L’uomo draperiano

Il 19 luglio 2007 andava in onda su AMC la prima puntata di Mad Men. Un approfondimento della figura di Don Draper tra letteratura, pubblicità e marketing a cura di Marco Montanaro.

La ragazza con la febbre. Ritratto di Cristina Campo

Pubblichiamo un pezzo uscito sul numero 1 di Bezoar. Bezoar è una nuova rivista di poesia contemporanea diretta da Giorgio Ghiotti e coordinata da Ivonne Mussoni, Rudy Toffanetti, Francesco Ottonello e Stefano Bottero. La rivista ospita numerosi inediti di poete e poeti (dai più autorevoli maestri e maestre alle nuove voci delle ultime generazioni), interviste […]

La schiena di Zehra e le altre

Pubblichiamo la prefazione a Prigione numero 5, il diario dal carcere dell’artista, attivista e giornalista curda Zehra Doğan. Il libro è uscito per BeccoGiallo, che ringraziamo. di Elettra Stamboulis* Piegati, amore, finché non passa la tempesta Mi sono piegata così tanto che la mia schiena è diventata un arco. Quando scoccherai la tua freccia? (Allunghi […]

“Il libro delle case”, la poetica dello spazio di Andrea Bajani

di Chiara De Nardi Protagoniste sono le case. Una successione di abitazioni reali o metaforiche, contenitori, involucri, scenografie. Ne Il libro delle case (Andrea Bajani, Feltrinelli 2021) ce n’è un lungo elenco: alcune si manifestano nella disposizione dei metri quadri calpestabili tra le mura portanti; altre si incastonano in uno scenario urbano, con la densità […]

L’Irlanda in lotta. Vita e scritti di Bobby Sands

di Simone Bachechi

foto di Gérard Harlay ©

Tanto vale iniziare dall’esergo dei curatori Riccardo Michelucci ed Enrico Terrinoni per parlare di Scritti dal carcere. Poesie e prose di Bobby Sands (Paginauno), esergo al volume che è la dedica a Giulio Giorello, il filosofo della scienza da poco scomparso, “insostituibile ispiratore e amico”, ci dicono i curatori, lo stesso Giorello che aveva già curato la prefazione al volume di Michelucci del 2017 edito da Odoya dal titolo Storia del conflitto anglo-irlandese. Otto secoli di persecuzione inglese.

Uccellini

Colla, una rivista letteraria che ciclicamente propone nuove voci e nuovi racconti, è da poco online con il numero 28. Ringraziando la rivista, pubblichiamo qui uno dei racconti. Il dipinto è di Albrecht Dürer.

Ho come un battito d’ali nel petto.
Victor Hugo

Eravamo così poveri che, ogni sera, invece di restare seduto guardando i piatti vuoti, mio padre batteva un pugno sulla tavola, e urlava che ero stata cattiva, ed elencava la lista interminabile delle cattiverie commesse a casa e a scuola, e concludeva che se avevo il male dentro, non c’era altra soluzione, e mi spediva a letto senza cena.

Io mi alzavo dalla sedia, e fissavo la faccia rossastra di mio padre, cosa infinitamente migliore che fissare il biancore dei piatti vuoti, e dicevo scusa, dicevo non lo farò mai più, anche se non avevo fatto nulla di cui farmi perdonare, e a capo chino infilavo la via del corridoio.
E una volta in camera mia, chiudevo subito la porta, e cercavo di non sentire le urla di mio padre e di mia madre, i piatti che si schiantavano contro le pareti, e prendevo i libri dallo zaino, e legavo i capelli in una coda, e continuavo a studiare scienze naturali, almeno fino a quando la stanchezza non faceva di me una piccola alga fluttuante nella piccola luce della lampada.
Ma non c’era modo, poi restavo tutta la notte con gli occhi aperti, e mi giravo nel letto, e non riuscivo a prendere sonno, e tutto questo per via del mio stomaco, che a volte emetteva oscuri brontolii, altre volte veri e propri discorsi con una voce che non sapevo che sesso avesse.

Un certo tipo di notte

di Elisa Poli Il faudra endormir pour de vrai un soir, les gens heureux, pendant qu’ils dormiront, je vous le dis et en finir avec eux et leur bonheur une fois pour toutes. Louis-Ferdinand Céline, Voyage au bout de la nuit La Fase Due è il lato B di un disco inedito che rievoca memorie […]

Aldo Moro e il memoriale: un’intervista a Miguel Gotor

Realizzai quest’intervista per Il Mucchio ai tempi in cui Miguel Gotor aveva appena curato per Einaudi Il Memoriale della Repubblica, vale a dire gli scritti di Aldo Moro durante la prigionia: la ripropongo oggi, considerando l’oscurità che ancora avvolge diversi aspetti del sequestro toccati nella conversazione (LC).

Una dura battaglia è stata combattuta, nel corso degli anni, intorno alle decine di pagine del memoriale, giunte a noi in momenti diversi – dilazionate con cura, diciamo. Le forze in campo, che fossero in opposizione tra loro o talvolta unite da interessi convergenti, si sono rivelate da sempre attratte da quelle carte, come oscuri magneti umani preoccupati per quanto Moro aveva scritto. Nel suo lungo e documentato saggio, il Memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano (Einaudi), Miguel Gotor traccia un discorso articolato, complesso, come è inevitabile per una tale ingarbugliata vicenda, un viaggio nel potere immune da oscillazioni dietrologiche – sempre bene precisarlo, trattandosi di una materia, quella del sequestro Moro, tuttora invasa da zone opache e nodi irrisolti.

Desidero di inventare i luoghi dove vivo

Forma che così pura t’arrotondi,
là dalla pura falce delle reni,
e nella man che ti ricerca abbondi
avanzando in tua copia tutti i seni,
la parabola io solva della Cruna
e del Cammello, o specie della Luna!

Questi versi, che nel 1927 Gabriele d’Annunzio dedicò al fondoschiena di Elena Sangro, non sono solamente l’indizio di un amore appassionato, audace ed eminentemente carnale, ma anche la testimonianza di un animo perennemente stregato dalla forma, dall’aspetto puramente materiale della realtà, dalla commovente esattezza dei contorni che impongono la bellezza sulla grigia indistinzione. È ciò che la critica tradizionale definisce – in maniera un po’ semplicistica – «estetismo dannunziano», ovvero l’esaltazione della forma come valore assoluto, criterio fondamentale di valutazione dell’esperienza, riferimento non soltanto artistico, ma anche etico ed esistenziale.

Salvatore Scibona e il peso della storia

Pubblichiamo la versione integrale di un’intervista uscita sul Messaggero, che ringraziamo.

Lo scrittore americano, di origine italiana, Salvatore Scibona, classe 1975, era nato da meno di un mese, quando fu evacuata l’ambasciata statunitense a Saigon, evento che rappresentò simbolicamente la fine della guerra. Il Vietnam è stato per lui anche una questione di famiglia.

Il conflitto che, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha lasciato il segno più forte nella nostra cultura è lo scenario da cui si sviluppa il secondo e potente romanzo, Il volontario (66thand2nd, 439 pagine, 20 euro, traduzione di Michele Martino), di Scibona è tra le voci più interessanti della letteratura nordamericana. La ricerca fondamentale, che il libro esplora, è come una persona possa diventare realmente sé stessa e comprendere il mondo, non cercando qualcosa ma perdendo tutto.