Anatomia della vergogna
Questo pezzo è uscito sul manifesto. (Immagine: Sally Mann.)
«Shame, shame, shame on you» («vergogna, vergogna, vergogna»). È stato questo uno degli slogan più diffusi tra i manifestanti che hanno dato vita a Occupy Wall Street. Una denuncia morale e insieme politica, rivolta alla classe dirigente, all’élite politica e finanziaria, alla cinica oligarchia (l’1% vs il 99%) ritenuta colpevole di aver difeso i propri interessi, il particulare guicciardiniano, invece di promuovere e garantire uguaglianza e benessere collettivo. Ma che differenza c’è tra il ricorso alla vergogna da parte degli occupanti di Wall Street e quella del campione dell’«Italia della corruzione, dell’imbroglio, dei familismi, dell’evasione fiscale», l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che a più riprese ha gridato «vergogna, vergogna, vergogna!», rivolgendosi all’opposizione, alla magistratura, alla stampa critica, a chiunque si opponesse anche solo timidamente al suo prometeismo autoritario? Chi può arrogarsi il diritto di stabilire cosa debba essere considerato vergognoso? Cosa distingue il buon uso della vergogna, espressione di una passione politica, «una passione del Sé e del proprio essere con gli altri, del radicamento nella vita quotidiana», dal cattivo uso della vergogna, espressione di risentimento e rabbia, volta a distruggere la coesione sociale?
Il cavaliere oscuro: il ritorno. Dell’apocalisse
Pubblichiamo un pezzo di Christian Caliandro uscito in forma ridotta su «Artribune».
“Io non volevo che lei tornasse a Gotham.
Sapevo che per lei non c’era niente qui,
eccetto sofferenze. Volevo di più per lei!
E lo voglio ancora.”
ALFRED
“La sofferenza tempra il carattere.”
MIRANDA TATE
“Io ho paura di morire qui, mentre la mia
città brucia, e non c’è nessuno a salvarla.”
BRUCE WAYNE
Tommaso Puzzilli ha fatto carriera
Pubblichiamo un’intervista uscita sul «Mucchio» di settembre, a Walter Siti.
di Tito Lima
Incontriamo Walter Siti nel suo appartamento a Prati, a pochi passi dai musei vaticani. Tra qualche settimana lascerà Roma per trasferirsi a Milano. È una torrida giornata d’estate. Nel pomeriggio i sismografi registrano una piccola scossa di terremoto nella capitale. Di altri terremoti, dell’anima e del corpo, e del potere del denaro nell’ultimo romanzo Resistere non serve a niente si occupa da sempre Siti, instancabile indagatore dell’uomo, italiano in particolare: ecco un grande autore contemporaneo.
Abbiamo il “vantaggio” di fare questa chiacchierata a qualche tempo dall’uscita di Resistere non serve a niente. Diversi commentatori si sono soffermati sul suo romanzo cogliendovi soprattutto un eccesso di pessimismo. Si aspettava questo tipo di reazione dominante?
OWS: notizie da Zuccotti Park
Partendo da due libri con l’omonimo titolo «Occupy Wall Street», uno di Riccardo Staglianò uscito per Chiarelettere, l’altro di autori vari appartenenti al movimento uscito per Feltrinelli, Alessandro Leogrande fa il punto sulla protesta dopo lo sgombero di Zuccotti Park in questo articolo uscito su «Saturno».
Può esistere un movimento senza leader? Quando la totale orizzontalità di un movimento di protesta rischia di rovesciarsi nel suo contrario, o addirittura di diventare controproducente? Sono queste le domande che attraversano due libri usciti di recente. Hanno il medesimo titolo, Occupy Wall Street, e costituiscono un dettagliato resoconto di quanto è accaduto negli ultimi mesi del 2011 a Zuccotti Park. Il primo, edito da Chiarelettere, è un reportage “dentro la protesta” di Riccardo Staglianò; il secondo, edito da Feltrinelli, è un lavoro collettivo nato dall’interno dei gruppi di lavoro del movement. Eppure, per essere un testo “interno”, è notevolmente autocritico e pieno di spunti di riflessione.
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