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Pubblichiamo un pezzo uscito su Festivaletteratura.it, che ringraziamo.

di Marco Mongelli

Arturo Belano è un’entità ricorrente dei romanzi e dei racconti dello scrittore cileno Roberto Bolaño, a volte solo come personaggio (AmuletoI detective selvaggi), altre anche come voce narrante (Stella distante2666). Ma Arturo Belano è anche il nome che Roberto Bolaño si è dato nel proprio mondo narrativo: alter-ego, proiezione, figura. Altra identità alla quale prestare parte dei propri pensieri, della propria esperienza, della propria biografia. Così, se vogliamo conoscere meglio la vita avventurosa e fuori dall’ordinario che ha vissuto Roberto Bolaño, nato in Cile nel 1953 e morto a Barcellona cinquant’anni dopo, dobbiamo ricostruire la vita di Arturo Belano, ripercorrerne le tracce per colmare i vuoti informativi e spiegare i numerosi misteri.

Questo deve aver pensato Nicolás Lasnibat (1975), autore e regista di The Invented Biography (2018), meritoriamente portato in Italia da CineAgenziae che potrete vedere in anteprima a Mantova, nella rassegna “Pagine nascoste” del prossimo Festivaletteratura (qui tutti i film della rassegna), e poi in proiezioni e rassegne in tutta Italia.

The Invented Biography è un film documentario che è anche un biopic sui generis, dove l’uomo reale oggetto di biografia, benché mai nominato, è sempre ben riconoscibile in filigrana. Come dichiara il titolo, questa biografia è il risultato di un’invenzione, ma non arbitraria né peregrina. Il personaggio che il narratore insegue – fra Cile, Messico, Francia e Spagna – nel corso del film è chiamato infatti Roberto Arturo Belano e la sua biografia l’intersezione fra quella dell’autore e quella del personaggio. La fiction si innesta nella realtà in maniera graduale e quasi naturale, impedendo di fatto una puntuale distinzione fra l’aspetto documentario e quello immaginativo, ma mostrando sempre i rimandi e le sovrapposizioni con l’opera di Bolaño.

Il dispositivo formale con cui Lasnibat persegue il suo intento è quello dell’intervista. Il narratore va a trovare (o fa tornare) i vecchi amici e conoscenti del biografato sui luoghi che trenta o quarant’anni prima hanno condiviso con lui, innestando una dialettica fra estraneazione e riconoscimento che è tipica di ogni percorso retrospettivo. Il fatto che le persone intervistate possano essere reali o interpretate da attori, così come essere chiamate col loro nome o con quello fittizio che Bolaño dà loro nei suoi testi, moltiplica e confonde le identità, in un gioco poetico che mira a negare qualsiasi biunivocità del reale. A questa atmosfera surreale e straniante contribuisce la scelta di mostrare sullo schermo non le immagini di archivio dei luoghi che sono rievocati dalle parole degli intervistati e commentati dalla voice-over del narratore, ma quelle di oggi, svincolando in questo modo il racconto del passato da un intento meramente documentario e conferendogli invece un valore poetico più interessante, e universale.

Perché dunque vedere questo film, al di là della passione per la figura e l’opera di Roberto Bolaño? Se anche chi non lo conosce o non l’ha mai letto può apprezzare questo prodotto è perché The Invented Biography va ben oltre la contingenza del racconto biografico: il focus su alcuni avvenimenti tragici della storia del Novecento si accompagna a una riflessione sulle esperienze artistiche ed estetiche che l’hanno attraversata. Il socialismo democratico di Allende e il golpe militare e la dittatura di Pinochet, il ’68 in Messico e il massacro di Tlatelolco, la Parigi di fine anni ’70 e la Spagna post-franchista sono rievocati in maniera precisa e intensa; allo stesso modo quella pratica surreal-dadaista e controculturale che è stato l’infrarealismo è l’occasione per discutere di impegno politico e di rifiuto della retorica, cioè di poesia e di rivoluzione. Così il ricordo del testimone (reale o immaginario poco importa) si fa memoria condivisa, e la potenza della letteratura (scritta o immaginata poco importa) sfida la morte e l’oblio.

The Invented Biography è un film ambizioso che inscrivendosi pienamente nell’estetica occidentale contemporanea mostra come la più credibile ed efficace forma di realismo documentario sia ormai l’invenzione.

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