Le vite sbobinate di Alfredo Gianolio

La sociolinguistica li chiama «semicolti». Sono coloro i quali pur essendo alfabetizzati hanno con la lingua madre un legame saldamente incerto, come se l’esperienza linguistica fosse soprattutto inghippo, trappola, materia fragile sulla quale è pericoloso avventurarsi. Eppure il semicolto, pur riconoscendo che la lingua madre è anche matrigna, non retrocede ma si inoltra nello spazio vacillante della frase.

Vite sbobinate e altre vite di Alfredo Gianolio (Quodlibet) può essere letto come documento storico, sociale, antropologico. A imporsi su ognuna di queste prospettive, e a compendiarle, è l’ottica linguistica: la consapevolezza di trovarsi davanti a un repertorio di voci sbriciolate ed epiche, fertilissime e inconseguenti. Voci «semicolte» che rimandano a corpi, i corpi alle persone, le persone a storie individuali direttamente connesse alla Storia (o meglio dalla Storia spesso stravolte, divelte, tagliate in due).

Il cranio di Lombroso

Questo pezzo è uscito su Pagina 99.

Un paio di mesi fa, Beppe Grillo ha auspicato sul suo blog la dissoluzione dello stato nazionale in più macroregioni “recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie”. A molti è sembrata poco più di una boutade, ma leggendo gli oltre duemila commenti al post è possibile comprendere come Grillo abbia colpito, consapevolmente, laddove sapeva di poter essere ascoltato.

Oggi al Sud una brace cova sotto la cenere, in maniera del tutto speculare al leghismo più acceso e alle scriteriate avventure del separatismo veneto. È il revanscismo neoborbonico.