Ricognizioni drammaturgiche in un’estate pandemica
(fonte immagine) Un’estate quasi normale. La stagione estiva ha visto il pubblico tornare a teatro e i festival tornare a incontrare il proprio pubblico, tra capienze ridotte, green pass e altri espedienti burocratici pensati per contenere il contagio e permetterci, dopo il covid di tornare alla vita – secondo alcuni –; esperimento di controllo sociale, […]
Bestie di scena di Emma Dante: il discorso dello sguardo
Quando siamo entrati in sala – più o meno qualche minuto fa – Bestie di scena era già lì.
Nel senso che abbiamo raggiunto il teatro, abbiamo pagato il biglietto, abbiamo lasciato giacche e cappotti al guardaroba e siamo entrati nella sala che poco a poco si va riempiendo; alla ricerca del nostro posto, abbiamo visto che attori e attrici in maglietta e pantaloni percorrevano il palco da una parte all’altra. Il training che precede lo spettacolo, ci siamo detti, un allenamento che però di solito avviene dietro le quinte (dunque, abbiamo pensato, siamo entrati in qualcosa dove le soglie che di solito distinguono il prima dal durante e dal dopo sono rarefatte se non del tutto cancellate).
Dieci note sui vivi e sui morti nell’immaginazione di Emma Dante
Pubblichiamo la postfazione di Giorgio Vasta al volumetto Le sorelle Macaluso (Glifo edizioni). Il libro contiene l’omonimo testo teatrale di Emma Dante — che ha debuttato a Napoli due anni fa, e continua a girare in Europa — e gli interventi critici di Renato Palazzi, Roberto Giambrone e Giorgio Vasta.
1.
A Matter of Life and Death. In italiano Scala al paradiso, ma il titolo originale del film del 1946 di Michael Powell ed Emeric Pressburger rende subito esplicito l’argomento: una questione di vita e di morte.
Nella prima scena un pilota dell’aeronautica militare inglese – si chiama Peter, l’attore che lo interpreta è David Niven – discute via radio con June, una radiotelegrafista americana – interpretata da Kim Hunter – mentre il suo aereo, appena colpito da un caccia nemico, sta precipitando nella Manica. Tra allusioni e citazioni, l’autoironia di lui e la commozione di lei, il dialogo tra i due, che non si sono mai incontrati, si risolve nel momento in cui Peter si paracaduta fuori dall’aereo in fiamme certo di andare incontro alla morte. Invece, trascorsa qualche ora, si risveglia in riva al mare, sorpreso di essere sopravvissuto. E la sua sorpresa aumenta quando di lì a poco, fermata una ragazza in bicicletta per domandarle informazioni, riconoscerà nella sua voce quella di June.
Necessità di una terza via (tra Renzi e Grillo)
Questo articolo è tratto da “Lo straniero” n. 165 (marzo 2014) in uscita in questi giorni in libreria. Sul numero di marzo è possibile leggere, tra l’altro, una lunga intervista a GiPi, un saggio di Juan Villoro su Roberto Bolaño, articoli su Emma Dante, Martin Scorsese, Svetlana Aleksievich, Slawomir Mrozek, un reportage di Neliana Tersigni dall’Egitto.
Il più grande affresco politico-parlamentare che descrive lo stallo dell’Italia attuale è stato scritto quasi un secolo fa da Federico De Roberto. Si tratta di L’imperio, romanzo incompiuto, uscito postumo nel 1929 e ora disponibile nella Bur, cui lo scrittore catanese lavorò per lunghissimo tempo, senza venirne definitivamente a capo, tanto complessa e molle era la materia che aveva deciso di narrare.
Il cuore dell’Imperio (che in una sorta di continuazione dei Vicerè narra le gesta del principino Consalvo Uzeda di Francalanza, neodeputato in ascesa, tra i meandri e i rigagnoli di una capitale politica infetta) è tutto nella descrizione impietosa della macchina del trasformismo. A De Roberto non importa raccontare solo il trasformismo in senso stretto, quello storicamente situato negli ultimi decenni dell’Ottocento, bensì un trasformismo più profondo, autobiografia della nazione, sua inevitabile impalcatura.
Tag: giornalismo, qualità
In questi giorni si parla molto del Festival del Giornalismo e della sua possibile chiusura o trasformazione. Matteo Miavaldi e Simone Pieranni, di China Files, ci hanno mandato questa riflessione che intercetta anche altri dibattiti recenti sul giornalismo. Speriamo che sia l’innesco di una ulteriore discussione.
di Matteo Miavaldi e Simone Pieranni
Il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia edizione 2014 rischia di saltare. Problemi di soldi che non ci sono, secondo le istituzioni della regione Umbria che avevano destinato all’evento 80mila euro per il 2013, di più non si poteva fare; soldi che invece ci sono, dicono Arianna Ciccone e Chris Potter – i due fondatori dell’Ijf – ma che la regione preferisce destinare altrove.
Le posizioni inconciliabili delle parti hanno spinto gli organizzatori del Festival a prendere in considerazione la sospensione della prossima edizione, annunciata col motto Stop at the Top: andare avanti solo in condizioni che garantiscano la qualità del Festival, senza essere costretti ad offrire un prodotto al di sotto delle aspettative di Ciccone, Potter e delle migliaia di persone che negli anni hanno partecipato ad un evento di respiro internazionale. Quattro giorni di giornalismo e dintorni, gratuiti, con annesso ritorno economico considerevole per la città.
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