Catania: come cambia una città

(Nella foto, i silos del porto di Catania dopo gli interventi di otto street artist. Fonte immagine)

di Giuseppe Lorenti

Io sono un Pentito. Per anni ho frequentato le più luride bettole dei “peggiori” quartieri di Catania, perché volevo mangiare solo carne, ancor di più carne di cavallo. Lontano dalle luci delle notti catanesi, mi inoltravo con alcuni amici, fidati e carnivori, in Via del Plebiscito, superando quella linea di confine tra il quartiere degli Angeli Custodi e San Cristoforo. Era quasi un rito di iniziazione, quel piacere di spingersi oltre, un sentirsi adulto e catanese: carne di cavallo al sangue, del vino rosso, spesso, anzi sempre, di pessima qualità. E poi, mi sono Pentito. Sono diventato vegetariano e sono andato oltre. Oggi sono vegano. Io sono cambiato, Catania è cambiata. Alla carne, che confesso, ogni tanto, tradivo volentieri con il pesce, cotto alla brace e al sale, ho iniziato a preferire il tofu alla piastra e il seitan kebab, al vino la birra, rigorosamente artigianale, mentre in città si alternavano il “Faraone” Scapagnini, il “ragioniere” Stancanelli per poi, nel 2013, riapprodare, alla guida dell’amministrazione comunale l’uomo della primavera catanese, il “sempreverde” Enzo Bianco.