Il cinema italiano offre molto di meglio che “Perfetti sconosciuti”

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Sette amici a cena (tre coppie a diversi livelli di armonia, da idillio a catastrofe imminente, più l’amico separato sensibile e un po’ impacciato) decidono di condividere messaggi e telefonate che riceveranno nell’arco della serata, un po’ per gioco e un po’ per dimostrarsi a vicenda che non hanno niente da nascondere.

Invece sono pieni di segreti più o meno sordidi, e l’esperimento traligna in una resa dei conti che manderà all’aria le loro relazioni e le loro vite.

Attorno a questo spunto, che in una scuola di sceneggiatura verrebbe probabilmente utilizzato per illustrare agli studenti il concetto di idiot plot – coniato negli anni Settanta da Roger Ebert per indicare le trame che si risolverebbero da sole se i personaggi evitassero di comportarsi come degli idioti – si sviluppa Perfetti sconosciuti, commedia di Paolo Genovese premiata ai David di Donatello come miglior film italiano dell’anno.

Unioni civili e non: come ha risolto il problema Tennessee Williams

Rispetto della diversità, diritto a viverla e a condividerla, a mostrarla senza doversene vergognare, senza che qualcuno ritenga strano, ingiusto o “contro natura” che due spiriti affini vogliano vivere insieme ed avere gli stessi diritti di qualsiasi altre due persone nella stessa condizione emotiva e spirituale, a prescindere dal sesso degli esseri umani in questione.

Non ci riferiamo al Governo italiano, ai suoi più o meno degni rappresentanti e alla via crucis della legge sulle unioni civili, che di civile sembra aver conservato ben poco. No, qui parliamo di un uomo che di questi temi discuteva e scriveva già negli anni ’50 del Novecento, con molti meno tabù e molto più coraggio di fronte a una platea di conservatori che non condividevano il suo punto di vista e, ciononostante, non potevano smettere di andare ad ascoltare le sue parole.