La Roma fumettona di “Giallo banana”

Questa recensione è uscita in versione leggermente diversa su Succede Oggi (fonte immagine).

di Paolo Bonari

Nel corso di questi mesi, Giallo banana di Giovanni Di Giamberardino e Costanza Durante ha ricevuto elogi pressoché unanimi, a partire da quello di Antonio D’Orrico, che presentava e lanciava i due autori chiedendosi, non senza buone ragioni ed evitando, almeno per una volta, certe appiccicose iperboli alle quali ci ha abituato, se non avessimo trovato “i nipotini di Fruttero & Lucentini”: ad accomunare le due coppie, il gusto della parodia sociale, della satira di costume, dell’occhiolino intelligente a chi sia in grado di capire, nonché la pagina molto “scritta”, e scritta con eleganza formale e dispendio di forme espressive.

“La Roma bene”, insomma, dispone di un altro romanzo che ne documenti, più dei rapidi fasti, le lunghissime cadute: è nell’ancien régime dell’aristocrazia cittadina che ci muoviamo, apprendendo che il party più esclusivo, le animate terrazze romane, la festa immancabile, “esistono”. Tutto ciò che avviene, però, è osservato o potrebbe essere osservato dall’occhio inquisitore del “Cafonal” di “Dagospia”: il botox delle “facce traslucide”, la miseria etica dei marchesi “decadutissimi”, quella estetica della “giovane rampolla” dai modi angelici “che sorride a trentadue denti scoprendone uno aggredito da una foglia di prezzemolo” e la spietatezza della onorevole che avanza verso il buffet “sputando a terra il chewing gum che stava ciancicando per contrastare i morsi della fame”.