Il giornalismo narrativo di Rodolfo Walsh

Pubblichiamo la recensione di Matteo Nucci, uscita sul «Venerdì di Repubblica», su «Operazione massacro», libro culto di Rodolfo Walsh finalmente tornato in libreria edito da La Nuova Frontiera.

Trentacinque anni fa, in questi giorni, gli amici di Rodolfo Walsh smisero di nutrire speranze. Aveva compiuto cinquant’anni a gennaio, lo scrittore, il giornalista, l’uomo in lotta per il suo Paese. Il 25 marzo era stato visto l’ultima volta eppoi era scomparso. Desaparecido. Qualcuno commentò che si era come lasciato andare dopo che la figlia Vicki era morta ventiseienne in uno scontro a fuoco con le forze del regime. Ma chi conosceva bene Walsh, non aveva questi dubbi. Gli intimissimi poi erano a conoscenza della lettera aperta che aveva scritto al Generale Videla e alla Giunta Militare. Si apriva così: “La censura della stampa, la persecuzione degli intellettuali, la demolizione della mia casa, l’omicidio di amici cari e la perdita di una figlia morta mentre vi combatteva sono alcuni dei fatti che mi costringono a questa forma di espressione clandestina dopo che per quasi trent’anni mi sono pronunciato liberamente come scrittore e giornalista”. Sua moglie Lilia conosceva anche il seguito di quelle pagine brucianti e sapeva bene a chi Walsh aveva progettato di inviarle per posta.