Freeman’s. Voci sull’amore e sull’oblio in ventuno incursioni poetico-narrative

Nel descrivere il suo lavoro di traduzione alle Visioni di Blake, Ungaretti riconosce nella memoria la chiave per il ritorno o l’illusione del ritorno all’innocenza, come appreso da Mallarmé. “L’uomo che tenta di arretrarsi sino al punto dove, per memoria, la memoria si abolisce e l’oblio illuminante: estasi, suprema conoscenza, uomo vero uomo – è […]

“Nel cuore della notte”, il romanzo-apologo di Marco Rossari

Pubblichiamo un pezzo uscito sul Venerdì, che ringraziamo.

«Che cos’è una coppia? Un esperimento, una chimera, un caso?» È l’interrogativo che si pone il protagonista del romanzo di Marco Rossari, Nel cuore della notte (Einaudi), un dubbio che innerva l’intera narrazione venendo acutamente esplorato una pagina dopo l’altra, una domanda che come risposta prevede solo ipotesi, nessuna delle quali esclude l’altra, al contrario ogni tentativo di risposta si connette al precedente e al successivo fino a compenetrarsi: perché davvero un legame è pressoché sempre una prova, un collaudo inesauribile, una fantasticazione a deux, un’alea che può essere percepita come un colpo di fortuna, come un’imprevedibile sventura (e per verificarlo è sufficiente che ognuno si concentri per un istante sulla sua esperienza di coppia).

Eros, Thanatos e iOS: il viaggio di Rossari nel cuore della notte

Andrea Pomella recensisce “Nel cuore della notte”, ultimo romanzo di Marco Rossari pubblicato da Einaudi.

La nuova traduzione di “Sotto il vulcano”

Questo pezzo è uscito su Robinson-Repubblica, che ringraziamo. di Nicola Lagioia “Può essere considerata una sorta di sinfonia, o un’opera, perfino un western. È una profezia, un monito politico, un criptogramma, una musica hot, una canzone, una tragedia, una commedia, una farsa e così via”. Con queste parole Malcolm Lowry descriveva Sotto il vulcano a […]

Quello che Dave Eggers dice nel suo ultimo romanzo

«Come ho detto l’altro giorno, se ci fosse una specie di progetto per quelli come me, penso che potremmo davvero fare del bene».
«Stai parlando ancora di quei canali?»
«Un canale, un’astronave. Una colonia sulla luna. Anche solo un ponte. Che ne so. Ma girare in tondo, starsene seduti, mangiare a tavola… non funziona. Abbiamo bisogno di qualcos’altro».
«Che cosa vorresti costruire? Il mondo è già stato costruito».
«E quindi devo andare al passo in un mondo già costruito? È uno scherzo?»
«È lo scherzo in cui vivi».

Siamo alle battute finali dell’ultimo romanzo di Dave Eggers, I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?, pubblicato da Mondadori con traduzione di Marco Rossari.

La donna che sparì in un telefono

di Marco Rossari

Che cosa c’è di tanto speciale lì dentro.

Solo dopo quella frase decise di fare sul serio.

Prima sapeva solo di averlo sempre con sé. Passeggiava fissando il display, soffriva durante la doccia quando non poteva tenerlo con sé, controllava gli account tra le venti-trenta volte prima di andare a dormire. Spesso si svegliava dopo mezz’ora di sonno: giusto per verificare le notifiche, lo stato di salute online, la vita.

Come tutti.

Niente di che.

Restituire le palle a Dio. Breve storia del dottor Hunter S. Thompson

Questo pezzo è uscito sul numero di aprile di Blow Up.

Ventidue fucili, esposti in una teca nella cucina dell’Owl Farm, il complesso fortificato nel cuore del nulla di Woody Creek, Colorado. Ventidue fucili nella teca senza lucchetto e lui che immerso nella neve fino alle ginocchia, gambe a fisarmonica, maniche di camicia, feluca e una sigaretta penzolante da un bocchino all’angolo del labbro, punta una 44. magnum alla sua macchina da scrivere. La vita del dottor Hunter S. Thompson è tutta qui: un elenco di gesti plateali, di uscite spettacolari, senza riuscire a stare fermo ma costantemente annoiato al punto di non poter fare a meno di auto-stimolarsi infilandosi nelle situazione più assurde, con in corpo un ammontare di litri di alcol e droghe sintetiche da abbattere un pugile professionista.

Perdersi è meraviglioso, di David Lynch

Pubblichiamo un estratto da Perdersi è meraviglioso. Interviste sul cinema di David Lynch e vi ricordiamo il doppio appuntamento dedicato al regista: stasera alla Santeria a Milano con il traduttore Francesco Graziosi e Marco Rossari e domenica al Pisa Book Festival.

Un’intervista a David Lynch
di Kristine McKenna

La seguente conversazione con David Lynch ha avuto luogo nella sua casa sulle colline di Hollywood la mattina dell’8 marzo 1992. Il giorno in cui abbiamo parlato, Lynch era appena tornato a Los Angeles da New York, dove aveva lavorato insieme al compositore Angelo Badalamenti alle musiche dell’imminente adattamento delle sua serie televisiva I segreti di Twin Peaks; il giorno seguente doveva ripartire per Berkeley, dove trascorrerà i prossimi mesi a missare il sonoro del film. Lynch è perennemente in viaggio, e non sorprende che la sua vasta casa a più piani dia la sensazione di una dimora il cui occupante è via per buona parte del tempo. È quasi spoglia – qualche sedia anni Cinquanta, un divano basso e un tavolino – dipinta con colori spenti, e non c’è nulla alle pareti (di recente Lynch ha comprato due stampe della sua fotografa preferita, Diane Arbus, ma non le ha appese). Nella cucina si trovano la sua preziosa macchina del cappuccino insieme a pile ordinate di copioni, video e libri. È la casa di un uomo indaffarato: non c’è alcuna traccia di ozio e relax.

Se la letteratura diventa un gioco

Pubblichiamo una recensione di Giorgio Vasta, uscita su «Repubblica», sul libro di Marco Rossari «L’unico scrittore buono è quello morto» (Edizioni E/O).

Il campo letterario italiano è un luogo che sembra esistere ai limiti dell’indicibile. Per qualcuno è un inferno senza vie d’uscita, qualcun altro lo descrive come una zona depressa e deprimente, altri ancora obiettano che pur essendo lontano dal migliore dei mondi possibili è comunque un contesto all’interno del quale si lavora cercando di potenziare ciò che c’è di buono. Raccolte le testimonianze permane la sensazione che quella cosa – il punto nel quale confluisce l’esperienza di chi scrive, di chi decide cosa pubblicare e di chi leggerà ciò che è stato pubblicato – sia invincibilmente opaca. Cercare di comprenderla, continuare a interrogarla, vuol dire votarsi a un’esperienza di frustrazione.

Con L’unico scrittore buono è quello morto (edito da e/o) Marco Rossari sceglie di interrogare la cosa opaca mappandola ironicamente attraverso un libro che ha la forma di uno zibaldone, quasi a sottintendere che è nell’affastellarsi di testi eterogenei – ventidue racconti veri e propri, aforismi, bozzetti, pensieri improvvisi e acutissimi – che si può rendere conto della natura caotica e imprendibile del campo letterario; e che sorridere di ciò che accade – della sua deformazione rivelatrice – serve a produrre una conoscenza critica (e autocritica) dei fenomeni.

Identità tornado

Questo articolo è apparso su Repubblica. A Los Angeles, in California, c’è un cratere in eruzione. Questo cratere non genera lava: genera immaginazione narrativa, un magma di intuizioni sempre diverse l’una all’altra. Talmente diverse – fermo restando il denominatore comune del romanzo – da far pensare che dietro narrazioni così difformi non possa che esserci […]