Tradurre Olga Tokarczuk

Tra le lingue che Barbara Delfino traduce non c’è lo svedese, ma all’annuncio dell’Accademia di Svezia ha distinto limpidamente il nome di Olga Tokarczuk. In Italia, pochi conoscono come Delfino il percorso e la scrittura del nuovo Premio Nobel per la letteratura.

La traduttrice in italiano del sesto romanzo, I vagabondi (Bompiani), che con la vittoria del Man Booker Prize International aveva consacrato Tokarczuk a livello internazionale, frequentava il terzo anno nella sezione di polonistica dell’Università di Torino, quando ha lavorato per la prima volta a un suo testo.

«All’università, durante alcune esercitazioni di traduzione, la professoressa ci diede un racconto breve di Tokarczuk. Mi colpì subito e cominciai a raccogliere informazioni sull’autrice. Nel Duemila non aveva ancora scritto molto, ma mi appassionò tanto da lavorarci per la tesi di laurea», racconta Delfino.

I vagabondi, le micronarrazioni di Olga Tokarczuck

Nel 1542, mentre Copernico rivela i primi capitoli del modello del sistema solare che prenderà forma come De Revolutionibus orbium coelestum, Vesalio pubblica il primo atlante anatomico, De humani corporis fabrica.

Se il fatto che queste due pietre miliari vengano pubblicate nello stesso anno può sembrare una curiosa coincidenza, allora forse siete nella giusta disposizione d’animo per leggere Bieguni, la narrazione-costellazione di Olga Tokarczuck apparsa in Polonia nel 2007, pubblicata con grande successo (tanto da vincere il Man Booker International) da Fitzcarraldo in UK (Flights) nel 2018 e finalmente in uscita in Italia come I vagabondi (2019, traduzione di Barbara Delfino) per Bompiani.