Crisi di coppia: Il regno delle ultime possibilità di Steve Yarbrough

Pubblichiamo un pezzo uscito su Robinson, l’inserto culturale di Repubblica, che ringraziamo.

Solo nel momento di dover riassumere di cosa parla ci si accorge che, sotto un’apparenza domestica, calda e triste che oscilla tra Yates e Carver, tra impalcatura letteraria borghese e minimalismo, scorre l’epico fiume di Steinbeck. Lo si scopre tornando a leggere l’incipit: “Avevano entrambi cinquant’anni quando si trasferirono in Massachusetts… Come era successo a molti altri in tutto il paese, di recente non avevano avuto fortuna”.

È un’epica nascosta. Se la tempesta di sabbia della Depressione teneva i personaggi di Furore in un unico afflato, qui il trasloco da costa a costa di Kristin e Cal ha le parvenze della scelta: una coppia di mezza età investe le proprie risorse residue di tempo e volontà in un ultimo tentativo di ricominciare. “Il deficit di bilancio dello Stato era costato a lei il posto di vicedirettrice del personale accademico in un grande campus” californiano. La crisi dell’ateneo dipendeva dalla “crescita sproporzionata del settore amministrativo”, erano fioccati i congedi obbligatori.

“Topeka school”, il nuovo romanzo di Ben Lerner

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È un romanzo a chiave: in America, il paese degli avvocati, le scuole partecipano ai campionati di retorica. Non è la retorica di Cicerone, del ragionare e costruire un mondo, quella nel libro non compare; invece “un ragazzino con indosso un completo della misura sbagliata era in grado di parlare della crisi in Kashmir come se ne avesse un’idea precisa[,] la raffinatezza formale poteva compensare la scarsità della sostanza”. Nel 1997, Adam, maturando, cresce tra queste gare, l’affine gangsta rap, e la comunità di psichiatri di provincia cui appartengono i genitori, due ex newyorkesi sofisticati. Un giorno diventerà un poeta sensibile e impegnato, come Lerner, ora è un ragazzino con la parlantina che deve confrontarsi con temi oratori come: «La caduta del Muro di Berlino segna il trionfo globale della democrazia liberale?»

“T. Singer”, il romanzo definitivo di Dag Solstad

Leggendo certe pagine dei romanzi di Solstad si riesce già a immaginare i brani che verranno inseriti nelle antologie scolastiche del futuro. Quando inventa una scena o un sentimento lo fa con una nettezza priva di dubbi: “Singer soffriva di una particolare forma di vergogna” è l’incipit, “che non lo affliggeva minimamente nella vita quotidiana, ma emergeva ogni tanto, come il ricordo di un malinteso imbarazzante, e lo costringeva a fermarsi, rigido come un palo, con un’espressione disperata sul viso che subito nascondeva dietro le mani, esclamando a gran voce: «No, no.»”

La sfida di Marlon James con “Leopardo nero, lupo rosso”

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C’è una “quest”, come usa nei romanzi fantasy. Un uomo dotato di olfatto finissimo – diremmo soprannaturale – viene ingaggiato per ritrovare un bambino smarrito. Pur essendo il classico lupo solitario, “Inseguitore” si crea per l’occasione una piccola compagnia malassortita, fra cui spicca un uomo-leopardo mutaforma. La banda lascia dietro di sé una scia di sangue. Attraversa mondi bizzarri. Prima di ogni sezione c’è una mappa. Le descrizioni, le invenzioni letterarie sono appassionanti, i dialoghi appesantiti dal gergo da fantasy (“sono semplicemente un uomo che qualcuno ha chiamato lupo”… “Era troppo sconvolto per implorare che lo risparmiassi”…).

“L’amico fedele” di Singrid Nunez, una nuova via per la narrativa americana

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Una scrittrice scrive una lunga lettera al suo mentore, che si è appena suicidato. Gli racconta il funerale, com’è stato prendere in casa il suo cane. E ripercorre il passato comune, un’amicizia letteraria che è stata sensuale, possessiva, sincera.

Ma trama e argomento del libro non contano davvero. Conta la tessitura equilibrata ma densa dei dettagli, e ancora di più conta il fatto che L’amico fedele, il romanzo di Singrid Nunez vincitore del National Book Award, è lo stato dell’arte della narrativa americana. Questo romanzo breve è l’opera con cui possiamo riassumere cosa è successo da quando, diciamo dopo Libertà di Jonathan Franzen e il Cardellino di Donna Tartt, i lettori forti americani hanno iniziato a desiderare anche opere meno grandiose; intanto che si congeda la generazione di Roth e DeLillo, i lettori scoprono di aspettare con meno urgenza il nuovo Grande Romanzo Americano.

I cieli, il gioco sublime di Sandra Newman

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I cieli si regge su un felice paradosso: cos’è la trama di una storia se un cortocircuito spazio-temporale ne fa accelerare l’entropia? Una trama che ha alla base la teoria del caos è ancora trama?

Il congegno narrativo da cui parte il romanzo è il viaggio nel tempo: si va indietro, si agisce nel passato, si cambia il presente. La macchina del tempo, qui, è più calda del solito: Kate viaggia in sogno, e va sempre alla fine del Cinquecento. Non viaggia nel senso classico della fantascienza: lì, “La persona” in cui si incarnavaprovava paure, rancori e dispiaceri, ma anche questi erano una terra incantata di sensazioni, come una serie di colori brillanti”.

L’illusione borghese in “Romanzo 11, libro 18” di Dag Solstad

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Un uomo di mezza età interrompe una relazione con una donna, ospita in casa il figlio universitario e infine gioca ai propri concittadini uno scherzo terribile, suscitato dalla sensazione che la sua vita non abbia senso:

“È un puro caso che io sia finito in questa città, che non ha mai significato niente per me” rivela a un conoscente. “Com’è un puro caso che io faccia l’esattore comunale. Del resto, se non fossi qui, sarei da qualche altra parte e vivrei nello stesso modo. Comunque il punto è che non riesco a conciliarmi con questa idea.

Viaggio americano. “Nel paese del Re Pescatore” di Joan Didion

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Sebbene gli argomenti dei saggi di Nel paese del re pescatore siano enormemente suggestivi – Reagan, il primo Bush, i terremoti a Los Angeles, il rapimento di Patty Hearst, l’influenza del Los Angeles Times sullo sviluppo immobiliare della città e molto altro – la scrittura pulviscolare di Joan Didion scende talmente nel dettaglio che la lettura non regala sicurezze o opinioni che il lettore possa far sue facilmente: è invece un esperienza letteraria. Reporter, scrittrice di finzione ma soprattutto di non-fiction personale e memoir, colonna del New Journalism e vate della California, Didion trasforma in letteratura ogni appunto sul taccuino: “Chi è cresciuto pensando che l’espressione «terra ferma» abbia un significato reale spesso fatica a capire l’apparente serenità con cui i californiani accolgono i terremoti, e tende ad ascriverla al carattere locale, tipicamente scollegato dalla realtà”. Queste le eleganti tessere del mosaico. Visto da lontano, il saggio in questione, Los Angeles Days, parla della bolla immobiliare di Los Angeles del 1988: visto da vicino, brulica della vita psicologica, economica, burocratica, relazionale della città.

L’alfabeto di fuoco. Ben Marcus e l’immaginazione radioattiva

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C’è un’epidemia di linguaggio tossico, l’umanità si sta ammalando di parole. Sembra una di quelle idee irresistibili per un prodotto commerciale: una serie young adult, un film dell’orrore. Portatori sani della malattia sono bambini e ragazzi; se loro parlano, gli adulti si ammalano e muoiono. La storia è raccontata dal punto di vista di un padre di famiglia: ascoltando la voce radioattiva della figlia adolescente (“con periodo di dimezzamento significativo”) “si provava un immediato senso di repulsione”. I sintomi di padre e madre sono: letargia, “quel formicolio a gambe e braccia che ci faceva trascinare i corpi come sacchi”, la “schiena ricoperta di chiazze rosse”. Prima o poi si moriva, e “le vittime erano prosciugate, prive di sali”.

La letteratura americana dopo David Foster Wallace

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Negli anni Duemila per un paio di generazioni di lettori Wallace rappresentò un ideale: mente onnivora, cultura alta e bassa a braccetto, virtuosismi formali e lessicali e una morale solida ai limiti della pedagogia. DFW è ancora molto letto, ma dopo la sua scomparsa dove è andata la letteratura dei suoi coetanei e della generazione successiva?