Il work in progress di Lucia Calamaro e il destino dell’editoria teatrale

Di cosa parliamo quando parliamo di scrittura per il teatro? Negli ultimi decenni del secolo scorso una certa predominanza del teatro di regia, a cui ha fatto da contraltare una ricerca particolarmente “visionaria”, ha messo in un cono d’ombra la possibilità che ha il teatro di raccontare storie. Almeno in Italia e nell’Europa continentale. Negli U.S.A., invece – dove sono stato di recente per un progetto sulla traduzione di drammaturgie italiane intitolato “Italian Playwright Project” – il re è sempre stato l’autore e continua ad esserlo.

Che cosa vogliamo da un assessore alla cultura a Roma

Sarà solo questione di percezione da cronache locali ma in questi giorni mi pare che Ignazio Marino si sia risvegliato dopo un prolungato letargo di vari mesi in cui è riuscito nell’impresa non facile di inimicarsi qualunque suo sostenitore della prima, della seconda, e dell’ultim’ora. Non so quanti articoli ho letto contro di lui sui quotidiani nazionali e romani, non so se lui stesso si sia reso conto del risentimento diffuso per la sua inerzia (“Manco sotto Carraro ho visto ‘na roba del genere”), non so se ha idea di quanti morti si becca ogni sera verso le sei dai pendolari sulla Ostiense-Viterbo o sulla Fara Sabina-Fiumicino “lui e quella sua cazzo di bicicletta”, non so quante persone anche a lui vicine mi hanno detto: ‘Non lo sopporta nessuno, fa tutto da solo, si crede stocazzo’, non so se lui sappia che tutti nel suo partito lo chiamano con sprezzo l’Allegro Chirurgo, non so quanto siano martellanti per le sue orecchie le voci che vorrebbero elezioni anticipate e una candidatura di Marianna Madia al suo posto addirittura il prossimo inverno… Di fatto, leggendo distrattamente i giornali, l’ho rivisto comparire in giro questi giorni, più tonico del solito, più assertivo – forse qualche ufficio stampa ha cercato di rivedere un po’ la strategia comunicativa che l’ha portato a essere in un anno di Campidoglio più odiato di Alemanno, e vi giuro non era facile.

L’Italia non è un paese per drammaturghi

Questo articolo è uscito su Europa.

Uno dei tre quattro libri italiani più belli usciti negli ultimi due anni è Il ritorno della madre di Lucia Calamaro, costa venti euro e l’ha pubblicato Editoria e Spettacolo. Sicuramente non l’avete letto, ma non è colpa vostra. L’editore fa quello che può, le librerie ne hanno ordinate al massimo una copia scomparsa nel giro di un mese, sulla stampa praticamente nessuno ne ha parlato. Eppure questo libro è un capolavoro: la raccolta dei suoi testi teatrali principali Tumore, Magick e quell’Origine del mondo la cui messa in scena le ha regalato tre premi Ubu 2013. Un uso virtuosistico di una lingua cerebrale, una narrazione beckettiana in cui all’immobilismo scenico fa da contrappunto la verbigerazione: il caso della Calamaro è la punta inferiore di un iceberg rappresentato dalla scena drammaturgica italiana.

Perdutamente al Teatro India

Perdutamente: dal 3 al 21 dicembre 2012 al Teatro India, Roma

Comunicato stampa

Giugno 2012: il direttore di Teatro di Roma Gabriele Lavia invita diciotto compagnie romane ad una factory, un cantiere nel cantiere al Teatro India, e a un percorso di lavoro intorno al tema della Perdita.

Ottobre 2012: il Teatro India è il Teatro India. È semplicemente ciò per cui sembra essere stato pensato, spazialmente e artisticamente: un luogo aperto al lavoro d’immaginazione e sperimentazione delle diverse forme di spettacolo dal vivo.