La leva calcistica italiana del ’64

Questo pezzo è uscito sull’ultimo numero della rivista Icon.

Quando a metà del secondo tempo gli venne chiesto di scaldarsi, Salvatore Schillaci si rivolse all’allenatore Azeglio Vicini: “Mister, ma sta dicendo a me?”.

Era la prima partita del Mondiale del 1990, l’Italia stava dominando l’Austria ma non riusciva a segnare. Schillaci aveva ventisei anni e quella era la sua seconda presenza in assoluto con la maglia della Nazionale. Anzi, fino all’anno prima giocava in Serie B: partecipare anche solo a venti minuti di un Mondiale (per giunta in casa: l’ultimo grande evento sportivo ospitato in Italia) doveva sembrargli una cosa tanto eccezionale quanto assurda. Lo aveva acquistato la Juventus, e quella già era una fortuna abbastanza grande per un ragazzo cresciuto in un quartiere popolare di Palermo, su “campi pietrosi e strade mezze asfaltate”. Oppure, sempre per dirlo con parole sue: “in mezzo ai delinquenti, in mezzo a gente che mi voleva bene”. Entrando in campo per sbloccare la partita con l’Austria era normale che avesse dei dubbi: “Pensai di tutto, addirittura di fare brutta figura”.