie un’operazione azzardata: propone un film muto e in bianco e nero nell’epoca dei colossal 3D. Lo fa con sapienza, utilizzando una colonna sonora perfetta, rievocando in modo magistrale la magia del cinema degli anni Trenta, la sua fotografia, la sua grafica, le sue luci e i suoi costumi e ricostruendo la storia dei magnifici albori dell’industria hollywoodiana attraverso citazioni e rimandi (a partire dal nome del protagonista troppo simile a quello del grande Rodolfo Valentino per essere una scelta casuale).
Ma The Artist non è solo un esercizio di filologia estetica per nerd e cinefili; è soprattutto una storia d’amore tra le più semplici ed efficaci, nonché il racconto estremamente umano di una “vita di spettacolo”: l’ascesa e la caduta di un divo, il suo terrore dell’oblio e della morte, l’ostinato orgoglio e la paralisi davanti al cambiamento. Hazanavicius mostra fin da subito il punto: The Artist si apre dal nero sul volto di Valentine in una scena suo ultimo successo cinematografico, A Russian Affair. Mentre un sadico agente russo lo tortura il protagonista urla: “Non parlerò, non dirò una parola”. E così sarà, fino alla fine del film.
La fama, ritenuta erroneamente solida, e l’arrogante presunzione del divo mal si adattano ai cambiamenti radicali di un’epoca. Così, Valentine sceglierà di non passare al sonoro al momento opportuno e verrà banalmente eliminato. E mentre le parole di addio del suo produttore risuonano ancora (“the world is talking now… people want new faces, talking faces”), l’inizio della fine è scandito da uno dei due momenti sonori della pellicola. In un sogno premonitore Valentine si accorge terrorizzato di non avere voce in un mondo (quello della sua quotidianità) completamente sonorizzato, in cui ogni cosa, anche la più leggera piuma, produce un suono ai suoi orecchi assordante.
Sarà l’amore (come spesso accade in una storia romantica) a spingerlo a cambiare, ma solo dopo un lungo percorso di degrado e perdizione in cui saranno proprio le bocche, le voci e i volti di chi lo ha denigrato e disprezzato a perseguitarlo e a spingerlo sempre più in basso. E infine, il suono non è più motivo di terrore: gli studios della Kinograph si arricchiscono ancora una volta della sua rinnovata presenza e finalmente del “cut” urlato dall’operatore.
Oltre a protagonisti poco noti al grande schermo (Dujardin è un famoso comico televisivo francese e la Bejo è un’attrice di teatro di origini argentine) e assolutamente perfetti nei ruoli interpretati, Hazanavicius ha scelto (come si faceva all’epoca) una colonna sonora magnifica, fatta di brani di classica e riferimenti ai grandi maestri del cinema americano di cui questo film è un sentito tributo.

Commenti
Un commento a “Rise and Fall and Rise of a Star”
  1. simone ha detto:

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