Salve, buongiorno. Ho 37 anni, mi sono laureato in filosofia con 110 e lode, ho fatto due esami post-laurea in più (storia romana e storia medievale) pagando 130 euro ciascuno all’Università di Cassino nel 2008 (a Roma costavano 435 euro l’uno, tipo), necessari per potermi presentare all’esame di ammissione alla SSIS nel 2008. Ho sostenuto gli esami per i venti posti della mia classe di concorso, la A037, arrivando tredicesimo. Al test scritto, diverso per ogni sede, ho fatto personalmente annullare un paio di domande del tenore: Chi ha detto “L’uomo è schiavo della società?” a) Marx, b) Freud, c) Marcuse, d) Aristotele. A seguire i corsi biennali eravamo comunque, dai 20 che dovevamo essere, una quarantina – tra ripescaggi, trasferimenti, vecchi congelamenti scongelati, stranieri, personaggi venuti fuori dal nulla apparentemente molto amici di alcuni docenti, etc…

I corsi – biennali – costavano circa 3000 euro, era obbligatoria quanto inutile la presenza, erano ridicoli al 90%, irritanti nella loro vaghezza e mancanza di programmazione, quasi nulli – spesso controproducenti – da un punto di vista didattico. I rari casi contrari li posso citare con un paio di nomi e un paio di cognomi. Un pomeriggio siamo stati obbligati in seicento (tutti i partecipanti delle SSIS delle classi umanistiche) a seguire un convegno intitolato Didone nel tempo: l’idea era quella di far vedere come un argomento potesse essere trattato in modo multidisciplinare. Di fronte a seicento persone a cui di Didone quel giorno non fregava molto e che magari avevano dovuto pagare la babysitter pur di essere presenti, sei professori facevano battutine tra loro e snocciolavano i loro pareri su Didone in letteratura, arte, filosofia, con una capacità retorica che avrebbe raccolto a stento una decina di persone tra gli uditori solo se già molto interessati all’argomento. Quando Elio Matassi, ordinario di Teoretica a Roma Tre, pretese di farci ascoltare della roba su Didone in musica che aveva preparato il Natale precedente con i suoi nipotini, anche i più autodistruttivi nell’aula magna ebbero un moto di ripulsa e gridarono: “Basta!”. Gli esami finali per l’abilitazione sono stati puerili, siamo usciti praticamente tutti con il massimo del punteggio, 42. Tutti tranne io e un mio collega, praticamente, 41, perché la mia tutor mi disse che le dispiaceva ma non aveva capito come si assegnavano i punteggi. Nella mia classe c’erano potenziali professori bravissimi, gente con dottorati e post-doc all’estero, borse di studio nei più prestigiosi istituti europei, e molta esperienza di insegnamento (all’università, supplenze, ripetizioni). Pochi di loro insegnano. Nessuno ovviamente è stato assunto. Chi insegna lo fa – come me – in un istituto privato, o con supplenze brevi. Vari hanno rinunciato all’idea di fare l’insegnante. Molti si sono presi anche l’abilitazione per altri classi di concorso, la A036 e il sostegno – altri soldi spesi per i corsi, altro tirocinio non pagato; invano. Tutto quello che insegno a scuola, l’ho studiato per conto mio. Praticamente tutta la formazione didattica me la sono fatta per conto mio e in classe. Potrei essere, per tutto il tempo e i soldi che ho speso, un insegnante infinitamente migliore di quello che sono.

Ora, il ministro Profumo ha deciso di bandire prima i concorsi per i TFA – i cui esiti surreali sono raccontati da chiunque in rete; e adesso, con notizia blitz, il concorsone. L’unica idea che sembra animare questo governo rispetto al reclutamento degli insegnanti è quello di una specie di truffa di Ponzi. Siccome c’è troppa offerta e poca domanda di insegnanti nuovi – siccome diciamola meglio, non si vuole investire sulla formazione e la retribuzione degli insegnanti che già lavorano nella scuola (abilitati SSIS, abilitati dal concorso del 1999, supplenti precari di varia provenienza) – si è pensato di trasformare l’offerta in domanda, e recuperare parte di quei soldi attraverso un sistema di reclutamento e di formazione a pagamento (la tassa per i test di selezione per i TFA e i tirocini annuali), mentre l’economia in nero delle ripetizioni è l’unica che consente la sopravvivenza di milioni di precari o insegnanti mal pagati. Quella che si sta venendo a creare è una sorta di “bolla finanziaria dell’istruzione”. Questo progetto trova evidentemente il consenso caloroso anche del PD, che ieri aveva deciso di invitare alla sua Festa nazionale il ministro Profumo. Sarà perché fa parte del cosidetto governo dei professori.

 

Condividi

33 commenti

  1. Credo che in fondo i fondelli siano sempre gli stessi: oltre a quelli belli vuoti dei docenti della scuola (non direi che il trattamento universitario sia lo stesso, per la verità, soprattutto di “certe” università), quelli degli studenti e delle loro famiglie. Insomma, i carissimi che ha salutato con una lettera di buone vacanze il 14 agosto (con calma…), in attesa dei cinque, unici giorni di vacanza che molti di loro hanno potuto concedersi quest’anno. E poi, certamente, i soliti noti. Il piccolo popolo di tutte le classi di concorso condannato ai corridoi del provveditorato a ogni fine estate, con le spalle sempre più scese, e destinato adesso a una guerra tra gilde nella terra di mezzo del concorsone.

    Firmato: un “assunto a tempo indeterminato” di quelli “pluridecorati” citati nel post, che ha saputo stamattina in quale scuola andrà a insegnare il prossimo anno (ovvero, tra venti giorni). Nel quarto istituto diverso in cinque anni. Alla faccia della programmazione e della continuità didattica. Alla faccia della “meritocrazia”.

  2. Sinceramente, dopo la laurea in filosofia (110/110), la partecipazione al concorsone del 1999 (non superato), la partecipazione e la frequenza della SIS presso la Statale di Milano (la mia non è stata una esperienza così negativa, ho buoni ricordi..), una serie di perfezionamenti ecc., la SIS di SOStegno.. ..mi sento demotivato. Semplicemente demotivato. Ho la penosa sensazione che sarà l’ennesima presa per il culo; un concorso adesso non credo abbia ragione di esistere (come il TFA, se non per fregare quattrini..). Andrebbero smaltite le GaE e poi a vedersi.

  3. Salute Raimo e colleghi,
    sottoscrivo su quasi tutto, ogni esperienza è unica ma gli aspetti sinistri sono ricorrenti. La mia SSiS è stata inutile ed irritante, una sorta di confusa appendice dell’università, dove i percorsi erano di contenuti vagamente monografici e per nulla “formativi”. In più, avendola fatta in Cattolica (sic!), mi sono ritrovata a chiedere ragione e fonti di affermazioni che assimilavano omosessualità a malattia (e non siamo allo stadio). Insegno con continuità da sette anni, nella scuola pubblica. Ogni anno cambio scuola, classe, materie e mi dico che questo mi serve per affinare i miei strumenti di osservazione e di lavoro. Non finisci mai di farti le ossa, insomma. Luglio e Agosto vivo con il sussidio. Ho chiara la differenza tra diritti e privilegi. Non siamo più la categoria protetta di un tempo, siamo al servizio per volontà, per passione: qualità che nessun sistema deve e puo’ confondere con abnegazione o spirito missionario. Sappiamo che se il paese sopravvivrà a questa voragine civile, sarà anche per merito nostro. Però guardo i miei amici e coetanei impegnati nelle arti, nella cultura, nel sociale, in tutti i saperi umani forti ed a rischio rottamazione e mi dico quanto ancora il pubblico rappresenti una garanzia. Abbiamo una responsabilità enorme nel mantenere vigili le coscienze e non mi sorprendo più che il sistema stia mettendo implacabilmente in atto un programma per neutralizzarci, coerente con la cultura del sonno che domina questo paese e non solo. Dunque, smettiamo di farci la guerra tra di noi a suon di punti comprati alle mafie dei corsi fantoccio e fermiamoci seriamente e tutti per ottenere riconoscimento e dignità da masse, media, istituzioni: io ci sono.

  4. Dovremmo manifestare e BLOCCARE TUTTO! Se tutti i precari si rifiutassero di prendere servizio le scuole di tutta l’Italia sarebbero paralizzate. Le scuole dove non è in servizio nemmeno un precario sono davvero poche!

  5. Comunque io mi sto mettendo in contatto con vari gruppi su FB che stanno organizzando l’adesione alle manifestazioni, se siete interessati, partecipate anche voi!!! Se si possono fare i nomi dei gruppi e qualcuno è interessato, ve li segnalo.

  6. Si naviga a vista e si bandiscono concorsi prelettorali come negli anni ’80. Le ragioni degli insegnanti sono tante e quasi tutte giuste, quindi non mi soffermo a commentare.
    Pero` noto che alcuni affermano “io il concorso l`ho fatto nel ’99 e l’ho vinto, quindi mi spetta un posto”. Non penso sia corretto, perche` i concorsi (e le interviste e i colloqui, e le valutazioni) non dovrebbero finire quasi mai, in un sistema meritocratico. Penso serva ad avere insegnanti piu` motivati e preparati.
    I miei insegnanti del liceo, permanenti e spesso antiquati, li lascio volentieri ad altri.

  7. Diciamolo chiaramente: le SISS sono state una cialtronata, e hanno immesso in graduatoria (o in ruolo, in qualche caso), gente incompetente.

  8. Enrico, la valutazione e la formazione permanente di un docente vanno distinte dal superamento di un concorso, altrimenti facciamo prima a ridurre il tutto alla selezione degli insegnanti da parte dei singoli istituti, con colloquio e selezione diretta da parte del dirigente scolastico. Ma tutto ciò non garantisce il miglioramento della qualità docente. “L’autonomia scolastica” introdotta a partire dal 2000-2001, pur presentando delle innovazioni importanti, che avrebbero dovuto consentire alle singole scuole di modellarsi sulle esigenze del territorio e dell’ “utenza” (termine per me insostenibile che sta per “alunni”, “bambini”, “ragazzi”…persone), di fatto, nella maggior parte degli istituti, si è ridotta a uno strumento micidiale nelle mani del capetto di turno per imporre la sua volontà al resto del personale scolastico. Il più delle volte, questa volontà si traduce nel bisogno di accontentare ogni assurda richiesta da parte dei genitori, in modo da garantirsi un cospicuo numero di iscrizioni per l’anno successivo. Quindi è una gara tra spettacolini teatrali che nulla hanno a che vedere con la recitazione, docenti che si riciclano e si improvvisano direttori d’orchestra, registi, ecc. In breve, ciò che doveva costituirsi come un valore aggiunto, spessissimo si trasforma in una sordida parata di terz’ordine, che però consente alle nuove aspiranti vedettes di imporsi all’attenzione generale, a discapito dello studio. Se un docente è giudicato troppo severo (e credimi, agli occhi dei genitori di oggi, è molto facile sembrare severi) i nuovi dirigenti, figli di quell’autonomia scolastica hanno gioco facile ad isolare il docente in questione e a portarlo anche all’esaurimento. Per non parlare di quando ci si rifiuta di fare qualcosa che si ritiene in palese contrasto con le proprie convinzioni, ma anche contro le stesse leggi. Inutile ricordare che nella scuola esistono organi collegiali che dovrebbero garantire il rispetto e la condivisione democratica delle singole scelte: chiunque lavori nella scuola sa benissimo che, il più delle volte, si tratta di pure figure fantoccio e di rappresentanza che finiscono col fare ciò che il capo dice, per evitarsi lunghi procedimenti che si sperdono nei vari uffici di competenza. Nel frattempo, se non si è ottenuto un provvidenziale trasferimento, t aspetta un anno scolastico d’inferno.
    Detto questo, hai ragione: si dovrebbero garantire percorsi di formazione continua al personale docente, ma quelli che mi è capitato di frequentare, sono stati sufficienti a farmi dire, successivamente: grazie, no.
    La SSIS, dicevamo: l’ho frequentata e superata (io non sono stata tanto fortunata come il 37enne laureato in filosofia: nella mia università, il voto finale si differenziava e la mia tutor non mi aveva in gran simpatia perché mi ero sempre rifiutata di sgobbare per produrre lavori che poi lei avrebbe fatto confluire in un suo libro, cosa che infatti, si è puntualmente avverata. Tralascio quindi di descriverti il modo in cui mi ha trattata, fra gli altri docenti allibiti, nel giorno dell’esame scritto finale). L’esperienza della SSIS è stata per me talmente devastante che ho rifiutato a priori l’idea di iscrivermi, successivamente, a quella per il sostegno, malgrado l’impegno minore richiesto (un anno invece di due) e lo “sconto” sull’iscrizione e anche se questo mi avrebbe poi garantito un accesso più rapido al posto di lavoro, punteggio in più in graduatoria e doppia possibilità di inserimento. Quanto ai corsi di formazione, per quello che ho visto sono spesso solo delle macchine a punti, cioè dei percorsi (de)formativi che hanno solo lo scopo di farti versare delle somme, spesso ingenti, al solo scopo di conseguire quella carta in più che ti fa scalare la graduatoria.
    In tutto questo, per fortuna, almeno ci sono i ragazzi.
    Eva

  9. Monica puoi dire qualcosa in più sulle manifestazioni? Mi sembrano l’unica possibilità al momento, l’assurdità di quello che viene posto in atto da lassù non può essere tollerata in silenzio.

  10. domanda: tu come li assegneresti i miseri 12 mila posti? (che poi i posti vacanti sono 24 mila, quindi non si capisce perche’ si assumano solo 12 mila persone, forse si prevede un dimezzamento delle leve giovanili nei prossimi due anni).

  11. Negli USA il dibattito sull’istruzione è al centro dell’opinione pubblica. Certo, non stiamo parlando di un sistema attraversato da enormi contraddizioni che riflettono quelle della società americana.
    Ma in ogni momento, in ogni punto di vista e in ogni idea espressa sul tema l’interesse fondamentale è quello della formazione. Quando parliamo di sistema dell’istruzione non dobbiamo mai dimenticarci che non basta, o meglio, non è possibile attuare alcuna riforma se non torniamo seriamente a riflettere sulla nostra idea di formazione e sui mezzi che ci vogliono per realizzarla.
    Non basta puntare il dito sulle pratiche concorsuali, sulle quotidiane pratiche di sciatteria, di negligenza e di puro e semplice abuso di potere da parte del plurititolato di turno. Perché, mi chiedo, non ci sono degli strumenti adeguati perché al plurititolato non sia permesso di insegnare? E perché continuiamo a dare per scontato che comunque nessuno gli sfilerà la sedia dal culo? “Perché è così”: questo lo so anch’io, lo sappiamo tutti in quanto italiani: è la nostra saggezza socratica a portata di mano. Ma a cosa ci ha portato e dove ci porterà questa saggezza?
    Perché non fare delle classi di al massimo 15 alunni? Perché non mettere in chiaro una volta per tutto se gli istituti statali sono o non sono delle aziende? Perché non introdurre dei criteri di formazione più selettivi? Perché non chiederci, come si è fatto in passato, se il voto è davvero l’unico strumento di valutazione? Perché non sottoporre insegnati professori docenti a corsi di aggiornamento periodici con annesse verifiche? eccetera eccetera.
    Sono solo ipotesi, alcune frettolose, altre probabilmente campate in aria.
    Ma dire che “è tutta colpa di” puzza terribilmente di scusa e non tiene conto delle carenze oggettive che riguardano l’insegnamento e la formazione degli insegnanti.
    Chiedere, pretendere ciò che ci è dovuto, in questo momento è l’unica cosa da fare.
    Ma per chiedere, dobbiamo in primo luogo pretendere da noi stessi di essere in grado di esercitare i nostri diritti.

  12. Domande che mi pongo spessissimo (le classi di 15 alunni: che sogno!), ma mi soffermo in particolare sulla necessità della formazione continua dei docenti. il problema di fondo per me è: chi forma i formatori? Insomma, i corsi di specializzazione e quelli di aggiornamento sono tenuti quasi sempre da quegli stessi docenti universitari che scrivono tanto, parlano tanto, domandano tanto, ma che nella scuola pubblica non mettono piede da anni e anni, oppure da dirigenti scolastici che magari possono insegnarti tutta la letteratura giuridica in materia scolastica, ma che non ricordano neanche più di essere stati degli insegnanti. Quando ho fatto la SSIS, mi sono trovata di fronte professori che non riuscivano, in tre cicli di lezioni, a spiegare cosa fosse una unità didattica. Parlo di professori che insegnano pedagogia, didattica e affini (uno di loro, quest’anno è rimasto coinvolto in uno scandalo perché continuava a insegnare e a valutare anche se ormai in pensione). Tutto quello che ho imparato sulla didattica, l’ho appreso “sul campo”, o in qualche corso di lingua all’estero, o da docenti stranieri in Italia: i giochi didattici e i trucchetti per rendere meno pesante e più proficua una lezione, li ho appresi sempre in circuiti esterni a quelli preposti per insegnarmelo.

  13. @ Eva: grazie per la risposta dettagliata. Sono figlio di insegnanti che hanno visto (e raccontato incazzati a figli preadolescenti) tutto e di piu` di quello che dici. Mi concentro su un punto che mi riguarda da vicino. Nonostante abbia buone competenze ed experienza all`universita`, vado a lezione di didattica dai colleghi della scuola superiore o da amici che lavorano in scuole di lingua. IMHO, il trasferimento di competenze didattiche non puo` funzionare se in cattedra c`e` un trombone professorale la cui ultima esperienza a scuola risale al governo Andreotti 1. Pero` posso dirti che nel mio campo (ingegneria e un po` di fisica), gli insegnanti del superiore non sono forti in didattica della scienza (non solo in Italia). Decenni fa ci fu un` esperienza positiva nel Lazio (immagino sia continuata per un bel po`), in cui un piccolo gruppo di insegnanti del superiore (parecchio esperti) si fece un bel corso di fisica con un certo Dupre`. Poi quegli insegnanti furono mandati in missione nei paeselli del Lazio a fare corsi mirati e piu` brevi per docenti di scuola media. Ho visto alcuni di questi corsi, ed erano niente male.
    Questo mi sembra un punto da cui (ri)partire, la combinazione di esperienze universitarie (Dupre` era specializzato in didattica della fisica) con l` esperienza sul campo di insegnanti esperti, capaci di gestire un gruppo classe e le sue dinamiche adolescenziali, soprattutto in sedi a piu` basso reddito e “livello sociale”.

    Riguardo ai concorsi, li trovo insostenibili. Nelle Universita` straniere si entra per intervista e colloquio, inclusa una lezione simulata, un colloquio di ricerca, un colloquio strategico, e un incontro con lo staff. Fra dieci giorni affrontero` di nuovo, per mia scelta, questo processo, per la settima volta in dieci anni. Stressante, ma almeno mi impedisce di adagiarmi su una sedia troppo comoda.
    Sulla SISS o come si chiama non c`e` proprio nulla da dire. Andrebbe sepolta o quasi.

  14. È evidente che questo continuo cambiare le carte in tavola è un modo, molto ben studiato, per far sì che nessuno abbia MAI i requisiti giusti per poter insegnare. Prima ci vuole il titolo x, quando lo prendi scopri che non basta più, ci vuole anche y, allora ti dai da fare, spendi soldi e tempo, e sul più bello ti comunicano che hanno cambiato idea, ora serve anche z. E via di questo passo. Ovviamente tutte cose a pagamento.
    Non sono così scemi come sembrano, sanno molto, ma molto bene quello che stanno facendo. Solo fumo negli occhi, illusioni, posti di lavoro inesistenti. Un modo per tener buona la folla che altrimenti gli farebbe la festa. L’unica cosa da fare è lasciar perdere e pensare a qualche altra professione dove ci sia ancora un minimo di serietà (dove, non so). Può dispiacere, ma almeno non si dà a questi cialtroni che governano la soddisfazione di prendere in giro la povera gente.

  15. A questo punto ritengo che si debba pensare alla forma di mobilitazione più efficace e organizzata possibile, visto che la situazione è a dir poco vergognosa e intollerabile. Io sono una delle tante abiliatate SSIS alla A037 plurititolata e attualmente dosoccupata. Il problema è che non riesco nemmeno a trovare un lavoro alternativo in questo periodo e la mia vita si sta letteralmente paralizzando.

  16. Enrico, non è così comoda come immagini quella sedia, purtroppo. Grazie per il confronto e ti auguro che le tue ambizioni si realizzino.

  17. Eva, non mi riferivo a te, ovviamente. Ed e`una sedia molto spartana. Vedo altre comode sedie accademiche occupate da nullafacenti (anche all`estero, eh). Ma il principio rimane, a mio parere. Troppa gente continua a preferire un lavoro mal considerato (in Italia) per paura di mandare a quel paese Monti e i suoi. Grazie per gli auguri e in bocca al lupo. Se passi da queste parti, fammelo sapere 🙂

  18. Ah-ah! Enrico, non avevo affatto pensato a un attacco personale, giuro! Grazie comunque per il chiarimento (“queste parti”, quali? Magari un giorno ci passo).
    Anche se si prospetta un futuro immediato piuttosto difficile, colgo l’occasione per augurare un buon anno scolastico a tutti, “precari” e non (lo siamo tutti, dannazione!).
    Eva

  19. Caro Christian,
    io ho partecipato ai concorsi per le Medie e le Superiori indetti nell’84 e portati a termine nell’86/87 – sono di ruolo dall’87… sono di generazione antecedente alla tua… in pratica gli ultimi veri concorsi indetti per immettere insegnanti in ruolo – e non sono nemmeno contenta perché mi sento intrappolata nella scuola, nel senso che non capisco perché non ci si possa muovere, per esempio, purché se ne abbia vogla titoli e capacità, all’interno di un sistema pedagogico più vasto che non siano le graduatorie rigide per ordine e grado di scuola e così via (io a questo punto, per dire, lavorerei più volentieri all’università, ma non con quel sistema truffaldino del ‘comando e distacco’, che sembra una rapina, una colpa, una macchia da nascondere…).
    Tutto questo solo per dire che quando mi formai io rincorsi alcuni corsi di formazione didattica, alcuni privati, altri pubblici – cioè legati alla macchina dei concorsi in atto, e alcuni di quei corsi non insegnavano a insegnare ma cincischiavano su discutibili contenuti linguistico-letterari o di civiltà (io insegno Inglese)… Be’, un giorno, un sedicente docente, forse un ex steward su voli di linea BA, eppure presentato come coordinatore di non so più che organismo tecnico-culturale, replicò con sicumera durante la messinscena di una stentatissima conversazione in-lingua (taccio delle bislacche pronunce e intonazioni che ho sentito…), “Well, IT depenD…!”… (la S della terza persona se l’era lasciata sul carrello delle vivande dell’ultimo volo, come fanno tutti ma proprio tutti gli studenti italiani che sfoggiano un inglese alla Sordi…, “‘mmazza ahó, e cchi ssò’…”). Per dire, annosa e velata questio, chi forma i formatori?, chi controlla i controllori?, quis custodet custodes? … eccetera eccetera eccetera…

  20. Caro Christian,
    io ho partecipato ai concorsi per le Medie e le Superiori indetti nell’84 e portati a termine nell’86/87 – sono di ruolo dall’87… sono di generazione antecedente alla tua… in pratica gli ultimi veri concorsi indetti per immettere insegnanti in ruolo – e non sono nemmeno contenta perché mi sento intrappolata nella scuola, nel senso che non capisco perché non ci si possa muovere, per esempio, purché se ne abbia voglia titoli e capacità, all’interno di un sistema pedagogico più vasto che non siano le graduatorie rigide per ordine e grado di scuola e così via (io a questo punto, per dire, lavorerei più volentieri all’università, ma non con quel sistema truffaldino del ‘comando e distacco’, che sembra una rapina, una colpa, una macchia da nascondere…).
    Tutto questo solo per dire che, quando mi formai io, rincorsi alcuni corsi di formazione didattica, alcuni privati, altri pubblici – cioè legati alla macchina dei concorsi in atto, e alcuni di quei corsi non insegnavano a insegnare ma cincischiavano su discutibili contenuti linguistico-letterari o di civiltà (io insegno Inglese)… Be’, un giorno, un sedicente docente, forse un ex steward su voli di linea BA, eppure presentato come coordinatore di non so più che organismo tecnico-culturale, replicò con sicumera durante la messinscena di una stentatissima conversazione in-lingua (taccio delle bislacche pronunce e intonazioni che ho sentito…), “Well, IT depenD…!”… (la S della terza persona se l’era lasciata sul carrello delle vivande dell’ultimo volo, come fanno tutti ma proprio tutti gli studenti italiani che sfoggiano un inglese alla Sordi…, “‘mmazza ahó, e cchi ssò’…”). Per dire, annosa e vexata questio, chi forma i formatori?, chi controlla i controllori?, quis custodet custodes? … eccetera eccetera eccetera…

  21. Eh sì, io mi sforzo sempre di ragionare – quando capita di doverlo fare su queste materie – sulla necessità di una formazione lunga e severa per gli insegnanti, in entrata e in corso d’opera, sul “life long learning” come lo chiamano oggi in Europa, e non ci sto a rassegnarmi all’idea dell’insegnante-impiegato… però poi leggo Raimo e mi fermo sulla frase “tutto quello che so e che mi serve per insegnare l’ho imparato da me” e mi dico che i miei sforzi sono vani e che questa è la sola verità assoluta.
    Ma ci pensate, in una società come quella di oggi, chiedere “un po’ di tempo, di cui non ti renderò conto con certificati, per studiare, pensare, leggere, approfondire cose che, non immediatamente, ma in me metabolizzate e trasformate, si riverbereranno sull’apprendimento degli studenti”? Me li vedo, gli efficientisti veri e sedicenti tali: “A L-A-V-O-R-A-R-E!!!”. E i riformatori e progressisti che, in buona fede, vorrebbero crearti l’ennesimo percorso istituzionale di formazione e aggiornamento, che diranno? “Be’, ma questo è anarcoindividualismo!”

  22. Salve! Cercando informazioni su internet per sapere qual è la situazione lavorativa di chi ha fatto la ssis per la classe di concorso A036 sono capitata su questo blog. Ho tentato il tfa in questa classe di concorso, ho passato il test preselettivo e ora sto attendendo i risultati della prova scritta, ma mi sto chiedendo: ha senso? Poi troverò lavoro? Sono una ragazza di 28 anni e sto lavorando come logopedista, ma il mio sogno è insegnare scienze umane… Se passassi il tfa cmq non saprei che fare perchè dovrei lasciare il lavoro (lavoro come logopedista in una scuola privata e sono pagata meno di una maestra elementare facendo più ore, ma almeno ho uno straccio di stipendio…)ho paura che per inseguire il mio sogno poi rimarrò a piedi,senza il mio attuale lavoro e senza la possibilità di insegnare, che ne pensate?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Autore

fandzu@gmail.com

Christian Raimo (1975) è nato a Roma, dove vive e insegna. Ha pubblicato per minimum fax le raccolte di racconti Latte (2001), Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (2004) e Le persone, soltanto le persone (2014). Insieme a Francesco Pacifico, Nicola Lagioia e Francesco Longo - sotto lo pseudonimo collettivo di Babette Factory - ha pubblicato il romanzo 2005 dopo Cristo (Einaudi Stile Libero, 2005). Ha anche scritto il libro per bambini La solita storia di animali? (Mup, 2006) illustrato dal collettivo Serpe in seno. È un redattore di minima&moralia e Internazionale. Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Il peso della grazia (Supercoralli) e nel 2015 Tranquillo prof, la richiamo io (L'Arcipelago). È fra gli autori di Figuracce (Einaudi Stile Libero 2014).

Articoli correlati