“Il supplì all’ultimo piano di un grattacielo non ha senso”. Intervista a Chef Rubio

Ho appuntamento con Rubio alle 12:30. Pranzeremo insieme in un ristorante di Torino, molto vicino a Porta Nuova. Sono in anticipo, arrivo alle 12:10 e lui è già lì. Nel ristorante, sono tutti contenti di avere Rubio come ospite, tuttavia si respira una certa tensione. Lo staff, dal titolare ai camerieri, si sente messo alla […]

La pagliacciata della scuola

Stamattina alle 6 e 50 circa ero alla stazione Termini: ho acquistato una copia di Repubblica e ho preso al volo il treno per Frosinone che stava partendo. Sulla prima, la seconda e la terza di Repubblica campeggiava un lungo pezzo con le prime linee guida, le anticipazioni come dire sulla “rivoluzione non una riforma” della scuola che il ministro Giannini e il premier presenteranno venerdì. «Renzi ha annunciato una sorpresa e non sono qui per rovinarla»: Concita De Gregorio era ieri a Rimini e ha raccolto le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione alla platea di CL.

Anche i freelance si ammalano

Riprendiamo questo pezzo dal blog Furia dei cervelli.

di Roberto Ciccarelli

Daniela Fregosi ha rotto il silenzio. Sostenuta da Acta, l’associazione dei freelance, questa consulente e formatrice toscana di 46 anni ha iniziato una protesta a nome delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi colpiti da una grave malattia. Un tumore al seno, ad esempio, quello che l’ha colpita l’anno scorso facendo esplodere la vita insieme al suo lavoro. Dopo una lunga ricerca, raccontata sul blog Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it), Daniela ha scoperto di avere diritto ad un’indennità di malattia pari a 13 euro netti al giorno, per 61 giorni, 794,46 euro in totale. Poi più nulla, perchè per lo stato non può durare più di 61 giorni.

Come vanno le vendite dei libri? Stabilmente male. E i classici? Male pure quelli

Riprendiamo quest’analisi dal sito ibuk.it

di Kim Philby
Andamento negativo del -4,65% a valore e -3,90% a numero di pezzi per il dato consolidato a Maggio 2014, rispetto allo stesso periodo 2013; dati pressoché negativamente stabili rispetto a Aprile 2014.

Maggio comunque registra il secondo peggior dato dall’inizio dell’anno: -6,60% a valore e –5,43% a numero di pezzi.

Nessuna solidarietà per i giornali che chiudono?

I giornali chiudono. Alle volte in modo velocissimo. Pubblico di Luca Telese per esempio ci ha messo poco più di tre mesi. Ha dilapidato 650.000 euro e lasciato un sacco di giornalisti a spasso – casse integrazioni ballerine – e almeno un centinaio di collaboratori non pagati. Anche Pagina 99 ha chiuso il quotidiano dopo un paio di mesi per reinventarsi come settimanale. Ha chiuso Terra: giornale ecologista, dal 2009 al 2011 era in edicola tutti i giorni, 16 pagine 1 euro, poi è diventato mensile, poi non è più uscito – i giornalisti, che avevano fatto istanza di fallimento, sono ancora in causa con l’azienda per il saldo degli arretrati e sono finiti tutti in cassa integrazione (il sito è completamente bianco con delle scrittine html un po’ malinconiche). Liberazione ha salutato i suoi lettori il 19 marzo scorso dopo aver provato a restringersi, rinnovarsi, uscire solo on line (sul sito, cristallizzato da quattro mesi, campeggiano un comunicato di Paolo Ferrero, una pubblicità dell’università telematica eCampus e un video sull’eredità di Chavez nel nuovo Venezuela). Il riformista ha chiuso definitivamente due anni fa; qualcuno che ci lavorò ancora spera nei soldi di un’onda lunghissima del liquidatore. Hanno chiuso la maggior parte delle edizioni locali dei quotiani nazionali. E le riviste, come XL. E i grandi e piccoli quotidiani dimagriscono, prepensionano, ondeggiano sull’orlo del precipizio, non assumono, licenziano, sopravvivono con la cassa integrazione a rotazione, abbassano i compensi a un livello talmente infimo che scarseggia persino l’ossigeno… Dal Foglio al manifesto, dal neonato Garantista alle corazzate Repubblica e Corriere.

Cronache dal Grande Nulla

di Andrea Pomella

Non so bene che lavoro faccio. So che tra poco saranno otto anni che lo faccio. In otto anni non ho ancora capito, ma dicono che sia il problema minore. Tempo fa ho letto un articolo di David Graeber su Internazionale in cui si dice che questo è il secolo del lavoro stupido. Dice Graeber: “È come se esistesse qualcuno che inventa lavori inutili solo per farci continuare a lavorare”. E poi: “La classe dirigente ha capito che una popolazione felice e produttiva con un sacco di tempo libero è un pericolo mortale per i suoi privilegi”. E ancora: “Una volta, mentre contemplavo la crescita apparentemente infinita delle responsabilità amministrative nei dipartimenti accademici britannici, ebbi l’impressione di stare assistendo a una possibile visione dell’inferno. L’inferno è un insieme di individui che spendono la maggior parte del loro tempo a lavorare su un compito che non gli piace e per il quale non sono particolarmente bravi”.

Expo Pride: lavorare gratis a Milano

Pubblichiamo un articolo di Roberto Ciccarelli apparso su alias/il manifesto ringraziando l’autore e la testata.

di Roberto Ciccarelli

Metti il lavoro gratis di 18.500 mila giovani e studenti volontari, mentre la magistratura indaga su un giro di mazzette milionarie, arresta imprenditori e lobbisti e avrai un grande evento: l’Expo a Milano. Metti i comunicatori che chiedono «consigli» alla rete su come migliorare la kermesse che, nelle intenzioni delle alte sfere dello Stato, dovrebbe rilanciare la ripresa economica. Metti la rete più politica critica e brillante che c’è in Italia e avrai uno squarcio sul futuro del precariato in Italia: il lavoro gratis. Sono questi gli elementi che hanno dato vita il 21 maggio 2014 a quello che in gergo si chiama «epicfail» nella comunicazione, una catastrofe epica. Per la prima volta da quando i sindacati e l’Expo spa hanno siglato l’accordo sul lavoro all’Expo nel luglio 2013 c’è stato un goffo tentativo di Expo 2015 di cimentarsi in una discussione trasparente su un argomento che imbarazza tutti e viene taciuto come  il nefas – il non dicibile – in una tragedia greca.

Editori che non pagano, ovvero della solidarietà tra i lavoratori dell’editoria

Federica Aceto è una delle migliori traduttrici italiane dall’inglese. Ha tradotto molti autori, tra cui Martin Amis, J.G. Ballard, Don DeLillo, Stanley Elkin, A.L. Kennedy, Ali Smith (e qui trovate anche una sua bella intervista a Ali Smith). Da pochi giorni c’è in libreria la sua splendida versione di End Zone di Don DeLillo, uscita per Einaudi, e qui potete trovare un piccolo interessantissimo saggio a riguardo. Da un bel po’ di anni si occupa anche dei dei traduttori e dei lavoratori dell’editoria in genere. Qualche mese fa è stata fra i promotori del blog Editori che pagano, uno strumento di delazione al contrario per quanto le buone e le cattive pratiche del mondo culturale. Questo post è uscito sul suo blog personale. Lo ripubblichiamo, ringraziando l’autrice (Ps. Chi è interessato alla traduzione, può andarsi a vedere gli incontri della serie “Amati e traditi”, promossi dalla Regione Lazio attraverso il Progetto ABC Arte Bellezza Cultura. Qui tutti gli appuntamenti) .

di Federica Aceto

Era da tempo che pensavo di cominciare a curare un blog sulla traduzione. Sì, proprio ora che i blog stanno tramontando, ma vabbè.

Quando si traduce capita di fare ragionamenti complessi, a volte anche preziosi perché tornerebbero utili in futuro e ci eviterebbero sprechi di tempo quando ci capiterà di nuovo di affrontare problemi simili. Ma spesso sono cose non verbalizzate, che  scivolano via, si perdono. Vorrei fermare qui, in questo luogo pubblico, quei pensieri, per la mia riflessione futura e per coloro i quali capiteranno qui per caso.

Femminilità al lavoro

Questo pezzo è uscito su Gli Altri nel 2004. (Immagine: Man Ray.)

La “potenza dell’amore” e la “coercizione al lavoro”, dopo essersi fatte a lungo la guerra, sembrano oggi destinate a un ideale ricongiungimento, per effetto della rivoluzione che sta attraversando l’economia e per l’opportunità che essa potrebbe offrire alle donne di far riconoscere il valore del talento femminile, a lungo ignorato. “Professionalità sensuale”, “intelligenza emotiva”, “pensiero emozionale”, sono le forme linguistiche che prende il sogno d’amore – armonia di nature opposte e complementari -, quando si trasferisce dalla relazione di coppia all’ambito lavorativo.

Bianciardi e la miniera

Il 4 maggio del 1954, alle 8 e 17 della mattina, nella miniera di Ribolla di proprietà della Montecatini, esplode il pozzo Camorra.
Nella tragedia, frutto della colpevole e criminale superficialità dell’azienda di Milano, perdono la vita 43 minatori. Oggi da quella tragedia sono passati 60 anni esatti: la ricordiamo raccontando quello che viene prima della sciagura che spingerà Luciano
Bianciardi e Carlo Cassola a scrivere il libro I minatori della Maremma (Laterza 1956) e poi, ma sarà solo per Bianciardi, La vita agra (Rizzoli, 1962). (Per chi vuole, sullo stesso argomento sono usciti due bei pezzi sul Lavoro Culturale e su Pianissimo-Libri sulla Strada)
Nel 1951 Luciano Bianciardi fa il Bibliotecario alla Chelliana, la Biblioteca pubblica di Grosseto, messa al piano terra del risorgimentale liceo Classico Ricasoli, luogo di studio di tutti noi studenti di Grosseto fino a quando negli anni Novanta, per problemi di stabilità, viene trasferita in un edificio periferico, brutto, ma evidentemente solido.
Luciano Bianciardi ha l’incarico di riordinare i fondi della Biblioteca devastata dalla guerra e dall’alluvione del 1944 in vista della sua riapertura.
La figlia Luciana ha scritto: «Era direttore, dal ’51, della Biblioteca Chelliana di Grosseto. Una vita e una situazione lavorativa e familiare tranquilla, un figlio, mio fratello più grande, di cinque anni.