Le sottoculture come modello per un futuro di comunità

Questo pezzo è uscito su Che-Fare.

How a culture comes again, it was all here yesterday
And you swear it’s not a trend, doesn’t matter anyway

Nirvana, Aero Zeppelin, 1988

un addio con il rock
la foto di un cuore di carta un cuore fatto con un
manifesto per concerto appallottolato
sarebbe ora di mettersi il cuore in pace
con grande dispiacere di molti siamo di nuovo all’anno zero

Nanni Balestrini, Blackout (1979)

 

I.

Il modello ideale per gestire la “transizione” italiana attuale, per predisporre un immaginario più coerente e funzionale di quello vigente, e soprattutto per far sì che le dimensioni dell’innovazione culturale, politica, sociale, economica finalmente si sostengano a vicenda rimane sempre e comunque quello delle sottoculture: qualcosa che il nostro Paese, non a caso, ha conosciuto a differenza di altri finora in forma unicamente embrionale e subliminale.

Tranquillo, non importa. Dedicato a Kurt Cobain

Pubblichiamo l’introduzione di Christian Caliandro all’ebook collettivo “Tranquillo, non importa” (Edizioni Sette Città) a cura di Daniele Piovino, interamente dedicato a Kurt Cobain in occasione dell’uscita nelle sale italiane del documentario “Montage of Heck”, e liberamente scaricabile qui (da Ultimabooks, Amazon e Kobo, o anche in pdf). 

È strano ciò che sta accadendo – mentre esce oggi anche nelle sale italiane Cobain: Montage of Heck, il documentario diretto da Brett Morgen.

È come se la generazione grunge italiana stesse, di fatto, sbocciando e fiorendo solo adesso. In Bloom.

Allora (allora significa un pugno di mesi e di anni: tra l’apparizione di Nevermind e la sua onda lunga, i mitologici concerti italiani, la performance a “Tunnel” e il coma a Roma e la fine) avevamo più o meno tra i dieci e i vent’anni: anche gli autori di questo ebook collettivo sono tutti nati tra i primi anni Settanta e la seconda metà degli anni Ottanta.

Tre cose su Kurt Cobain, vent’anni dopo

Il 5 aprile 1994 moriva Kurt Cobain. Lo ricordiamo con un ritratto di Liborio Conca.

Si trasforma in un teppista del rock’n roll

In un pezzo scritto nell’ottobre del 1966, Luciano Bianciardi racconta del tour italiano di Jack Kerouac: era reduce da una «sbornia transoceanica», a Londra dovettero portarlo da un aereo all’altro in ambulanza. Nell’albergo milanese che lo ospita riesce a nascondere una bottiglia di whisky nel bagno – quando gli assistenti la scoprono, ne versano il contenuto nel lavandino. «Ma una bottiglia Jack la trova sempre», scrive Bianciardi, che poi si meraviglia di come in un’intervista televisiva trasmessa più tardi «l’Omero della generazione perduta e sbatacchiata» appaia invece ripulito.