Al sorgere della luna
L’Irlanda celebra in questi giorni il centenario della Easter Rising, la rivolta di Pasqua del 1916, ce segnò l’atto di nascita della moderna repubblica irlandese. Questo racconto è incentrato su quegli eventi, che rappresentano ancora oggi uno dei momenti più alti di resistenza al potere coloniale dell’Europa contemporanea.
Un bagliore improvviso illuminò per un istante quella notte di marzo. L’ammiraglio Nelson cadde rovinosamente dal suo piedistallo, proprio come l’uovo del romanzo di Lewis Carroll. L’esplosione lo ridusse in mille pezzi, spezzando in due la colonna di granito che lo reggeva da un secolo e mezzo. Provai una sensazione strana, una gioia liberatoria, quasi puerile. Era rimasto lì per tutto quel tempo, nel cuore della nostra città, a sfidarci con la sua protervia coloniale. A commemorare i trionfi navali di chi ci aveva reso schiavi per secoli. A ricordarci che la libertà per la quale avevamo lottato restava soltanto un sogno. Proprio lì, di fronte al luogo sacro che aveva tenuto a battesimo la nostra nazione. Dove cinquant’anni fa Patrick Pearse aveva letto la dichiarazione d’indipendenza prima di finire davanti al plotone d’esecuzione, insieme a Connolly e a tutti gli altri.
Bestiari: una guida ragionevole
I bestiari sono – o almeno pensiamo siano – una classificazione degli animali. Testi scientifici, presumibilmente oggettivi, utili a ordinare la conoscenza del mondo. Eppure, osservandoli da vicino, sembrano essere soprattutto una grande fantasticheria, l’effetto di un impulso visionario che gioca con la tassonomia di bestie quadrupedi, acquatiche e volatili per mescolare il reale con il favoloso e liberare la nostra capacità d’invenzione. E non solo. Perché immaginare animali plausibilmente implausibili – dallo Snark di Lewis Carroll al sarchiapone di Walter Chiari, dai pescibanana di Salinger al minollo di Massimo Troisi, fino al catoblepa di Plinio il Vecchio e di Borges (nonché di Elio e le Storie Tese) – risponde anche al nostro bisogno di riflettere l’umano nello specchio deformante, e dunque rivelatore, della vita animale.
Il racconto dei racconti: Silvio D’Arzo secondo Rossella Milone
Torna Il racconto dei racconti, rubrica in collaborazione con il portale Cattedrale: Rossella Milone, in libreria per minimum fax con Il silenzio del lottatore, di volta in volta analizza un racconto italiano: nella prima puntata si è occupata di Un paio di occhiali di Anna Maria Ortese; la seconda puntata è dedicata a Casa d’altri di Silvio D’Arzo.
Certo, Eugenio Montale definì Casa d’altri un «racconto perfetto» in quanto perfettamente compiuto e, nello stesso tempo, da compiersi solo attraverso, e grazie a, la partecipazione del lettore. E scrisse sul Corriere che si trattava di un testo fatto di aria, trasparente e pieno di vapori. E poi sì, sappiamo che piacque moltissimo anche al più giovane scrittore Pier Vittorio Tondelli, che praticò un’attenta operazione di recupero dell’opera di D’Arzo e di altri autori «eterodossi della tradizione» per lo più gravitanti intorno all’aerea emiliana-romagnola. È poi stato definito uno dei racconti più belli del Novecento.
Dalla parte di Alice – Il corpo e l’immaginario cinematografico 6: Kubrick, quarta parte
“Che cosa ci avviene quando assistiamo a un film e dimentichiamo di essere seduti nell’oscurità? Che cos’è l’immaginario cinematografico oggi? Quale attrazione esercita su di noi? (E: “noi” chi?). La rubrica di Paolo Pecere esamina alcuni film esemplari in cui il cinema sembra affrontare dal suo interno queste domande, collegati dal tema della fantasia di un altro mondo e un’altra vita. Una passeggiata “dalla parte di Alice”, che passa per film più e meno recenti, da Avatar a 2001. Odissea nello spazio, da L’enigma di Kaspar Hauser di Herzog a Inland Empire di Lynch. Qui la prima, qui la seconda, qui la terza, qui la quarta e qui la quinta puntata.
Kubrick – desiderio e visione IV
1980 – Dell’infanzia come padronanza dell’immaginario
Con Shining Kubrick conclude la riflessione sull’immaginario sviluppata nei film precedenti e indica finalmente una via di fuga da quell’intreccio di sessualità coatta, violenza e repressione che imprigiona i suoi personaggi (i due film successivi di Kubrick rimoduleranno e svilupperanno ulteriormente i temi già comparsi, senza aggiungere sostanziali novità di contenuto). È significativo che il pessimismo storico variamente intessuto nel cinema di Kubrick sia lacerato soltanto qui e in Lolita, con la presenza di protagonisti ancora al di qua dell’adolescenza (per tacere dell’enigmatico feto di 2001, che come il Danny di Shining ha in sé qualcosa di sovrannaturale).
Dalla parte di Alice – Il corpo e l’immaginario cinematografico 2: Avatar
“Che cosa ci avviene quando assistiamo a un film e dimentichiamo di essere seduti nell’oscurità? Che cos’è l’immaginario cinematografico oggi? Quale attrazione esercita su di noi? (E: “noi” chi?). La rubrica di Paolo Pecere esamina alcuni film esemplari in cui il cinema sembra affrontare dal suo interno queste domande, collegati dal tema della fantasia di un altro mondo e un’altra vita. Una passeggiata “dalla parte di Alice”, che passa per film più e meno recenti, da Avatar a 2001. Odissea nello spazio, da L’enigma di Kaspar Hauser di Herzog a Inland Empire di Lynch. Qui la prima puntata.
II. Avatar, o come nasce un “corpo spirituale”
“Distinguere nelle rappresentazioni dei concetti […] l’involucro, che pure è per un certo tempo utile e necessario, dalla cosa stessa, questo è illuminismo”.
Kant, Antropologia (1798)
I nostri occhi aperti vedono aprirsi degli occhi: sono i primi fotogrammi di Avatar. Rappresentano il risveglio del marine Jack Sully, che è giunto sul pianeta Pandora dopo un lungo sonno artificiale su una nave spaziale. Negli ultimi fotogrammi del film vedremo aprirsi gli occhi gialli di un altro corpo, un corpo alieno, nel quale Sully si risveglia dopo aver abbandonato il suo vecchio corpo. Avatar è il racconto di una “trasmigrazione” della coscienza da un corpo a un altro corpo, in cui possiamo cogliere – in forma negativa – un tema fondamentale del cinema di oggi. Per farlo, però, dobbiamo fermare l’immagine, chiudere gli occhi, tornare all’oscurità in cui stiamo seduti senza pensare –
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