Dalla parte di Meursault. Ricordare “Lo straniero” di Albert Camus oggi

di Anna Toscano

Rileggere Lo straniero di Albert Camus a settantasette anni dalla sua uscita è una esperienza straniante: la domanda che affiora quasi a ogni pagina è se siamo in Algeria tre quarti di secolo fa, o oggi nelle nostre strade, nelle nostre case, nella nostra città. Il protagonista, Meursault, è un individuo che appare come tutti, un lavoro che gli occupa molto tempo e lo tedia, una casa, una madre in un ospizio, una vita affetta da abitudini che hanno trovato la pace in loro stesse.

Appunti su “Serotonina”

Questo pezzo è uscito sulla rivista «Gli Asini», che vi suggeriamo di leggere. di Nicola Lagioia Di Serotonina, settimo romanzo di Michel Houellebecq, si è molto parlato prima ancora che venisse pubblicato. Contagiati dall’ansia anticipatoria che governa la stampa quotidiana, molti critici hanno posto con faciloneria l’accento sulle facoltà divinatorie dello scrittore francese: così come […]

Vita ribelle e irregolare di Jean Genet

Trent’anni fa moriva a Parigi lo scrittore e poeta francese Jean Genet: lo ricordiamo con un ritratto di Tommaso Giagni (fonte immagine).

di Tommaso Giagni

È una fatica, confrontarsi con un irregolare. Una fatica studiare la trama dei ricchi tappeti che Jean Genet stende, in prosa, per far camminare comodamente i marginali di cui racconta. La fatica che media fra il prima e il dopo, nella crescita delle persone, e per questo le respinge. Sì, Genet pretende uno sforzo. Dal lettore, al quale offre una scrittura densa, articolata in una perenne alternanza fra registro alto e argot di strada o di prigione. E soprattutto è all’uomo che chiede di sforzarsi, mettendo in discussione i dogmi che ha intorno.

I trent’anni che ci dividono, proprio oggi, dalla sua morte, segnano una distanza che è una frattura. Per come è stata deprezzata la considerazione dello sforzo, celebrare oggi la memoria di Genet sembra una battaglia contro i mulini a vento. Quando i suoi lavori, e la sua vita, sarebbero di vero aiuto per chiunque affronti la scrittura, e la vita.

Julio Cortázar, sulle tracce di Charlie Parker

Questo pezzo è uscito sul Mucchio, che ringraziamo.

«Ora so che non è così, che Johnny insegue invece di essere inseguito, che tutte le cose che gli stanno capitando nella vita sono gli imprevisti del cacciatore e non dell’animale braccato. Nessuno può sapere cos’è che insegue Johnny, ma è così, è là, in “Amorous”, nella marijuana, nei suoi discorsi assurdi su tante cose, nelle ricadute, nel libro di Dylan Thomas, in tutto quel povero diavolo che è Johnny e che lo rende grande e lo trasforma in un assurdo vivente, in un cacciatore senza braccia e senza gambe, in una lepre che corre dietro a una tigre che dorme».

Johnny, dunque, insegue. E se nessuno sa a cosa dà concretamente la caccia, perlomeno noi sappiamo chi è Johnny Carter, l’inafferrabile protagonista del racconto di Julio Cortázar L’inseguitore: Charlie “Bird” Parker, il genio più puro del jazz americano, tra gli inventori del bepob, inquieto poeta del sax. El perseguidor, il titolo originale del racconto, comparve per la prima volta nella raccolta di storie Le armi segrete, uscita nel 1959 – quattro anni dopo la morte di Parker.

Gamal al-Ghitani: l’Egitto tra politica, misticismo e faraoni

Domenica 18 ottobre è morto al Cairo Gamal al-Ghitani, scrittore egiziano tra i più autorevoli e conosciuti del mondo arabo. Lo ricordiamo con un’intervista uscita parzialmente sul quotidiano il manifesto il 31 ottobre 2008 e pubblicata integralmente sul numero 106, aprile 2009, della rivista Lo Straniero. (Fonte immagine)

Nato nel 1945 nel villaggio di Guhayna, nell’Alto Egitto, presto trasferitosi al Cairo con la famiglia, Gamal al-Ghitani è uno dei massimi rappresentanti della narrativa araba contemporanea, oltre che un acuto commentatore della vita politica egiziana. «Marxista a 15 anni», tra l’ottobre del 1966 e il marzo del 1967 è stato rinchiuso in carcere per le critiche rivolte al presidente Nasser. Da allora, non ha mai smesso di difendere con intransigente determinazione l’autonomia della cultura dagli attacchi del potere politico e religioso. Nello stesso tempo ha costruito con spirito irrequieto – e con una prosa spesso sontuosa – un universo letterario basato su un originale recupero del misticismo islamico, della tradizione Sufi e della storia egiziana pre-islamica.

Lo scroccone che è sempre intorno a noi. Jules Renard, narratore della modernità

di Matteo Moca

Jules Renard è poco conosciuto in Italia, a differenza del suo paese natale dove il suo Journal è annoverato tra i grandi diari della letteratura (disponibile qui in lingua originale, come tutta la sua produzione), così come un’altra sua grande opera, le Histoires naturelles, che simboleggiano la sua grande capacità di osservazione, sempre declinata in chiave umoristica. Nella sua breve vita (nasce nel 1864 e morirà a soli 46 anni, a Parigi, nel 1910), Jules Renard è stato molte cose – si è professato dreyfusardo e repubblicano, anticlericale e socialista – ma prima di tutte è stato un uomo di lettere, uno scrittore che a questa arte ha dedicato tutta la sua vita. Il suo Journal è il perfetto concentrato di tutta la sua arte, un diario quasi trentennale che è l’espressione più compiuta del suo sguardo, della sua arte ironica ma sempre amara, quasi un presentimento della molteplicità delle declinazioni dell’umorismo di cui parlerà Pirandello nel suo celebre saggio.

Intervista a Dubrakva Ugresic

Questo pezzo è uscito in una versione più breve su Flair. (Fonte immagine)

C’è chi fa politica e chi ne scrive. C’è poi chi è stato attraversato persino nel corpo, dalla violenza della Storia. Dubrakva Ugresic  – tra le voci attuali più libere e meno ortodosse – è sia una grande scrittrice sia un’esule, cacciata dal proprio paese, la Croazia, dall’allora regime nazionalista di Franjo Tuđman. Da quel 1993 Ugresic vive tra Olanda e Stati Uniti e ha pubblicato romanzi e saggi politici (usciti in Italia da Nottetempo). Recente è “Europe in Sepia” (Open Letter Books), un racconto che parte dal Midwest americano, passa per le proteste di Occupy Wall Street, Gerusalemme e finisce con i riots di South London: una miniera di imprevedibili scatti narrativi in forma di saggio. Feroce e ferita, ma mai vittima, Ugresic si definisce un’”eretica.”.

Intervista a David Cronenberg.

Pubblichiamo l’intervista di Paola Zanuttini a David Cronenberg uscita su il Venerdì di Repubblica, ringraziando l’autrice e la testata. 

Toronto. Aristide e Célestine Arosteguy sono la coppia Sarte-De Beauvoir del XXI secolo. Anticonformisti e libertini. Marxisti irriducibili. Massimi teorici della filosofia del consumismo. Ultrasessantenni e seducenti. Idolatrati dagli studenti della Sorbona, assidui dei loro corsi e del loro letto. Succede che Célestine scompaia: immagini diffuse in rete mostrano il suo cadavere cannibalizzato. Sparisce anche Aristide, che in seguito rispunta a Tokyo. Poi c’è un chirurgo di Budapest trapiantatore illegale di organi. Una malata terminale in fissa con l’eros preagonico.Un neurologo di Toronto che ha avuto il discutibile onore di dare il suo nome a una malattia venerea. E un regime comunista, la Corea del Nord, che calamita defezioni dall’Occidente capitalista. Due giovani reporter – americano lui, canadese lei – supertecnologici, morbosetti e un po’ cialtroni, indagano come si indaga al tempo del giornalismo digitale. Ah, poi ci sono un bel po’ di sindromi inquietanti e bislacche. È il primo romanzo di David Cronenberg: Divorati. Ci ha messo otto anni a scriverlo, ma nel frattempo ha girato cinque film.

Ricordando Nadine Gordimer

Il 13 luglio è morta Nadine Gordimer. La ricordiamo con un’intervista di Giuliano Battiston pubblicata su il manifesto nel 2008.

Come racconta in uno dei saggi raccolti in Vivere nell’interregno, Nadine Gordimer ha cominciato a scrivere quando aveva appena nove o dieci anni, e lo fece con “un atto senza responsabilità”. Con il passare degli anni, però, grazie all’“apparentemente esoterica speleologia del dubbio, guidata da Kafka più che da Marx”, questa scrittrice naturale – dotata della capacità di cogliere nelle vite degli altri “vapori di verità condensata” e, “come un dito che disegna su un vetro”, di scriverne la storia – ha cominciato a riconoscere la vergognosa politica razzista del governo sudafricano, e a interrogarsi sul paradosso che lega il regno dell’immaginazione creativa a quello dell’impegno sociale. Infatti, più si immergeva nel primo, “per attraversare gli abissi dell’aleatorio e assoggettarli alle parole”, e più i suoi libri si caricavano inaspettatamente di valenza politica; più si abbandonava, senza resistenza, al soggetto da cui veniva scelta – perché, come spiega, ogni scrittore è scelto dal suo tema, e non viceversa – e più la sua scrittura diventava un potente e sensibile scandaglio delle contraddizioni del Sudafrica.

That’s All Porno

(Immagine: Simone de Beauvoir ritratta da Art Shay)

Nel gennaio del 2008 Le Nouvel Observateur pubblicò in copertina una foto di una donna nuda, di spalle, davanti a uno specchio. La donna si chiamava Simone, stava con Jean-Paul che la tradiva con Olga e che lei tradiva con Nelson, che era sposato con Amanda da cui avrebbe divorziato per poi risposarla e divorziare di nuovo. E no, quella che vi stiamo raccontando non è una soap opera. Simone è Simone de Beauvoir, sentimentalmente legata vita natural durante a Jean-Paul Sartre, che la tradì con Olga Kosakievicz, e non solo, e che lei tradì con Nelson Algren, sposato a sua volta con Amanda Kontowicz. La foto con cui il settimanale francese pensò bene di celebrare i cento anni dalla nascita di Simone de Beauvoir è uno scatto del 1952 di Art Shay, all’epoca fotografo per Life Magazine e caro amico di Algren.