Filippo II e don Chisciotte. La gloria delle disfatte

Due figure tanto diverse, asimmetriche, non si potrebbero immaginare. Una lunga e sbilenca; l’altra bassa, flemmatica, elegante. Non sto parlando di una coppia comica, ma di Filippo II e Alonso Quijano (o Quijada: anche il nome è errante). Vissuti entrambi nel corso del crepuscolo del Siglo de Oro: il primo di nobili natali, erede di un regno enorme, con grandi occhi azzurri che facevano impressione, e il secondo invece con in sorte un blasone mediocre: era un hidalgo di provincia.

Filippo II – passato alla storia come el Rey Prudente – viveva isolato nelle sue residenze, con tempi contingentati. Trascorreva le ore passando al setaccio missive e dispacci, vagliando ogni decisione con una prudenza esasperante. All’inizio, allo stesso modo, Alonso Quijano (o Quijada: anche il nome è errante) trascorreva le ore tra i libri, isolato nella sua residenza. Non leggeva dispacci e nemmeno missive, ma opere di finzione: romanzi cortesi. E un giorno si innamorò a tal punto delle proprie letture che decise di incarnarle, di assumere il ruolo da protagonista in prima persona. Si nominò, in onore del Lancillotto – uno dei più straordinari cavalieri arturiani – don Chisciotte. Partì all’avventura e da quel momento sembrò aprirsi un abisso tra la sua vita errante e l’esistenza sedentaria e polverosa del sommo burocrate Filippo II.