Quanto piace la guerra ai National Book Award
di minima&moralia pubblicato 12 Ottobre 2015 · 2 Commenti
di Matteo Bolzonella
Qualche mese fa, quando ho appreso la notizia che il National Book Award 2014 l’aveva vinto una raccolta di racconti sulla guerra in Iraq, sarò sincero, ho avuto paura. Ho avuto paura che il libro in questione potesse avvicinarsi allo spettro del banale,che potesse assomigliare ad un miscuglio ben scritto (si parla sempre e comunque di un vincitore dell’N.B.A.) di cliché alla American Sniper, proseguendo su una tradizione che fa del patriottismo vecchio stile americano e del lato umano del buon soldato statunitense costretto a malincuore ad obbedire agli ordini di superiori spietati, le sue teste d’ariete per far breccia nel cuore dello statunitense medio (e del botteghino medio).Timori del tutto immotivati, legati a sensazioni personali e forse dovuti a un po’ di malizioso pregiudizio, timori che mi hanno fatto rimandare la lettura di Redemployment fino all’uscita della traduzione italiana di Silvia Pareschi uscita per Einaudi lo scorso maggio.
Categoria approfondimenti, cultura, interventi, letteratura, libri, scrittura, società · Tag Anthony Doerr, Benjamin Franklin, Charles Frazier, Davide Coppo, Denis Johnson, Ernest Hemingway, James Jones, JD Salinger, John Barth, John Williams, Joseph Heller, Joyce Carol Oates, Kurt Vonnegut, Larry Heinemann, Lily Tuck, Michael Cimino, Phil Klay, Quentin Tarantino, Saul Bellow, Shirley Hazzard, Silvia Pareschi, stanley kubrick, Steven Spielberg, T. Geronimo Johnson, Thomas Jefferson, Thomas Pynchon, Tim O'Brien, Walt Whitman, William Faulkner, William T. Vollmann
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