Funerali costituenti

Michele Masneri racconta i funerali di Emilio Colombo, il più europeista ed elegante dei democristiani. Questo pezzo è uscito su Studio.

È – come si dice sempre – un’Italia che non c’è più, quella che assiste ai funerali di Emilio Colombo (1920-2013), senatore a vita, ultimo dei costituenti, presidente del parlamento europeo, presidente del consiglio, ventinove volte ministro; più di Andreotti, al cui funerale grande partecipò qualche settimana fa traballante ma fiero, salutando la folla sempre con quell’aria da primattore dei telefoni bianchi abbastanza unica nella classe politica italiana.

Ma è anche un’Italia diversa da quella di quei funerali grandi, da Democrazia Cristiana mainstream. Qui siamo nella nicchia: la corrente dorotea, dunque conservazione Dc in purezza – anticomunismo, attenzione alle ragioni delle gerarchie ecclesiastiche, del mondo industriale. Nacquero da una scissione contro il centro di Fanfani, coi ribelli adunatisi al convento di Santa Dorotea. “Eccoli lì, i dorotei”; fu la definizione-beffa di Andreotti, che ricordò poi come nel convento in questione venissero ospitate prostitute da rieducare.

Piazza Fontana, Pinelli e Calabresi

Il racconto della recente storia d’Italia, e in particolare degli anni segnati dalla strategia della tensione, è parte sostanziale della ricerca di John Foot sulla memoria divisa e sul suo uso pubblico. Pubblichiamo, ringraziandolo, il capitolo su Piazza Fontana, Pinelli e Calabresi contenuto nel volume Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova. La memoria divisa del Paese.

di John Foot 

Due o tre fatti…Venerdì 12 dicembre, 1969. 16,37. Una bomba esplode nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana, Milano. La banca è affollata di coltivatori diretti e altri clienti. Quattordici persone muoiono sul colpo, e altre due in ospedale poco dopo la strage. Ci sono ottantotto feriti. Lo stesso pomeriggio, tre bombe esplodono a Roma causando diversi feriti. Un’altra bomba è trovata inesplosa nella sede centrale della Banca Commerciale a Milano. La televisione statale diffonde le notizie alle 20,30. Si procede a retate di attivisti di sinistra in tutta Italia, con circa quattromila fermi e interrogatori. Anche Giuseppe «Pino» Pinelli, anarchico milanese, è convocato in Questura a Milano per essere interrogato.

15 dicembre, 1969. Si celebrano i funerali delle vittime della strage. Piazza Duomo e tutte le strade circostanti sono stracolme di gente. Quello stesso pomeriggio è arrestato al Palazzo di Giustizia di Milano l’anarchico Pietro Valpreda, portato poi a Roma per essere interrogato sulle bombe. Intorno a mezzanotte, Pinelli precipita dal quarto piano degli uffici della Questura di Milano. Il funzionario di polizia responsabile delle indagini sulla bomba di piazza Fontana è Luigi Calabresi. Pinelli muore mentre lo stanno portando in ospedale.

Il grigio ventennio

Questo articolo è uscito sul numero 161 dello “Straniero”, di novembre 2013.

Dice il presidente del Consiglio Enrico Letta che con l’ultimo voto di fiducia in Parlamento (che ha visto Berlusconi clamorosamente messo all’angolo dal suo ex-delfino Alfano, dopo che si è aperta una spaccatura netta all’interno del suo partito) si è chiuso un ventennio. Non un ventennio qualunque, per la verità, ma “il” ventennio del berlusconismo sorto dalla ceneri della Prima repubblica alla metà degli anni novanta.
Sarà davvero così? Al di là delle valutazioni strettamente politiche sui risultati ottenuti dal governo Letta-Alfano e sulla possibile durata o evoluzione del governo delle larghe intese, c’è qualcosa di tragicomicamente italiano in questo modo di fare i conti con il passato, liquidandolo come superato senza averlo passato al vaglio critico.
Indipendentemente dal fatto che Berlusconi continui a essere o meno senatore, venga o no condannato nel processo Ruby o in quello napoletano sulla compravendita di parlamentari, è difficile affermare che il carisma e il controllo economico su una larga parte del partito da lui fondato a sua immagine e somiglianza siano evaporati in pochi giorni. Non solo per la presenza di irriducibili sostenitori all’interno del partito e tra i suoi elettori, ma per un discorso più profondo sulla genesi e sulla costituzione della destra italiana in questo ventennio. Tuttavia, non si tratta solo di questo.

“Non rinuncio alla battuta”. Breve fenomenologia di un Pieraccioni arrogantello.

di Francesco D’Isa La retorica è il più astuto dei serpenti, e cambia forma in base alla terra su cui striscia. Dalle nostre parti, ad esempio, assume spesso la forma della simpatia. Si tratta di una manifestazione solo apparentemente banale, che non va considerata con superficialità; già nel ‘23 Max Scheler le dedicò un trattato, […]

Quel che resta del lavoro. Due istantanee.

Il primo articolo è uscito su “l’Unità”, il secondo in una versione leggermente diversa sul “Corriere del Mezzogiorno”. Un vecchio sindacalista C’era un momento in cui le lotte per il lavoro erano lotte per il progresso, per il miglioramento delle proprie condizioni di vita, dentro e fuori le fabbriche. La salute non si contratta… Il […]

I Cie vanno chiusi perché sono posti di merda

Regolarmente, soprattutto nei giorni di festa, i politici e l’opinione pubblica si ricordano – per una protesta estrema, per un video shock – di quei luoghi ignobili che sono i Cie, “inventati” come strumento di controllo dell’immigrazione da una legge schifosa che fu la Turco-Napolitano e poi mantenuti da una legge se possibile ancora più […]

Sweet home Grazioli

Michele Masneri che pubblicherà a gennaio per minimum fax il suo romanzo d’esordio Addio, Monti, dal nome dell’omonimo quartiere romano dove forse in seguito verrà dichiarato cittadino non gradito, quest’estate ha varcato i portoni del palazzo più divisivo d’Italia, deserto e con una sua storia che prescinde molto da quella del suo più celebre inquilino. Questo pezzo è uscito su Studio.

Una casa senza una storia: non piace a nessuno. Nemmeno a Silvio Berlusconi. L’ex presidente del Consiglio nel suo fregolismo immobiliare non ha mai avuto grande fortuna, a Roma. Non gli si sono spalancate le porte di dimore gentilizie con la stessa facilità avuta in Brianza. E – per un uomo come lui – si è dovuto soprattutto accettare lo smacco della pigione. Una volta lasciato il famoso appartamento di via dell’Anima, nel 1994, dietro piazza Navona, diversi furono i tentativi, mentre cresceva il radicamento sul suolo laziale, di mettere le mani su magioni molto araldiche. Ma sempre, sfortunatamente, scontrandosi con casati magari parvenu ma ancora molto liquidi. I Torlonia, i più ricchi tra i principi romani, proprietari anche oggi della Banca del Fucino, non presero molto sul serio l’offerta per il secentesco palazzo di famiglia in via Bocca di Leone, con una inquilina tra l’altro di Casa Borbone, zia di Juan Carlos, morta qualche anno fa, che sarebbe parso brutto sfrattare. Anche coi Borghese andò male: il castello della Crescenza, maniero medievale che piaceva molto a Berlusconi, continua a essere usato per sontuosi catering e matrimoni (si sono sposati qui il capitano Francesco Totti e Flavio Briatore) e la proprietaria, la principessa Sofia Borghese, signorilmente rifiutò le avances cavalleresche, offrendo illimitata ospitalità ma non avallando rogiti o compromessi.

La Sterminata domenica di Claudio Giunta: il meeting di Comunione e Liberazione

È uscito da poco per Il Mulino Una sterminata domenica di Claudio Giunta, una raccolta di saggi che consiglio per approccio e qualità di scrittura. Gli ultimi trent’anni di storia italiana vengono letti da Giunta da prospettive che di solito gli studiosi trascurano. La saga di Fantozzi, il caso Moggi, il fenomeno Radio Deejay, una delegazione […]

Scritture primarie

Pubblichiamo un articolo di Giuseppe Antonelli uscito sull’Indice dei libri del mese.

di Giuseppe Antonelli

Nel Pd scrivono in tanti. Alcuni, come Veltroni (che le primarie le vinse nel 2007) o Franceschini (che le perse nel 2009) anche racconti e romanzi che l’Indice ha puntualmente recensito. Ma quali libri hanno scritto i tre principali candidati alle prossime primarie per il segretario nazionale? Come li hanno scritti? E soprattutto: cosa si può dedurre dalla loro scrittura rispetto al loro profilo politico (che non sempre sarà necessariamente il sinistro)? Quello che segue è un esperimento di recensione comparata di alcuni libri di Giuseppe Civati, Gianni Cuperlo e Matteo Renzi pubblicati a partire dal 2009, l’anno in cui Bersani fu eletto segretario.

Bello e impossibile

L’ultima riga del libro più vecchio, Basta zercar di Cuperlo (2009), recita così: “Primavera 2013 (o forse prima): il centrosinistra italiano vincerà le elezioni politiche”. Le prime righe dei libri più nuovi, Oltre la rottamazione di Renzi e Non mi adeguo di Civati (entrambi 2013), elaborano il lutto per la vittoria mutilata: “la sinistra realizza la straordinaria impresa di perdere elezioni politiche che sembravano già vinte” (Renzi); “gli elettori si erano espressi contro la grande alleanza che aveva sostenuto Monti, e se la sono ritrovata” (Civati).

Vive

di Christian Raimo Come mi fa notare il mio amico Marco, il Ponte delle Valli, qui a Roma – nel quartiere dove siamo nati tutti e due, dove siamo cresciuti e abbiamo imparato, bene o male, ad annoiarci: del resto crescere cos’è? – divide in due le confraternite della memoria. Da un estremo, dalla parte […]