Chiedetelo al mio amico Pana se in Grecia la crisi è finita

Questo pezzo è uscito su Pagina 99. (Nella foto l’epigrafe sulla tomba di Nikos Kazantzakis con la celebre frase tratta dal suo ‘Zorba il greco”: “Non temo niente, non spero niente, sono libero”.)

Atene. Per misurare con una certa obiettività la rinascita greca dopo sei anni di recessione, ciascuno di noi – stranieri, estranei, non greci, barbari –  ha in mano parecchi strumenti. Il più veloce richiede un’ora scarsa: andata e ritorno in giornata. Basta prendere la metropolitana all’aeroporto, scendere a Monastiraki, incamminarsi per qualche centinaio di metri su Athinas, voltare a destra quando si aprono le immense porte del mercato centrale. Andate lì a fine mattina, quando i banchi cominciano a chiudere. Conquistate un angolo dove sedervi e contemplate. Lo spettacolo della varietà di uomini e donne che puntano sugli scarti alimentari va seguito, appunto, per un’oretta e la dice lunga e bene – più di qualsiasi cifra statistica.

L’impossibile equazione dell’amore

Questo pezzo è uscito su Pagina 99. (Immagine: Robert Doisneau)

«Non lo sapevo, l’ho sempre saputo» potrebbe dire Alessio Medrano, protagonista di Almanacco del giorno prima, il nuovo romanzo di Chiara Valerio appena pubblicato da Einaudi. Il motto appartiene a Merleau-Ponty, che lo riferiva a Hyppolite, l’applicava all’inconscio freudiano, ma doveva infine addebitarlo a Platone. Platone: è nota la sua teoria secondo cui ogni conoscenza sarebbe solo un ricordo. «Non lo sapevo, l’ho sempre saputo», cioè: io non ti conosco, ti riconosco.

Simone Weil è il più grande filosofo del Novecento

Il 3 febbraio del 1909 nasceva a Parigi Simone Weil. Pubblichiamo un articolo di Alfonso Berardinelli apparso sul Foglio e vi invitiamo a leggere un pezzo di Nicola Lagioia uscito su Orwell e su minima&moralia nel 2012.

di Alfonso Berardinelli

Qualche mese fa un giovane critico letterario, piuttosto polemico con le mie opinioni sia politiche che culturali (secondo lui indecifrabili, se non aberranti), mi ha chiesto in conclusione qual è, secondo me, il maggiore filosofo del Novecento. Non ho dovuto riflettere molto per rispondere: Simone Weil. Questa risposta, pur essendo accolta come un’ulteriore provocazione, sembrava anche offrire finalmente un chiarimento: perché certo Simone Weil la si sente nominare, ma non si sa mai come prenderla, non rimanda alle culture dominanti nel Novecento o le respinge, tiene insieme, non per moderatismo, ma per radicalismo, politica e religione, etica e gnoseologia: e quindi, soprattutto, non viene letta, esige molto dal lettore e disturba in particolare gli intellettuali e la loro categoria oggi prevalente, quella degli universitari. La Weil non ha confezionato trattati sistematici usufruendo di fondi di ricerca, e per questo dai filosofi di professione, abituati a rimasticare qualunque autore, spesso senza ragioni sufficienti, viene ritenuta a torto un pensatore non sistematico, teoreticamente inadeguato perché frammentario. Niente di meno vero. Simone Weil non ha costruito sistemi, edifici concettuali dentro cui ripararsi. La sua produzione è occasionale, profondamente motivata dagli eventi della sua vita e da quelli politici degli anni in cui è vissuta (il ventennio fra le due guerre mondiali). Ma i suoi articoli e saggi, i suoi diari e aforismi configurano un pensiero straordinariamente coeso e coerente, originale (parola a lei non gradita!) nella sua cartesiana lucidità e in una eroica onestà esistenziale.

Sia Lode Ora a una Città di Fama. New York, un personal essay

di Leonardo Merlini

1.

Lo skyline lo si affronta subito, sull’Airtrain che unisce i terminal dell’aeroporto JFK: è lì, chiarissimo nel controluce che sagoma, con la sua evidenza sfumata dalle nuvole. L’Empire State Building marca il proprio territorio e non ammette rivali, la Liberty Tower è solo una periferia della percezione, alta sì, ma distante dal cuore di una linea di iconicità che si staglia precisa prima nella testa di chi arriva a New York, piuttosto che nella effettiva percezione visiva dell’occasione. Come in un gioco di filosofie che si specchiano, la potenza, ossia l’idea di un panorama costruita pazientemente in anni di applicazione alla cultura di massa, prevale senza fatica sulla limitata portata dell’atto, condannato a una definizione di confini che lo rende automaticamente poco interessante. Così non è un caso, anzi è la manifestazione delle leggi di Harold Bloom[1], che alcuni giorni dopo tra gli scaffali di Strand Books trovi una copia autografa e scontata di How Literature saved my Life di David Shields, uno scrittore e critico che da anni si interroga sulla incommensurabilità tra il linguaggio e l’esperienza. Tradotto, tra l’arte e l’esistenza, quindi tra ciò per cui vale la pena vivere e ciò che dovrebbe essere questa cosa chiamata “realtà”… Potenza e atto di una settimana a New York[2], già racchiusi nella prima occhiata alla città, gettata da un ponte alla Arthur Miller, pochi minuti dopo aver superato i test d’ingresso dell’Immigration degli Stati Uniti. Prima che le cose succedano, prima che l’atto si manifesti, la potenza ha già giocato, e stravinto, la sua partita. Affannarsi, dunque, non vale la pena.

New Realism: Un dialogo con Antonio Gramsci

Questo pezzo è uscito su Orwell.

Pausa caffè: mi appare il fantasma di Antonio Gramsci. Mi chiede spiegazioni sul “nuovo realismo” di cui si parla molto sui giornali italiani; con un gesto di preghiera, mi ricorda la battuta di Maurizio Ferraris: è uno Spettro che si aggira per l’Europa!. La domanda è inevitabile. I convegni sul nuovo realismo si susseguono negli ultimi mesi al ritmo di urgenti vertici politici internazionali (New York, Torino, Bonn, Freiburg). Da ultimo se n’è parlato a Roma alla Fondazione Rosselli il 19-20 Novembre, a proposito di una batteria di libri tra cui Il senso dell’esistenza di Markus Gabriel (Carocci), La filosofia nell’età della scienza di Hilary Putnam (Il Mulino) e la miscellanea a cura di Mario De Caro e Maurizio Ferraris, Bentornata realtà (Einaudi). Nell’ultima sessione il discorso è passato sul piano politico, a partire da Quale filosofia per il Partito Democratico e la Sinistra? (a cura di Luca Taddio) e l’ultimo numero di Alfabeta2.

Col PIL che cresce del 4,2% la Turchia ringrazia Allah e l’Europa

Pubblichiamo un reportage di Matteo Nucci, uscito sul «Venerdì», sulla Turchia.

A un certo punto, dopo quasi una settimana di strade turche, risalendo la costa di quella che sui libri abbiamo studiato come Asia Minore, in un paesino sul mare di nome Gelibolu, di fronte a un raki che l’uomo ha voluto assolutamente offrirci, la domanda è lapidaria: “ma che fine ha fatto lo stile italiano? che fine ha fatto l’Italia? Il bunga bunga, sì, Berlusconi, certo, l’Europa. Eppoi? Qui siamo colpiti perché non si muove più nulla da voi, neppure al nord! Eravamo abituati allo stile italiano, sia nell’aspetto che nel dinamismo. E ora? Che è successo all’Italia?” L’uomo lavora in una ditta di import-export. Si chiama Serkan Palaur. È di Istanbul ma passa le ultime vacanze nella penisola di Gallipoli, dove il padre della patria, Kemal Mustafa, più tardi detto Atatürk, si fece per la prima volta conoscere dal mondo, tra il 1914 e il 15, diventando protagonista della vittoria sul tentativo di invasione di inglesi e francesi. “Che fine ha fatto lo stile italiano?” ripetiamo insieme a lui brindando al futuro. Serkan Palaur è così felice di vedere due italiani lì, a Gelibolu, nella sua trattoria preferita, che non ammette repliche. Il raki a inizio pasto va bevuto e lo deve offrire lui. Ma troveremo noi una risposta, prima che sia finito il pranzo? Ride, si sbraccia, ordina cose incomprensibili al cameriere. Infine, quando si alza, ridendo ci passa un bigliettino da visita con i suoi numeri. “Ci vediamo a Istanbul, se avrete trovato una risposta…” poi ride “Ma anche se avrete bisogno di qualcosa”.

Martha Nussbaum. Tutti i capricci della filosofia

Pubblichiamo un’intervista di Matteo Nucci, uscita sul «Messaggero», alla filosofa Martha Nussbaum

Una ventina di anni fa, mentre sognavo di realizzare una carriera accademica e passavo il giorno intero su brevi frasi di Platone, mi arrivò tra le mani un libro di cui si parlava fin dalla sua uscita americana. S’intitolava La fragilità del bene. Erano ottocento pagine in cui l’autrice newyorkese, Martha Nussbaum, rileggeva Platone, Aristotele, i tragici e i grandi temi etici del mondo classico. Mi entusiasmai. Io che soffrivo nell’estenuante lavoro filologico, mi trovavo finalmente di fronte a un lavoro di ampio respiro. “Così si deve fare”, dicevo al mio migliore amico, anche lui studioso e molto migliore di me, che scuoteva la testa e ripeteva “nulla di nuovo, nulla di nuovo”, sottoponendo a critica punto per punto le tesi del libro. Io ridevo e non gli davo ascolto. Del resto, di Martha Nussbaum si sparlava parecchio, come spesso capita nel mondo accademico di fronte a chi ha successo, e questa mi pareva la migliore conferma che quel mondo fosse, prima o poi, da abbandonare.

Il teologo che sogna la Chiesa del Concilio

Pubblichiamo un’intervista di Francesco Pacifico, uscita su «Repubblica», a Matthew Fox, autore del libro «La guerra del papa – perché la crociata segreta di Ratzinger ha compromesso la Chiesa (e come questa può essere salvata)» (Fazi).

Matthew Fox, americano, teologo ed ex domenicano, si era fatto riscoprire in Italia l’anno scorso con In principio era la gioia, un libro felice tutto improntato alla riscoperta della tradizione cristiana dell’amore per la natura – da Tommaso a San Francesco a Meister Eckhart, contro l’ossessione del peccato originale. La guerra del papa – perché la crociata segreta di Ratzinger ha compromesso la Chiesa (e come questa può essere salvata) (Fazi, 2012) è invece teso e oscuro. Qui Fox smonta pezzo a pezzo la vita e l’operato di Ratzinger, l’uomo che dopo una disputa durata tutti gli anni Ottanta ha allontanato Fox dall’insegnamento e dall’ordine domenicano nel 1993.

Il rimedio della dialettica contro il culo flaccido

di Christian Raimo Nella Metafisica Aristotele dice: inchiodali al loro linguaggio. Parla dei sofisti di basso livello, dei Megariti, di quella gente che non argomenta in modo preciso, che cerca di buttare tutto in caciara, il cui unico scopo è la delegittimazione dell’avversario. In questi ultimi tempi la battaglia delle truppe cammellate berlusconiane sta mandando […]