Tra il Burraco e Donald Trump. Intervista a Mara Maionchi

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Intervistare Mara Maionchi è stato esattamente come lo immaginavo. Ci siamo incontrati in un bar di Milano, io ho ordinato un tè verde e lei ha sorriso col suo sorriso e scherzato sulle persone che bevono il tè verde, quindi ha ordinato un caffè e poi abbiamo iniziato a parlare. Qualche volta rispondeva prima che avessi finito di formulare la domanda, altre no, e intanto passavamo dalla musica ai sogni premonitori, dalla TV a Donald Trump, dalla Costituzione alle partite online di Burraco.

Io: La tua carriera è iniziata nel ’67, quando hai risposto a un’inserzione pubblicata sul Corriere della Sera.

Mara Maionchi: Sì, è vero. A scuola andavo abbastanza male, poi ho fatto un corso da stenodattilografa e ho iniziato a lavorare in vari ambienti. Il primo lavoro fu alla SAIMA, che era una società di spedizioni internazionali, sopratutto via nave. Io lavoravo all’ufficio imbarchi, poi da lì ho deciso di trasferirmi a Milano perché rispetto a Bologna mi sembrava potesse darmi qualche possibilità in più.