“La forma delle rovine”, complotti come opere d’arte collettive
Questo pezzo è uscito sul Corriere della Sera, che ringraziamo.
di Emanuele Trevi
Sarà capitato a tutti ascoltare qualche immonda solfa dietrologica sull’11 settembre. Confesso che, pur trovando in genere divertente e addirittura poetica la follia umana, quella storia della CIA che riempie di esplosivo le Torri Gemelle, senza che nessuno se ne accorga, ha il potere di mandarmi in bestia.
Il mai troppo compianto Umberto Eco coniò una definizione perfetta di questo tipo di fissazioni: il «pensiero pirla». Possiamo riderne, ma ci vedo anche un risvolto tragico e ripugnante. Anche in queste forme di imbecillità tutto sommato innocue, sembra realizzarsi l’incubo di Primo Levi: che nessuno creda più ad Auschwitz. È dunque con grande empatia che ho gustato la scena in cui il protagonista della Forma delle rovine di Juan Gabriel Vásquez rompe il naso a un tipico esponente dello peudo-pensiero paranoico, tirandogli un bicchiere in faccia. Ma siamo solo all’inizio del lungo romanzo dello scrittore colombiano, nato nel 1973 e già noto in Italia per altri libri, tra i quali va ricordato almeno Il rumore delle cose che cadono.
James Salter, la solitudine del pilota-scrittore
Questo pezzo è uscito su Alias/Il Manifesto. Ringraziamo la testata e l’autore (fonte immagine).
di Emanuele Trevi
Si può considerare The Hunters, il primo libro di James Salter, un caso concreto di quel terribile amore per la guerra studiato da James Hillman in un saggio memorabile del 2004? Come sempre più spesso accade nell’editoria italiana a questo bel romanzo, pubblicato nel 1956 e in parte riscritto nel 1997, è stato affibbiato un titolo del tutto arbitrario ed insignificante, Per la gloria (trad. di Katia Bagnoli, Guanda, pp.281, euro 18,00).
Una soluzione come Piloti di caccia sarebbe rimasta onorevolmente nell’area semantica dell’originale; probabilmente suonava un po’ troppo “guerresco”. Questo piccolo dettaglio di bottega potrebbe essere addirittura l’indizio di un certo imbarazzo. Il libro non è certo truculento, e tanto meno apologetico, ma il punto di vista dell’autore può suonare quantomeno inattuale. Il 1956 è un anno di svolta per il capitano dell’aereonautica militare americana James Horowitz, che in occasione del suo esordio letterario prende il nom de plume di James Salter e abbandona l’esercito.
Nel giardino di Pia Pera
di Emanuele Trevi
Al giardino ancora non l’ho detto di Pia Pera (Ponte alle Grazie, pp.216, euro 15,00) è un finale di partita, la cronaca di una malattia inesorabile, l’ultima immagine del mondo elaborata da un essere vivente che sente arrivare la fine. L’unica forma possibile del libro era quella del diario proprio perché questa immagine del mondo è mutevole e sfrangiata come una nuvola, e non smette di cambiare e di arricchirsi col passare del tempo, mentre le cose continuano ad andare di male in peggio.
Come la selva oscura di Dante, la malattia è un luogo e una condizione di cui è difficile riferire precisamente come ci si è entrati. Anche la prima avvisaglia è in realtà una manifestazione dell’irreparabile. Un giorno qualcuno fa osservare a Pia che cammina zoppicando leggermente. Quel minimo atto di consapevolezza è una frattura che inaugura un tempo del tutto diverso da tutto ciò che può essere presentito, immaginato, appreso dall’esperienza di altri. Non solo perché la mente deve adattarsi a un’emergenza. Questo adattamento infatti è di per sé sempre provvisorio, ogni giorno che passa portando ulteriori difficoltà, erigendo nuove barriere fra l’io e il possibile.
La morte in giacca di piume: l’autofiction di Helen Macdonald
Questa recensione è uscita su Alias, l’inserto culturale del Manifesto. Ringraziamo l’autore e la testata.
di Emanuele Trevi
Helen Macdonald ha studiato e insegnato letteratura a Cambridge, ma è anche una naturalista, un’esperta ornitologa con la passione dei rapaci e le loro complesse, delicatissime tecniche di addestramento. Nel 2014, ha pubblicato H is for Hawk, un memoir o meglio un’auto-fiction che si è guadagnata rapidamente un grande e meritatissimo successo, nonostante il fatto che l’arte della falconeria è un argomento del tutto remoto dalla sensibilità e dalle capacità di immaginazione della maggior parte dei lettori.
Armi e Bagagli, un diario dalle Brigate Rosse
Pubblichiamo di seguito la prefazione di Emanuele Trevi a Armi e Bagagli, il memoir di Enrico Fenzi ripubblicato da Egg Edizioni, e un estratto dal primo capitolo del libro. La prefazione di Emanuele Trevi, che ringraziamo, accompagnava l’edizione Costa & Nolan. L’illustrazione è di Pietro Corraini.
Cause ed effetti
di Emanuele Trevi
Per introdurre Armi e bagagli di Enrico Fenzi mi sarà necessario condividere almeno in parte gli stessi rischi che l’autore ha affrontato scrivendo la sua opera. A farmi accettare questi rischi non basterebbe nemmeno la profonda amicizia che mi lega a Enrico: l’argomento decisivo, in questi casi e di fronte a una materia così spinosa, non è, non può essere che il grande valore di questo libro, non a caso arrivato alla sua terza edizione (ora alla quarta, ndr). Ma è proprio intorno e in conseguenza a questa nozione di “valore” che iniziano i guai. A primo impatto, infatti, potrebbe anche suscitare fastidio e addirittura ripugnanza l’elogio delle qualità letterarie di un libro che ha per sottotitolo Un diario dalle Brigate Rosse.
Il popolo di legno
Da qualche giorno è in libreria Il popolo di legno (Einaudi), il nuovo libro di Emanuele Trevi, testo sorprendente, di potenza kafkiana. Di seguito ne pubblichiamo un estratto, ringraziando l’autore e l’editore.
di Emanuele Trevi
Nel paese dove il Topo era nato e cresciuto si entrava percorrendo una lunga strada in discesa, che portava alla piazza principale. Visibile fin dall’inizio del pendio, dominava gli altri edifici della piazza, piuttosto modesti, una grande casa a due piani con i balconi di ferro battuto, il tetto di tegole e il portone di pietra.
La breve vita felice di Rocco Carbone
Il 18 luglio 2008 moriva Rocco Carbone. Lo ricordiamo pubblicando l’introduzione di Emanuele Trevi al romanzo di Rocco Carbone Per il tuo bene (Mondadori). (Fonte immagine)
Era una di quelle persone destinate ad assomigliare al proprio nome ― sempre di più con l’andare del tempo. Rocco Carbone, in effetti, sembra l’esito di una perizia geologica. E molti lati del suo carattere per niente facile suggerivano un’ostinazione, una rigidità da regno minerale. A patto di ricordare, con gli antichi alchimisti, che non esiste in natura nulla di più psichico delle pietre e dei metalli.
Collaborava certamente a questa impressione la fisionomia spigolosa, a metà tra il marinaio di lungo corso e l’investigatore privato di un noir francese. Folta e compatta, la massa dei capelli si sarebbe detta modellata e dipinta sulla testa come quella delle marionette. In venticinque anni che l’ho frequentato – sui quarantasei della sua vita – era cambiato ben poco. Forte di braccia, gran camminatore, da ragazzino era stato cintura nera di judo. Sempre più che sobrio nel vestire. Anche le losanghe di un maglione erano capaci di metterlo un po’ in imbarazzo, mi ha confidato una volta. Nell’ultima casa abitata a Roma, quella di Monteverde Vecchio, nemmeno più un quadro, una qualsiasi immagine alle pareti. I mobili ridotti all’essenziale. Gli piacevano i legni scuri, i rivestimenti di cuoio. Neppure il lavoro che si era scelto, insegnante in un carcere, fa eccezione – nel senso che gli assomiglia pure quello. Lo si può capire bene percorrendo uno di quei viali dall’interminabile prospettiva, come angosciose creazioni oniriche, che circondano il quadrato di Rebibbia. La bellezza come risultato di una sottrazione: questo gli parlava, lo commuoveva.
L’età della febbre
A dieci anni da La qualità dell’aria, minimum fax pubblica una nuova antologia di racconti di autori italiani: è in libreria L’età della febbre. Storie di questo tempo a cura di Christian Raimo e Alessandro Gazoia. Pubblichiamo la prefazione dei due curatori e vi segnaliamo che domani, venerdì 15 maggio, l’antologia sarà presentata alle 19.30 […]
L’inquietantissima commedia di Leonardo Colombati
di Emanuele Trevi In uno dei suoi quaderni, Simone Weil si propose di indagare sul paradossale fenomeno di «qualcosa che non esiste e a cui sono sospese un’infinità di cose che esistono». Si può descrivere questo sconcertante fantasma del pensiero anche come «una cosa che non ha senso e alla quale sono sospese un’infinità di […]
100 libri per una biblioteca della nonfiction narrativa
Dal 21 al 23 novembre torna alla Triennale di Milano il ciclo di incontri organizzati da Studio. Vi segnaliamo il programma completo e in particolare l’incontro di venerdì 21 alle 18.30 sul tema Il racconto della realtà: intervengono Cristiano de Majo, Lorenzo Mieli, Aldo Grasso, Francesco Anzelmo e Niccolò Contessa.
Riprendiamo un articolo di Cristiano de Majo apparso su Studio.
(Ho scritto un lista di 100 libri immaginando di mettere insieme una biblioteca di nonfiction narrativa: reportage, memorie, autobiografie, biografie, saggi personali… Ovviamente è un genere che sfugge a una definizione precisa e che quindi si presta all’interpretazione soggettiva, ma la lista è anche un modo per cercare di disegnare un perimetro di questo genere, che trovo il più interessante campo di applicazione della letteratura in questi anni. Ci sono sicuramente alcuni buchi – libri che non letto, che ho dimenticato o che non considero fondamentali al contrario di altri -e sicuramente un po’ di favoritismo interno, nel senso che sono inclusi libri italiani, anche piccoli e sconosciuti, accanto a capolavori riconosciuti. C’è anche forse una considerazione perferenziale per le uscite più recenti rispetto a libri del passato e non so se dipende dalla freschezza della lettura o dal fatto che questo tipo di libri si trovino in un momento di interessante evoluzione. L’elenco non segue un ordine preciso.)
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