La “funzione-conversazione” e la “riserva oscura”. Due letture dei Fratelli Michelangelo
[Pubblichiamo due riflessioni, firmate dallo scrittore e critico Paolo Di Paolo e dal poeta Tommaso Lisa, intorno all’ultimo romanzo di Vanni Santoni I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019)] * * * Non abbiate paura dei Buddenbrook di Paolo Di Paolo Non abbiate paura dei Buddenbrook. Il grande romanzo di famiglia non è mai archiviato per sempre. […]
Essere genitori e figli: “Lontano dagli occhi” di Paolo di Paolo
Sei personaggi. Tre donne incinta agli sgoccioli di una gravidanza. Luciana, che lavora nella redazione di un giornale è innamorata dell’irlandese, sparito, forse a Dublino – subito dopo aver saputo che diventerà padre. Valentina, adolescente, inchiodata ad un banco di scuola rifiuta Ermes che l’ha messa incinta; Ermes giovanissimo che non sa dove mettere le mani, e le famiglie dietro, come un muro di ostinata negazione.
E infine Cecilia, che vive tra la strada e una casa occupata, che gironzala con il suo cane Giobbe: testimone silenzioso, ombra, compagno di vita, alla quale la ragazza si affida come fosse lui, un padre. Lei aspetta il figlio di Gaetano, il più “disponibile” dei padri di questa storia, con il quale però manca l’affinità. L’amore non è una faccenda scontata.
Carne da canone
di Luigi Loi
L’occidentale credeva ingenuamente che le opere d’arte belle fossero anche le più importanti. Abbiamo collocato Bach, Mozart, i Beatles al centro di questa geografia dell’importanza. Peccato che la storia prima o poi metta tutti in imbarazzo. Nel loro tour in Italia del 1965 i Beatles furono accompagnati da Peppino di Capri. Dopo più di 50 anni l’aneddoto ci fa sorridere perché dimentichiamo una cosa: il bello in termini assoluti non esiste, il bello ha sempre un contesto e una storicità. I Beatles hanno influenzato tutte le successive generazioni di musicisti, oggi sono belli e imprescindibili. Nel 1965 anche Peppino di Capri evidentemente lo era.
Insomma, quello che accade in musica accade in letteratura, perché anche qui dove sta il bello nessuno più osa dirlo con certezza. Se venisse lanciato un nuovo programma Voyager, cosa decideremmo di mettere dentro la piccola libreria italiana per extraterrestri?
Antigone e gli scrittori dégagé
Pubblichiamo di seguito un intervento di Valeria Parrella in risposta a un articolo di Paolo Di Paolo. Entrambi i pezzi sono usciti sull’Espresso, assieme a quelli di altri scrittori. Ringraziamo la testata e l’autrice (nell’immagine: morte di Hotspur).
di Valeria Parrella
“Se viviamo è per marciare sulla testa dei re” fa dire Shakespeare a Hotspur nell’Enrico IV. È così il Bardo: un intellettuale impegnato, al punto che la sua vis politica, traghettata dentro le opere, sale ancora sui nostri palcoscenici a dirci cosa appartiene all’uomo (quando egli è un Uomo).
Tiresia, nell’Antigone di Sofocle, mette in guardia Creonte dalla hỳbris, dalla tracotanza del tiranno di sapere cosa è giusto o meno fare non “per” i cittadini, ma “dei” cittadini, per esempio del loro corpo. Anche Sofocle era dunque un intellettuale engagé e usava lo stesso sistema di Shakespeare: faceva parlare i personaggi. Torno al 400 avanti Cristo e me ne vado a spasso per la letteratura europea – ma ha davvero un tempo e una latitudine, la letteratura? – per ragionare su quello che Paolo Di Paolo ha sostenuto la settimana scorsa su l’Espresso, in un articolo vibrante di passione.
Quali maestri?
Questo pezzo è uscito sul numero di Linus attualmente in edicola.
La domanda nasce come un gioco davanti a una vecchia pubblicità (apparsa su linus nel maggio 1976): chi può spiegarci, oggi, “perché siamo diventati come siamo”? Chi potremmo metterci al posto di quei tre (Elio Vittorini, Alberto Moravia, Eugenio Montale)? e conduce fatalmente a interrogarsi sull’endemico senso di inferiorità che attraversa il nostro paesaggio culturale. Osservare quegli illustri scrittori prima ancora che uno sforzo d’intelligenza storica, di critica letteraria o militanza culturale, ha tutta l’aria di un esperimento emotivo. Come ci sentiamo, come vogliamo sentirci rispetto al nostro tempo?
Chi continueremo a leggere in futuro?
Il numero 7 della rivista «Orlando Esplorazioni» è dedicato ai “venerati maestri” della generazione di scrittori che oggi hanno tra 50 e 70 anni. I curatori Paolo Di Paolo e Giacomo Raccis hanno realizzato un sondaggio interpellando critici e lettori esperti tra i 20 e i 40 anni chiedendo loro di rispondere con tre nomi alla domanda: chi, tra i 50-60enni di oggi, continueremo a leggere in futuro? Su «Orlando Esplorazioni» si può leggere la lista intera di chi ha risposto e l’esito delle votazioni. Walter Siti e Antonio Moresco compaiono ai primissimi posti della classifica. A loro sono dedicare due brevi schede critiche che pubblichiamo qui.
La rivista sarà disponibile a partire da giovedì 14 maggio, presso lo stand di Giulio Perrone Editore al Salone Internazionale del Libro di Torino e poi nelle principali librerie. (Fonte immagine)
Walter Siti
di Lorenzo Marchese
Walter Siti, dopo un lungo apprendistato di critico letterario fra la Normale di Pisa, la contestazione del ’68 e Nuovi argomenti dalla parte di Pier Paolo Pasolini, ha esordito col libro monstre Scuola di nudo (1994): un’opera che, in conformità alle intenzioni del suo autore, può essere interpretata come il suo ultimo romanzo, oppure come una sfida estrema lanciata all’ambiente universitario pisano del tempo e, su vasta scala, a una letteratura che a quell’altezza di rado osava superare le centocinquanta pagine mettendo un io troppo volumetrico e riconoscibile al centro.
Sui giornali che chiudono
Questo articolo è uscito su l’Unità.
Ogni volta che, negli ultimi anni, un giornale ha rischiato di chiudere, o ha finito per farlo, mi è capitato di pensare istintivamente a un capitolo dell’Orologio di Carlo Levi in cui si racconta l’estrema fatica di fare un giornale – ogni giorno, quindi ogni notte – nella Roma dell’autunno del 1945, a pochi mesi dalla Liberazione.
Levi era allora direttore di “L’Italia libera”, organo del Partito d’azione, ma il racconto che fa della vita redazionale vale per tutti i giornali che nascevano dall’esperienza del Cln, o che si andavano rinnovando dopo gli anni di guerra. Non c’era niente, mancavano soldi, risorse, perfino la carta: gli ultimi articoli si scrivevano in fretta e furia in un bugigattolo ricavato in tipografia, la luce andava via a singhiozzo interrompendo il processo di stampa per molte ore. Ma alla fine i giornali uscivano.
Alberto Moravia e l’Europa
Questo pezzo è uscito su l’Unità.
di Paolo Di Paolo
In vista delle elezioni europee, è un libro da rileggere. Il Diario europeo di Alberto Moravia, legato all’esperienza di parlamentare a Strasburgo negli anni Ottanta, è incredibilmente attuale. Un esempio a caso? Le osservazioni che Moravia fa sul rapporto in Europa fra particolarismi nazionali e universalismo culturale sembrano scritte ieri: l’autore degli Indifferenti paragona l’Europa a una stoffa double-face, su un lato una tessitura multicolore come un patchwork, sull’altro una sola tinta viva e profonda. L’universalismo culturale europeo, sosteneva Moravia, come un temporale improvviso, imbeve di tanto in tanto un territorio disegnato da confini, frontiere, limiti di proprietà. Ma questa pioggia fecondante è tutt’altro che tranquilla, è invece esplosiva e drammatica. Non vi sembra che siamo ancora lì, alle prese con le stesse questioni?
I doveri di uno scrittore oggi
Questo pezzo è uscito sull’ultimo numero di Nuovi argomenti, da pochi giorni in libreria, intitolato “La rivista che sapeva troppo”, che contiene, fra i molti, scritti di Francesco Piccolo, Giuseppe Rizzo, Ben Lerner, Keith Gessen, Antonella Lattanzi, Paolo Di Paolo, e un’antologia critica sulla nuova narrativa italiana a cura di 404 File Not Found
di Claudio Morici
Uno scrittore oggi deve osservare la realtà.
No. Uno scrittore oggi deve osservare dentro se stesso.
Uno scrittore oggi deve leggere molto.
Uno scrittore oggi sta troppo tempo sui libri, quello che dovrebbe fare è vivere davvero!
Uno scrittore oggi non può “vivere davvero”, altrimenti quando scrive?
Uno scrittore oggi non conta più nulla.
Mai come oggi c’è bisogno dello scrittore!
Parlare del Premio Strega leggendo i libri del Premio Strega. Quarta puntata: “Figli dello stesso padre” di Romana Petri.
di Christian Raimo e Francesco Longo CR Francesco, riprendiamo. Siamo arrivati a Romana Petri, e ti posso dire – con Perissinotto mancante – che questa cinquina mi ha un po’ deluso. Ossia anche questo libro io non l’avrei veramente messo tra i cinque migliori libri dell’anno, ma nemmeno nei primi 500. Ripartirei dalla definizione che […]
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Stato dell’arte e proposta teorica