A un certo punto di Leggere la terra e il cielo Francesco Guglieri racconta di un albero grandissimo – El Gigante – che si trova nello stato di Oaxaca, in Messico, una enorme conifera conosciuta come albero di Tule, che Oliver Sacks desiderava vedere da una vita e che a un certo punto va a contemplare. L’albero, la cui età leggendaria sarebbe di 4000 anni – e che data l’ampiezza e l’esuberante ridondanza dei tronchi non si può misurare con certezza – è impossibile da osservare in un unico colpo d’occhio, in pratica non se ne può avere un’idea complessiva, possiamo conoscerne solo alcuni dettagli.
Lo stesso albero attira anni più tardi l’attenzione di Italo Calvino (vero nume tutelare – sin dall’epigrafe – del libro di Guglieri), mettendone in dubbio i principi di estetica enunciati nelle Lezioni americane. L’albero di Tule è un enigma ma anche una ottima chiave di lettura di Leggere la terra e il cielo, un volume che tenta in modo elegante e leggero la difficile sintesi tra storytelling scientifico e storytelling letterario, operata da un autore che prima di tutto è un critico letterario (e un editor, per Einaudi), che dichiara sin dalle prime pagine di aver sistemato, da ragazzo, “i libri di scienza sullo stesso scaffale della fantascienza”.
Un altro dei numi tutelari di Guglieri è infatti Philip K. Dick, un autore che si lambiccava poco perché tornassero i conti della costruzione dei suoi mondi, il cuore dei suoi romanzi risiedendo nel collasso psicologico degli umani, nelle ossessioni, nei paradossi metafisici. Non è un caso infatti che Leggere la terra e il cielo si ponga come libro dei libri, portale di accesso a una biblioteca scientifica minima (ma selezionatissima), fatta però di volumi di scienza che sappiano raccontare l’indicibile, e che si muovono su un crinale in cui le forme del racconto weird, così come la dimensione del conturbante e quella del sublime, la facciano da padrone.
Alcuni dei libri censiti giungono infatti a risultati pienamente letterari: accade in L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks, ma anche nell’attualissimo Spillover di David Quammen, in cui il portato narrativo del reportage costituisce una dimensione decisiva. Guglieri mette così insieme un canone privato e per forza di cose arbitrario di libri che ci parlano “dell’inevitabile impossibilità di capire del tutto quello che sta succedendo intorno a noi, l’inevitabile tentativo di farlo, e l’imprevisto piacere che ne deriva”; e presentamdoceli segna un sentiero in una mappa, un percorso che in qualche modo guardi anche alla forma di questi testi e al tipo di influenza che potrebbero avere rispetto alla prosa dei prossimi anni.
Se la theory fiction è una delle forme più interessanti che l’ampio ventaglio della letteratura sembra offrirci nell’immediato futuro, è significativo constatare come l’Italia sembri in ritardo in questo ambito – anche se Guglieri due autori italiani (che però a tratti non lo sembrano, a suo dire) li include nella sua rassegna: parlo di Carlo Rovelli e Stefano Mancuso – ed è altrettanto importante constatare come il fitto dialogo con la scienza sarà probabilmente un elemento centrale di gran parte della narrativa già in fase di gestazione. Del resto è forse inevitabile, stiamo pur sempre vivendo una pandemia dai tratti distopici, ma la validità delle osservazioni di Guglieri viene da prima (nel momento della scrittura il Covid-19 non esisteva) e si spinge più lontano.
Leggere la terra e il cielo ci scorta così sulla soglia del mistero sprigionato dai primi tre minuti dell’universo raccontati da Steven Weinberg; ci dice del più comprato e meno letto tra i libri di scienza, Dal Big Bang ai buchi neri di Stephen Hawking; ci rivela singolarità prospettiche come il punto di vista del Gene egoista di Richard Dawkins; accompagnandoci al collasso della Sesta estinzione descritta da Elizabeth Kolbert – il tutto facendoci apprezzare quanto pesi il racconto nella divulgazione scientifica.
(Foto)
Federico di Vita è nato a Roma e vive in Toscana. Scrive di cibo, psichedelia e cultura su diverse testate, tra cui Il Foglio, L’Indiscreto, Esquire e Vice. È autore del saggio-inchiesta Pazzi scatenati (Tic, 2012) – Premio Speciale nell’ambito del Premio Fiesole 2013; del libro I treni non esplodono. Storie dalla strage di Viareggio (Piano B, 2016); ed è curatore del libro collettivo La scommessa psichedelica (Quodlibet, 2020). Da gennaio 2021 conduce Illuminismo psichedelico, un podcast completamente dedicato alla psichedelia.

1 commento