La breve vita felice di Rocco Carbone

Il 18 luglio 2008 moriva Rocco Carbone. Lo ricordiamo pubblicando l’introduzione di Emanuele Trevi al romanzo di Rocco Carbone Per il tuo bene (Mondadori). (Fonte immagine)
Era una di quelle persone destinate ad assomigliare al proprio nome ― sempre di più con l’andare del tempo. Rocco Carbone, in effetti, sembra l’esito di una perizia geologica. E molti lati del suo carattere per niente facile suggerivano un’ostinazione, una rigidità da regno minerale. A patto di ricordare, con gli antichi alchimisti, che non esiste in natura nulla di più psichico delle pietre e dei metalli.

Collaborava certamente a questa impressione la fisionomia spigolosa, a metà tra il marinaio di lungo corso e l’investigatore privato di un noir francese. Folta e compatta, la massa dei capelli si sarebbe detta modellata e dipinta sulla testa come quella delle marionette. In venticinque anni che l’ho frequentato – sui quarantasei della sua vita – era cambiato ben poco. Forte di braccia, gran camminatore, da ragazzino era stato cintura nera di judo. Sempre più che sobrio nel vestire. Anche le losanghe di un maglione erano capaci di metterlo un po’ in imbarazzo, mi ha confidato una volta. Nell’ultima casa abitata a Roma, quella di Monteverde Vecchio, nemmeno più un quadro, una qualsiasi immagine alle pareti. I mobili ridotti all’essenziale. Gli piacevano i legni scuri, i rivestimenti di cuoio. Neppure il lavoro che si era scelto, insegnante in un carcere, fa eccezione – nel senso che gli assomiglia pure quello. Lo si può capire bene percorrendo uno di quei viali dall’interminabile prospettiva, come angosciose creazioni oniriche, che circondano il quadrato di Rebibbia. La bellezza come risultato di una sottrazione: questo gli parlava, lo commuoveva.

Pericolose separazioni

Pubblichiamo un’intervista di Elena Stancanelli, uscita su Repubblica, a Marina Abramovic.

Sostiene Marina che l’arte è l’ossigeno della nostra società. Essere artisti è una cosa seria, un impegno che pretende dedizione e coraggio. Serve una vita seriamente organizzata, perché il talento non si disperda. Abramovic padre era un militare e Marina è cresciuta  nel culto  della disciplina. Così qualche anno fa ha deciso di scrivere un decalogo, raccogliendo  consigli per artisti. Il primo punto del Manifesto per la vita di un artista riguarda i precetti per una vita sentimentale che non intralci la professione. E dice: un artista dovrebbe evitare di innamorarsi di un altro artista/ un artista dovrebbe evitare di innamorarsi di un altro artista/ un artista dovrebbe evitare di innamorarsi di un altro artista. Posso chiederle il perché di tanta insistenza? Cosa accade a chi trascuri questa avvertenza?

Quando eravamo punk

Da Camille Claudel a Patti Smith, passando per Elisabeth Louise Vigée Le Brun, Sofia Coppola e Sophie Calle. Sculture, polaroid, ritratti, film e installazioni, punk e firmati da donne. Perché l’arte non è solo degli uomini, e il punk non è nato negli anni Settanta. L’articolo è apparso su Diario nel giugno del 2008. Fracassava […]