C’era una volta la storia dell’arte

«Un impegno mantenuto e una scelta di civiltà: il ritorno della storia dell’arte e della musica nelle scuole», ha annunciato il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. Ma in questi giorni un vasto movimento di insegnanti di storia dell’arte si chiede se le cose stiano davvero così: e a leggere il disegno di legge sulla cosiddetta Buona Scuola lo scetticismo appare del tutto fondato.
Nel testo, infatti, non si parla mai di un insegnamento curricolare di ‘storia dell’arte’, ma genericamente di «potenziamento delle competenze nella musica e nell’arte» e di «alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini». Cioè: non si studieranno Giotto e Caravaggio come si studiano Dante e Galileo, ma ci sarà una infarinatura di «immagini», fossero pure quelle dei cartelloni pubblicitari.

Via della Conciliazione

Lo dico subito: sono anticlericale e continuerò ad esserlo, come molti italiani di mezza età costretti a subìre sin dall’infanzia scolastica le angherie della madre superiora, che per punizione ti costringeva ogni mattina a far recitare la preghiera al resto della classe perché già allora al Cristo di Zeffirelli preferivi quello di Jesus Christ Superstar, e lo scrivevi nei temi, divenendo per la maestra la prova provata di come il maligno si insinui nei giovani cuori indifesi. Poi leggi la storia e il diciannovesimo canto dell’Inferno dantesco; leggi di Giordano Bruno, di Galileo, e delle persecuzioni contro gli eretici. Infine tanta Dc, la banda Marcinkus e vari preti pedofili hanno completato il cerchio.

Immaginate quindi quale sorpresa nel ritrovarmi martedì mattina, appena tornato da un viaggio in Africa, a far suonare la sveglia di buon’ora per vestirmi e uscire in fretta verso via della Conciliazione. Camminavo e pensavo se fossi diventato matto, se si trattasse di una crisi di coscienza, se la vecchiaia avanzasse implacabile, e la paura della morte cominciasse minacciosa a bussare alla porta; se anche il mio destino fosse quello di nascere incendiario e morire pompiere. Poi sono arrivato a destinazione, e ho capito che non era niente di tutto questo.

Made in Europe

Questo pezzo completa il discorso di un mio analogo uscito qualche giorno fa su Repubblica. Inizia allo stesso modo, ma poi approfondisce altri aspetti che per questioni di spazio non entravano nello spazio del quotidiano. (Immagine: Jasper Johns.)

A quale idea di cultura ci aspettiamo che l’Europa si aggrappi nella stagione in cui le sue fondamenta economiche (nonché l’idea stessa di una casa comune) sono scosse come mai era successo dal dopoguerra? Ed è lecito attendere segnali interrogando quel veritiero specchio deformante che è ancora la letteratura d’invenzione?

Come non di rado accade, preziosi indizi sono disseminati dove non ci aspetteremmo di trovarli, cioè fuori dal nostro continente. Pensieri selvaggi a Buenos Aires, l’ultimo libro di Alberto Arbasino, è uno scrigno che contiene tra le altre cose un dialogo con Jorge Luis Borges risalente al 1977. Dopo aver ricordato Robert Louis Stevenson, che giunto in California dichiarò “eccomi alla frontiera della cultura occidentale”, lo scrittore argentino, incalzato da Arbasino (“Ma lei si aspetta qualcosa dall’Europa?”), spiazza il lettore e forse meno l’interlocutore: “Mi aspetto tutto dall’Europa. Cosa ci si può aspettare dalla periferia? Periferia sono anche America e Russia. Noi facciamo di tutto per aiutarvi. Spero che tutto l’Occidente sia un po’ uno specchio eterno dell’Europa. Tocca a voi salvarvi, e salvarci anche”.

20 luglio 1969

È di qualche giorno fa la notizia della morte di Neil Armstrong, il primo uomo ad aver toccato il suolo lunare nel 1969. Per ricordarlo pubblichiamo un brano tratto da «Mister Moonlight. Confessioni di un telecronista lunatico» di Tito Stagno e Sergio Benoni.

«Best wishes, Mr. Moonlight!» La tua foto portafortuna firmata da Frank Borman è appesa allo specchio del camerino. Uno scatto amatoriale, un po’ fuori fuoco, fatto davanti al televisore di casa: ci sei tu che guardi dritto in camera, alle tue spalle un disegno descrive il percorso di una delle prime missioni Apollo.