La fuga di Filippo Simeoni che affondò Lance Armstrong

Questo articolo è uscito sul Venerdì di Repubblica, che ringraziamo (fonte immagine).

Il 23 luglio 2004 al Tour si corre una tappa, la diciottesima, che sembra di puro trasferimento. Montagna dura il giorno prima, cronometro impegnativa il giorno dopo. I campioni si risparmiano. Gli altri, chi vuole e chi può, cercano la fuga buona. Probabile che il gruppo non vada in caccia. Una vittoria al Tour vale come minimo un rinnovo di contratto, e poi si entra nell’albo d’oro. Non è soddisfazione da poco. Si va da Annemasse a Lons-le-Saunier, 166 chilometri. Dopo una trentina  parte una fuga che può essere quella buona. Sono in sei: Flecha, Fofonov, Mercado, Joly, Garcia Acosta e Lotz. Quando il loro vantaggio è di un minuto dal gruppo esce una maglia bianconera, della Domina Vacanze, numero 198. È Filippo Simeoni che ci riprova.

Renzo Zanazzi, il partigiano della bicicletta

(fonte immagine)

Era un giorno di quasi primavera. El Zanass indossava la dorsale settantasette per la prima corsa del dopoguerra. Correva l’anno 1946. C’era tanta gente a respirare la vita sulle strade dissestate e ferite della Milano-Sanremo. Il ponte sullo Scrivia bombardato non esisteva più. Le assi di legno, assemblate come una passerella, restituivano una funzionalità tutt’altro che rassicurante. Cielo terso, l’acqua alle caviglie. Guadarono il fiume spingendo la bicicletta a piedi.