Tempo fuori sesto. Guy Debord contro la Modernità 1

Pubblichiamo la prima parte di un testo di Raffaele Alberto Ventura su Guy Debord.

Nell’eredità del situazionismo c’è qualcosa di paradossale. Da una parte, i concetti elaborati tra il 1952 e il 1968 in seno all’Internazionale Lettrista e poi Situazionista sono pervenuti a una posizione egemonica, costituendosi come sovrastruttura ideologica del sistema del consumismo culturale: parte integrante del cosiddetto «nuovo spirito del capitalismo». Ma d’altra parte proprio nel Sessantotto, e proprio con La Società dello Spettacolo, Guy Debord dava corpo a una riflessione tragica sulla modernità che oggi nutre varie forme di pensiero più o meno reazionario – dalla Nouvelle Droite di Alain de Benoist a certe frange dell’anarco-primitivismo. Per semplicità, diremmo che vi sono due modi di «recuperare» il situazionismo, l’integrato e l’apocalittico. Si potrebbe allora credere che le contraddizioni del post-situazionismo rispecchino le contraddizioni del situazionismo, e magari le trasformazioni del pensiero di Guy Debord. In verità, come mostreremo, non c’è alcuna contraddizione, e ben poche trasformazioni. Apocalittico e integrato sono le due facce di una medesima medaglia.