Ancora sulla cinquina #3 La letteratura da sindrome da stress post-traumatico

Se fosse vero quello che ormai da un decennio a questa parte un po’ di critici vanno sostenendo, ossia che letteratura italiana, tutta chiacchiera e noir, soffra di mancanza di un reale trauma (vedi per es. Senza trauma di Daniele Giglioli) di esperienza (vedi per es. La letteratura dell’inesperienza di Antonio Scurati o Autoreverse dell’esperienza di Filippo La Porta), di autenticità (vedi per es. le riviste come Il primo amore o Lo straniero e i rispettivi mentori Carla Benedetti e Goffredo Fofi), dovremmo ragionare sul perché questa cinquina di candidati allo Strega diano invece a un lettore, forte o debole che sia, un’impressione diversa. Il silenzio dell’onda, Qualcosa di scritto, Il tempo di mezzo, La colpa, Inseparabili raccontano storie di scampati, di sopravvissuti proprio a una lesione, a cui sono legati a filo doppio: lasciarsela alle spalle vuol dire far morire una parte molto consistente di sé, attraversarla rischia di imprigionarli come in delle sabbie mobili. Come ne usciranno?