La mia piccola estate austriaca (al Lido di Venezia)

Tra qualche animo facile allo spavento, ha destato scandalo il fatto che, subito dopo la vittoria dello Strega, rispondendo alle tante domande dei giornalisti, a un certo punto mi sia trovato a parlare anche di Grecia. Parlare di politica – abbagli compresi – fa parte della tradizione letteraria europea, a cui può capitare che io non mi sottragga.

L’accusa di un doppio binario (usare codici diversi, a seconda che si scriva un romanzo o si intervenga sulla vita pubblica) la scaglia di solito chi ama più un’ideologia che la letteratura. Sempre che della letteratura si conoscano i meccanismi. E sempre che l’ideologia non sia quella di un sé ferito, verso la quale ho sempre comprensione.

Faccio un esempio. Matteo Salvini, che sulla pagina di un quotidiano attaccherei in modo deciso (mi interessano in quel caso i valori e le idee di cui si fa portatore, non l’uomo in sé), se fosse invece il personaggio di un mio romanzo diventerebbe subito un mio simile, un fratello. Cercherei di diventare io stesso, Matteo Salvini (“Matteo Salvini c’est moi”), pur di renderlo letterariamente credibile. Ci vuole dello spirito, del resto, per dire “sono una cretina” (Flaubert su Bovary).

A ogni modo, in questa estate mi ha fatto compagnia il Majakovskij di Serena Vitale. E poi, sollecitato da Marco Belpoliti per gli amici di Doppiozero, ho denunciato altre mie letture estive. Eccole. L’autodenuncia non merita almeno un’attenuante? Buone giornate.

di Nicola Lagioia

Nell’estate del disfacimento dell’idea di Europa per come l’avevamo immaginata, mi rifugio da settimane in ciò che fu il cuore del nostro continente prima del doppio suicidio – le due guerre mondiali – che pose fine alla modernità. Nell’estate del 2015 provo a inseguire il fantasma dell’Austria, sempre che io ne sia degno, lo spettro di due autori in particolare: Trakl e Musil.