“Il cuore è un guazzabuglio”: un estratto

Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dal libro di Eleonora Mazzoni Il cuore è un guazzabuglio, appena pubblicato da Einaudi. di Eleonora Mazzoni Alessandro è impegnato tutto il giorno con le sue bazzecole e non vuole essere disturbato, eccetto che da Claude, perché i rumori che menano sia i piccoli sia i grandi, i […]

Piccolo discorso sul mal contagioso

Photo by Sharon McCutcheon on Unsplash

Domenica 8 marzo la trasmissione La lingua batte di Rai Radio 3 mi ha chiesto un’intervista partendo da una vecchia ricerca che avevo pubblicato su una rivista di storia contemporanea, Per una cosmografia della peste. Appunti sulla storia di una metafora nel romanzo del secondo Novecento. Ho cercato di sintetizzare in questo modo quella lontana riflessione tornata purtroppo attuale per l’emergenza in corso.

Se si potesse redigere una storia della metafora, un lungo capitolo andrebbe sicuramente dedicato a tutte le epidemie che hanno attraversato la letteratura universale. La peste è senz’altro la più importante, e in ogni tempo ha avuto il suo cronista: Tucidide, Boccaccio, Manzoni. Ma il mal contagioso si riaffacciò prepotentemente negli atlanti letterari anche alla fine della seconda guerra mondiale, per non sparirne più.

È a questo campo semantico e all’antico parallelo tra pestilenza e funzione stessa del narrare (nel Decamerone fa da cornice), che si può ascrivere anche la paura generata dal coronavirus: indagarne analogie, esempi e cause potrebbe aiutarci a capire molte ragioni del suo dilagare.

Un racconto sulla “storia della colonna infame”: terza parte

Pubblichiamo la terza e ultima parte della serie a cura di Virginia Fattori dedicata al classico di Alessandro Manzoni. Qui la prima puntata, qui la seconda.

di Virginia Fattori

A seguito delle parti I e II sulla Storia della Colonna infame,  è emerso come Alessandro Manzoni aprì “un processo contro un processo”. L’ autore milanese arricchì la sua dissertazione con un’importante critica nei confronti della tortura. Questa pratica violenta si rivelò una risorsa incisiva all’interno dei meccanismi cospirativi, da un lato per la dimensione corporea dell’uomo torturato che acquistava uno strabordante valore simbolico; dall’altro per il dolore e la gogna pubblica. Per il Manzoni questo fu il punto più basso dell’ingiuria poiché gli uomini spostarono i limiti che la Legge avrebbe dovuto porre. Così cadde la natura e si entrò nel baratro infernale della crudeltà e dell’impunità, due certezze nella storia del Piazza e del Mora.

Un racconto sulla “Storia della colonna infame”: seconda parte

Pubblichiamo la seconda parte della serie dedicata alla Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni, a cura di Virginia Fattori. Qui la prima puntata.

di Virginia Fattori

La Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni, di cui si è fatto il punto letterario nella prima parte, racconta uno dei più clamorosi complotti della storia moderna.

Un racconto sulla “Storia della colonna infame”: prima parte

Pubblichiamo una serie in tre puntate, a cura di Virginia Fattori, sulla Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni.

di Virginia Fattori

La Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni viene pubblicata per la prima volta nel 1840. In questo testo l’autore milanese racconta le vicissitudini e le terribili torture che Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora subirono dagli inquisitori dopo essere stati indagati come untori.

L’evento che colpì i due poveri innocenti si inserisce in un generale aumento dei processi agli untori a seguito di nuove epidemie di peste, a tal proposito è legittimo chiedersi perché mai Manzoni abbia deciso di raccontare la vicenda specifica di questi due personaggi. Infatti nel caso in cui avesse scelto di ignorarla la trama narrativa dei Promessi Sposi (opera all’interno della quale si inserisce) non ne avrebbe minimamente risentito.

Andare al cuore delle cose. Gli scritti politici di Elvio Fachinelli

Curato con grande precisione filologica da Dario Borso, la raccolta di scritti politici di Elvio Fachinelli Al cuore delle cose è un insieme prezioso di scritti dello psicoanalista di Luserna, che ha la grande importanza di mettere insieme per la prima volta testi apparsi su riviste e quotidiani, la cui gran parte era divenuta, oggi, praticamente introvabile.

I saggi sono stati scritti tra il 1967 e il 1989, anno della morte di Fachinelli, ed è allora naturale intuire l’importanza di tale raccolta per addentrarsi nel pensiero di un dei più importanti psicoanalisti italiani, tanto importante da essere indicato, non a caso, da Lacan come suo miglior erede (investitura che, a titolo di cronaca, Fachinelli rifiutò). Il sottotitolo Scritti politici non deve però trarre in inganno: non si tratta di articoli che avevano un ruolo comprimario rispetto alla sua produzione psicoanalitica, ma si tratta invece, come sottolinea Borso nella sua prefazione, di testi importanti per indagare l’analisi più difficile di Fachinelli, quella condotta su un paziente imprevedibile e molto complesso, l’Italia.

La Libertà di Bernini

Da tre settimane, ogni mercoledì sera, va in onda su Rai Cinque la serie in otto puntate La libertà di Bernini di Tomaso Montanari, al quale abbiamo chiesto una riflessione sul progetto, che di seguito pubblichiamo. (Nell’immagine, particolare da “Apollo e Dafne”)

Quando si dice che una mostra come Tuhankamon Caravaggio Van Gogh è una specie di lobotomia a pagamento, che gli Uffizi non possono collassare sotto un flusso turistico mostruosamente sovradimensionato o che il portale verybello.it è una intollerabile porcata, si viene invariabilmente tacciati di snobismo ed elitismo. Gli storici dell’arte – si controbatte – vogliono il patrimonio artistico solo per se stessi. L’obiezione non è perminente ed è mossa quasi sempre in malafede: ma il tema è importante, e il problema reale.

Il senso di Camilleri per la storia

In queste piovose giornate di luglio un gioco e un invito: ripercorrere la storia della nostra Unità nazionale attraverso le pagine di alcuni romanzi di Andrea Camilleri. Un omaggio a uno scrittore grandissimo, i cui romanzi storici rappresentano uno dei più intelligenti e riusciti esempi di narrazione del verosimile (del resto Camilleri ha sempre tenuto a sottolineare il debito che lo lega a Alessandro Manzoni). Solo la prima citazione è tratta da I Malavoglia di Giovanni Verga, spiegare perché sarebbe pleonastico. Spero di farvi venire la voglia (in Toscana si dice così) di leggerli tutti.

17 marzo 1861, Torino. Il Parlamento Italiano, per la prima volta riunito, proclama Vittorio Emanuele II re d’Italia. Per grazia di Dio e volontà della Nazione. Ma la nazione è ancora tutta da fare. L’Italia unita, nata dal Risorgimento continua per molti ad essere ancora un’espressione, non più soltanto geografica ma anche politica. L’Italia unita dalle Alpi alla Sicilia. Mancano soltanto il Triveneto e lo Stato Pontificio. E poi manca Roma, dove Pio IX regna sullo Stato Pontificio forte dell’appoggio della Francia. Capitale d’Italia è Firenze. La Nazione che è diversa dallo Stato. La nazione comunità immaginata da un popolo che non sa sentirsi ancora uno se non quando è lo Stato a chiamare. E allora sono solo tasse e servizio militare obbligatorio:

Proust folie

Questo pezzo è uscito su Doppiozero. (Immagine: una libreria di Parigi, 11ième arrondissement)

di Federico Iarlori

Pensate ad una trasmissione televisiva. Non ad una qualunque, ma al campione dei talk show nazionali. Poi, ad un certo punto del programma, immaginate di assistere ad una lunga intervista agli autori di un libro sulla vita e l’opera di Alessandro Manzoni. Una follia, vero? Non in Francia. Qui il Dictionnaire amoureux de Marcel Proust (Dizionario amoroso di Marcel Proust), scritto a quattro mani da Jean-Paul Enthoven e da suo figlio Raphaël, si è rivelato un autentico fenomeno mediatico. I due intellettuali di famiglia, che, oltre alla passione apollinea per l’autore della Recherche, hanno condiviso quella dionisiaca per Carla Bruni, sono stati capaci non solo di aggiudicarsi il prestigioso prix Fémina 2013, ma anche di presidiare costantemente i giornali, le radio e trasmissioni televisive del calibro di On n’est pas couché, la più nazional-popolare di Francia.

Stili di Gioco: Gianluigi Lentini

Questo pezzo è uscito su Vice. (Immagine: © Foto di Daniele Buffa/Image Sport.)

“Prima o poi il pallone si sgonfia e tu torni a essere un comune mortale  come ce ne sono tanti”

1. Italia ’90

Lentini si esprimeva così l’anno della sua definitiva consacrazione calcistica: “Credo di essere rimasto il ragazzo di prima, anche se adesso posso concedermi privilegi che neppure sognavo. Non ho abbandonato gli amici d’infanzia e per il resto faccio cose normalissime per un ragazzo poco più che ventenne. Per sopravvivere in questo mondo è importante non perdere di vista la realtà. Prima regola è essere sempre un professionista serio. Nel calcio ci vogliono continue conferme, quando credi di essere arrivato sei fregato. Io invece vado avanti a piccoli passi, senza strafare, senza pensare che qualcuno mi aveva valutato come un Picasso o un Van Gogh” (La Stampa, 3 novembre del 1991).