Dentro la Pianura con Marco Belpoliti

di Marco Renzi «Eccetera» è la parola con la quale si conclude Pianura, e sta a significare che tanto ancora ci sarebbe stato da dire su un argomento sconfinato come la Pianura Padana: sconfinato non tanto per la sua superficie, quanto per la ricchezza di spunti, di riflessioni, di immagini e reminiscenze letterarie – e […]

Aldo Moro e una certa letteratura

Dal nostro archivio, un approfondimento di Vanessa Roghi apparso su minima&moralia il 18 marzo 2013.

A trentacinque anni dal 16 marzo del 1978, una rilettura dell’iconografia dell’Affaire Moro da Leonardo Sciascia a Giorgio Vasta.

Moro e la sua vicenda sembrano generati da una certa letteratura.
L. Sciascia, L’affaire Moro, p. 479.

È incredibile a qual punto sia giunta la confusione delle lingue.
Aldo Moro lettera a Eleonora Moro, 8 aprile 1978.

La rappresentazione della storia da parte del cinema è spesso fondata su un immaginario autoreferenziale, i film si citano a vicenda, o rimandano a fonti audiovisive di tipo documentario, a fotografie, a dipinti, elementi visibili. Questo succede per ogni periodo storico ma nessun decennio come gli anni Settanta risente di un’iconografia standardizzata che spesso diventa stereotipo, luogo comune, banalità.

C’è un evento però, negli anni Settanta, il cui percorso iconografico è stato completamente diverso. Questo evento è il caso Moro. E il racconto cinematografico dei 55 giorni, più che alle fonti visive, deve il suo canone narrativo alla letteratura, una letteratura che fino alla pubblicazione del romanzo di Giorgio Vasta, Il tempo materiale, non ha mai osato discostarsi dal solco tracciato da due giganti tanti anni fa. Dal 1978, per essere precisi.

La strategia della farfalla di Marco Belpoliti

Questa recensione è uscito sul Manifesto, che ringraziamo.

di Giacomo Giossi

Si susseguono ormai con puntuale sadismo allarmi ed emergenze, annunci di nuove crisi e ribaltamenti di scenari politici. Quello che eravamo abituati a definire, sostanzialmente dalla fine della seconda guerra mondiale, come Sistema, oggi pare ormai incapace non solo di rigenerarsi, ma ancor meno di tenere una posizione ferma attorno a quei principi che fino a pochi anni fa erano ritenuti fondanti delle nostre comunità.

La precarietà delle nostre esistenze, che per certi versi a lungo è stata occultata da un’organizzazione di Stato e di Mercato, ora è davanti ai nostri occhi con tutta la sua crudezza, antecedendo ogni altro problema seppur fondamentale.

Nicola Lagioia vince il premio Strega con La ferocia

Il nostro Nicola Lagioia ha vinto il premio Strega 2015 con il romanzo La ferocia, edito da Einaudi. Lo festeggiamo ripubblicando l’incipit del romanzo.

di Nicola Lagioia

Una pallida luna di tre quarti illuminava la statale alle due del mattino. La strada collegava la provincia di Taran­to a Bari, e a quell’ora era di solito deserta. Correndo ver­so nord la carreggiata entrava e usciva da un asse immagi­nario, lasciandosi alle spalle uliveti e vitigni e brevi file di capannoni simili ad aviorimesse. Al chilometro trentotto compariva una stazione di servizio. Non ce n’erano altre per parecchio, e oltre al self-service erano da poco attivi i distributori automatici di caffè e cibi freddi. Per segna­lare la novità, il proprietario aveva fatto piazzare uno sky dancer sul tetto dell’autofficina. Uno di quei pupazzi alti cinque metri, alimentati da grossi motori a ventola.

Il piazzista gonfiabile ondeggiava nel vuoto e avrebbe continuato a farlo fino alle luci del mattino. Più che altro, dava l’idea di un fantasma senza pace.

Ho ucciso paranoia: Don DeLillo e il terrorismo

Questo pezzo è apparso su Blow up a settembre 2013.

di Luca Mirarchi 

Se dovessimo scegliere due punti focali, due singoli termini per orientarci nella galassia di Don DeLillo – forse – questi due termini sarebbero Arte e Terrore. Proveremo a servircene per analizzare Mao II (1991) e L’uomo che cade (2007), due romanzi che si rispecchiano l’uno nell’altro. L’uomo che cade è la profezia di Mao II che giunge a compimento, ed è una profezia di sconfitta: la sconfitta dello Scrittore soppiantato dal Terrorista nell’immaginario (mediatico) condiviso. «C’è un curioso nodo che lega romanzieri e terroristi. Anni fa credevo ancora che fosse possibile per un romanziere alterare la vita interiore della cultura. Adesso si sono impadroniti di quel territorio i fabbricanti di bombe e i terroristi. (…) Il pericolo che essi rappresentano è pari alla nostra incapacità di essere pericolosi. Ormai fanno delle vere e proprie incursioni nella coscienza umana. Era quanto solevano fare gli scrittori prima di essere mercificati». Sono alcune riflessioni di Bill Gray, il protagonista di Mao II – uno scrittore in auto-esilio come J.D. Salinger – nascosto in una stanza da vent’anni per completare il suo terzo libro; chiuso in una stanza come un terrorista che cova il suo piano di morte; prigioniero come il poeta sequestrato a Beirut da un gruppo maoista, per il quale Gray accetterà di esporsi rompendo così l’isolamento.

Il “Belpaese” come malattia percettiva

Questo articolo è uscito sul n. 20, Speciale Estate, di Artribune

Il paesaggio italiano, come ha affermato in più occasioni Marco Belpoliti, è sempre stato una quinta, un fondale: è esistito come rappresentazione, e al tempo stesso come scena di questa rappresentazione umana. (È questa, per esempio, una delle grandi differenze rispetto al paesaggio nordico o americano, in cui la natura sovrasta e sopravanza di gran lunga la dimensione del singolo e della sua percezione.)

Eppure, con tutto questo non ci potrebbe essere quasi nulla di più lontano dall’idea di location, set cinematografico: l’identità intimamente “teatrale” di questo paesaggio non ha nulla a che vedere con la cartolina, o la ‘cartolinizzazione’. Essa è connessa alla storia, all’antropologia, e ancora di più a quella che Pasolini chiamava la “forma della città” (in un famoso documentario televisivo trasmesso nel 1974), e “il corpo dell’Italia”  cioè il suo paesaggio e i suoi paesi: “I paesi avevano ancora la loro forma intatta, o sui pianori verdi, o sui cucuzzoli delle antiche colline, o di qua  e di là dei piccoli fiumi”[1].

Speciale Walter Siti – terza parte

Pubblichiamo un testo di Andrea Cortellessa e una sua recensione a Resistere non serve a niente uscita su doppiozero il 2 luglio 2012.

Vincere non serve a niente?

di Andrea Cortellessa
«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?» L’alternativa, fino a qualche tempo fa, non mi si poneva proprio. E invece – mi pare di non sbagliare: per una qualche ragione sottilmente sadomasochistica, proprio a partire dall’edizione successiva all’uscita di Senza scrittori – l’invito alla serata finale dello Strega mi arriva puntuale ogni anno. Ma solo stavolta sono restato incerto fino all’ultimo. Quest’anno poi, con mia grande sorpresa, il sempre gentile Stefano Petrocchi mi aveva anche invitato a far parte degli Amici della Domenica. Già allora, all’inizio dell’anno, i rumors davano per candidati alla vittoria due scrittori “veri”, Aldo Busi e Walter Siti. Non era elegante esplicitarlo, ma doveva significare qualcosa la coincidenza fra questa circostanza e l’offerta che mi veniva fatta. Già, ma cosa esattamente? Del resto anche Tiziano Scarpa, vincitore dell’edizione sbertucciata da Senza scrittori, era uno “scrittore vero”; e così due anni dopo Emanuele Trevi, perdente per un soffio. E cosa vuol dire la formula, poi ripetuta in tutte le salse, “stavolta ci sono gli scrittori veri”? Cos’è uno scrittore “non vero”? Di cosa parliamo esattamente, insomma, quando parliamo di Premio Strega? Domande senza risposta.

Il meglio di Pagina3: settimana dal 17 al 21 dicembre

Questa rubrica è in collaborazione con Pagina 3, la rassegna stampa culturale di Radio3. Tutti i venerdì minima&moralia selezionerà gli articoli più significativi tra quelli letti ogni mattina in radio dai conduttori di Pagina 3 e ve li segnalerà. In questo modo cercheremo di offrire una panoramica su quello che è stato il dibattito culturale italiano nel corso della settimana. Il conduttore del mese di dicembre è Nicola Lagioia. Un ringraziamento particolare a Radio3 e a Marino Sinibaldi.

Lunedì 17 dicembre:

• Il mondo in rivista. “Lo Straniero” è arrivato al numero 150. La battaglia per cambiare una cultura diventata consumo utile. Intervista a Goffredo Fofi di Simonetta Fiori, la Repubblica, p. 55.

• Katherine Mansfield, la scrittrice che ingannò il destino. Articolo di Pietro Citati, Corriere della Sera, p. 27.

Cosa vuol dire essere antifascisti oggi

Oggi a Tivoli inizia il processo ai tre ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo dedicato a Rodolfo Graziani. Ripubblichiamo un intervento di Christian Raimo uscito nel 2012. (Fonte immagine)

Ce la si fa in un pomeriggio. Si può prendere l’A24 uscendo a Castel Madama per spingersi verso i monti Simbruini fino al confine del Lazio, salendo in direzione Subiaco e lasciandosi alle spalle astrusi ristoranti cinesi lungo le fermate del Cotral o paesucoli inerpicati che avrebbero dovuto essere le “Cortina d’Ampezzo degli Appennini” nel 1980 – e in cui trent’anni dopo ancora non è arrivata l’acqua corrente – come Monte Livata o Campo dell’Osso, per poi riprendere la statale 411, seguire la “via Cesanese del vino” fino a arrivare dopo un’ora e mezza di tornanti tra gli aceri, i faggi, i lecci con le foglie rossicce in punta, alla curva all’entrata del paese di Affile, e da lì a sinistra salire per una strada sterrata ripida da farsela tutta in prima e parcheggiare accanto a questo benedetto famoso mausoleo dedicato al maresciallo Rodolfo Graziani.

Venticinque aprile tutto l’anno, per esempio il cinque maggio

Roma memoria Un dibattito aperto alla cittadinanza sull’uso e l’abuso politico della memoria e della storia Cosa vuol dire ricordare a 25 anni dalla scomparsa di Primo Levi? Cosa vuol dire Resistenza in una città che fatica a dirsi antifascista? Cosa vuol dire passare il testimone tra le generazioni? Sabato 5 Maggio alle ore 17 […]