Chi continueremo a leggere in futuro?

Il numero 7 della rivista «Orlando Esplorazioni» è dedicato ai “venerati maestri” della generazione di scrittori che oggi hanno tra 50 e 70 anni. I curatori Paolo Di Paolo e Giacomo Raccis hanno realizzato un sondaggio interpellando critici e lettori esperti tra i 20 e i 40 anni chiedendo loro di rispondere con tre nomi alla domanda: chi, tra i 50-60enni di oggi, continueremo a leggere in futuro? Su «Orlando Esplorazioni» si può leggere la lista intera di chi ha risposto e l’esito delle votazioni. Walter Siti e Antonio Moresco compaiono ai primissimi posti della classifica. A loro sono dedicare due brevi schede critiche che pubblichiamo qui. 

La rivista sarà disponibile a partire da giovedì 14 maggio, presso lo stand di Giulio Perrone Editore al Salone Internazionale del Libro di Torino e poi nelle principali librerie. (Fonte immagine)

Walter Siti

di Lorenzo Marchese

Walter Siti, dopo un lungo apprendistato di critico letterario fra la Normale di Pisa, la contestazione del ’68 e Nuovi argomenti dalla parte di Pier Paolo Pasolini, ha esordito col libro monstre Scuola di nudo (1994): un’opera che, in conformità alle intenzioni del suo autore, può essere interpretata come il suo ultimo romanzo, oppure come una sfida estrema lanciata all’ambiente universitario pisano del tempo e, su vasta scala, a una letteratura che a quell’altezza di rado osava superare le centocinquanta pagine mettendo un io troppo volumetrico e riconoscibile al centro.

A sessant’anni da “Quarta generazione. La giovane poesia”

Questo pezzo è uscito su Alias/il manifesto.

di Diego Bertelli

Esistono oggi in Italia premi letterari dedicati espressamente alla poesia «giovane», così come ci sono antologie contemporanee il cui criterio selettivo non sfugge alla rigidità del dato anagrafico per sostenere selezioni di poeti che siano, prima di tutto, «giovani». Sempre in Italia, anche un recente film sulla vita e le opere di Giacomo Leopardi finisce per intitolarsi, fatalmente, Il giovane favoloso. Se a questa serie di ricorrenze si aggiunge la ristampa anastatica di Quarta generazione. La giovane poesia (1945-1954), antologia curata nel 1954 da Pietro Chiara e Luciano Erba e riproposta nel 2014 dalla Nuova Editrice Magenta di Varese, una presenza così assidua dell’aggettivo «giovane» arriva a farsi addirittura sorprendente. La questione assume connotati ancor più interessanti se pensiamo che il titolo di Quarta generazione sarebbe dovuto essere, secondo le intenzioni iniziali, La giovane poesia.

Ricordo di Eduardo Galeano che non ha mai smesso di abitare né di scrivere dalle parti del cuore

«Non ho un dio. Se lo avessi, gli chiederei di non farmi arrivare alla morte. Ho ancora molto da camminare. Ci sono lune alle quali non ho ancora abbaiato e soli che non mi hanno ancora acceso». Con o senza un dio, è arrivato un tumore al polmone e così è morto Eduardo Galeano, ieri mattina, nella stanza 503 dell’ospedale del Sindacato Medico di Montevideo. Dov’era nato il 3 settembre 1940, dov’era vissuto prima e dopo i lunghi anni d’esilio. Gli ultimi anni nel quartiere Malvin. Cenava spesso in un ristorante italiano, ai muri foto che lo ritraevano con Saramago, Skármeta, con il cantautore catalano Joan Manuel Serrat.

Il suo libro più famoso, Le vene aperte dell’America Latina , lo scrisse a 31 anni. Era un appassionato e documentato grido anticolonialista, partiva dal periodo precolombiano e arrivava alle multinazionali del petrolio e delle banane, a tutti quelli che avevano sfruttato le ricchezze di un continente lasciandolo sempre più povero, analfabeta, schiavo.

Tra un manifesto e lo specchio e un’altra sigaretta. Una (lunga) intervista a Francesco De Gregori

Alla quindicesima sigaretta del pomeriggio, Gitanes senza filtro, Francesco De Gregori dice: “E’ vero, vent’anni fa, ma anche dieci anni fa, non l’avrei mai fatto”. Andare a “X Factor”, ricantare Alice con Ligabue, scherzare con Checco Zalone, scrivere una canzone per un film di Paolo Genovese, fare un audiolibro su “America” di Kafka (e prima “Cuore di tenebra” di Conrad), entrare in un video di Fedez, non leggere cinque giornali ogni giorno, non guardare otto tg e sentirsi bene lo stesso, telefonare e dire: devi ascoltare assolutamente Caparezza, è meraviglioso. E passare le ore prima del concerto (il primo del tour di “Vivavoce”, a Roma) nei cunicoli del Palalottomatica non soltanto con i fonici, la band, il giovane cantante emozionato che aprirà il concerto, le Gitanes, il caffè e Ambrogio Sparagna che suona l’organetto in due canzoni riarrangiate assieme, ma anche sopportando lì seduto, o in piedi con la chitarra a riprovare Titanic, la cronista che accende il registratore e pretende di sapere che cosa c’è di diverso, adesso, in Francesco De Gregori. “Sarà per un fatto di maturità, e perché è cambiato il mondo intorno a me in meglio, ma è vero che è un po’ cambiato anche il modo in cui io lo guardo. Sono sempre stato aperto alle distanze. Se una cosa è distante da me non solo non mi fa paura, anzi mi eccita, ed è un processo assolutamente spontaneo, ma sostenuto da un ragionamento: so che non voglio chiudermi al mondo nell’area museale che potrebbe rappresentarmi perché ho scritto cinque, sei, dieci canzoni di quelle che rimangono. Non posso restare, nella mia testa, quello di Rimmel, io sono altro, sono anche Calypsos, Finestre rotte, non voglio fare il Bufalo Bill della canzone, che rievoca i tempi gloriosi del West su un palco a Sarzana o a Torino, e forse già inconsciamente lo sapevo nel 1976 quando ho scritto Bufalo Bill”. “Tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi, la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere”. De Gregori parla e dentro le persone che vanno e vengono e lo salutano e un po’ ascoltano quest’intervista, parte una musica, non muovono le labbra ma si capisce che stanno cantando.

Meraviglioso Boccaccio, Meravigliosi Taviani

Arriva al cinema Meraviglioso Boccaccio di Paolo e Vittorio Taviani. Paola Zanuttini li ha incontrati e raccontati sul Venerdì di Repubblica

Roma. Nel Maraviglioso Boccaccio, il Decameron dei fratelli Taviani, c’è un grande attore: un falcone che pianta in macchina uno sguardo da Anna Magnani. Stupito, deluso, tristissimo. Sentimenti comprensibili, perché il suo adorato padrone Federico degli Alberighi, già dissipatore di patrimoni in feste e giostre per amore dell’inespugnabile Monna Giovanna, ha deciso di arrostirlo. Anche Federico va capito. La Giovanna delle sue brame gli è capitata a casa all’improvviso e si è pure invitata a pranzo, ma in dispensa non c’è niente per farle onore: così le sacrifica l’ultimo bene, il compagno di cacce solitarie che, fra l’altro, gli aveva procurato chissà quanti arrosti prima di finire allo spiedo.

Ricordando Livio Garzanti

Si è spento a 93 anni l’editore Livio Garzanti. Lo ricordiamo pubblicando il capitolo dedicato alla collana “Romanzi moderni”, da lui diretta per la sua casa editrice, tratto da Storie di uomini e libri di Giancarlo Ferretti e Giulia Iannuzzi edito da minimum fax. (Fonte immagine)

di Gian Carlo Ferretti

Romanzi Moderni

Casa Garzanti è attiva dal 1939, quando il fondatore Aldo rileva Casa Treves (che per le leggi razziali emanate dal regime fascista non può proseguire l’attività). Ma la casa editrice assume nuovo e significativo rilievo a partire dal 1952, da quando prende la direzione Livio, il figlio trentunenne di Aldo Garzanti, che si rivelerà editore di notevole capacità e intelligenza, oltre che narratore di una certa finezza. Una svolta che riguarda anche i Romanzi Moderni a partire dal 1953 (ne è direttore di fatto lo stesso Livio Garzanti), nonostante la collana sia presente dal 1949.

Umani vs. androidi

Questo pezzo è uscito sul n. 23 del magazine di “Artribune”. (Immagine: Alexander Stocks-Odi nella serie tv Akta Manniskor-Real Humans)
Il nuovo secolo richiede evidentemente esseri fatti così: disumani. Androidi.

Persone-non persone, che coltivano finzioni di sentimenti e di emozioni. Che coltivano la superficialità, che coltivano con pervicacia un’esistenza superficiale: è richiesto, l’efficienza lo richiede. Non c’è spazio per la profondità, tantomeno per la cultura o la critica: sono tutte scocciature, fonti di irritazione. Inutili – neanche dannose.

Una lunga notte

Questo pezzo è uscito sul n. 22 di “Artribune”. 

L’inverno del ’43, a Ferrara, inItalia: una città livida, nebbiosa, in cui tutti i personaggi dall’inizio alla fine sentono freddo anche in casa – perché il freddo è dentro di loro. È dentro le persone.Il freddo è quello di un’atmosfera di totale insicurezza e precarietà, di minaccia indefinita che costantemente è presente e insieme lontana, tenuta a distanza di sicurezza (“bombardano Bologna…”). Il gelo è quello del trauma che sta avvenendo, lacerando il tessuto già fragile di una comunità cittadina e nazionale: le sicurezze piccolo-borghesi, il posto, l’attività professionale.

Pier Paolo Pasolini e la lunga strada di sabbia

Questo pezzo è uscito sul Corriere del Mezzogiorno.

Nel 1959 Pier Paolo Pasolini realizzò uno dei reportage più geniali che siano mai stati concepiti: percorrere in piena estate tutta la costa italiana da Ventimiglia a Trieste. Scendere lungo il Tirreno fino alla punta estrema della Calabria, passare lo Stretto, andare fino a Porto Palo e poi far ritorno sul continente. Costeggiare tutto il Golfo di Taranto e, dopo Leuca, risalire per la Puglia e la costa adriatica, su fino a Trieste. Il viaggio di Pasolini a bordo di una millecento tra le tante Italie in vacanza, agli albori del boom, uscì in più puntate sulla rivista “Successo” con il titolo “La lunga strada di sabbia”.

Da Contrasto, grazie alla collaborazione della cugina del poeta, Graziella Chiarcossi, viene ora ripubblicata in una nuova edizione la trascrizione integrale del dattiloscritto pasoliniano, contenente anche le parti che per ragioni di spazio vennero tagliate su “Successo”. Il volume è inoltre accompagnato dalle foto di Philippe Séclier, che anni dopo, muovendosi sulle tracce di Pasolini, ha ripercorso gli stessi luoghi estivi di allora trovando un’Italia ormai mutata.

Matera 2019. Da Carlo Levi a Twitter: il «futuro aperto» nasce tra i Sassi

Questo pezzo è uscito su “La Gazzetta del Mezzogiorno” di Oscar Iarussi Era ora. Una volta tanto vince il Sud e sarà Matera la capitale europea della cultura nel 2019, in coppia con la città bulgara di Plovdiv. L’annuncio poco dopo le 17 di ieri, a las cinco de la tarde sul meridiano della poesia […]