L’omicidio di JFK, un terremoto nella narrativa americana

Il 22 novembre 1963 veniva assassinato a Dallas John Fitzgerald Kennedy. Pubblichiamo un brano di un articolo di Francesco Longo uscito su Europa ringraziando l’autore e la testata. (Fonte immagine)

Il giorno dell’omicidio Kennedy l’America perse la sua innocenza e la letteratura trovò un pozzo nero che traboccava di storie. Tra il più grande mistero americano e i romanzi c’è un legame che è stato sviscerato una volta per tutte da Don DeLillo: «Le trame possiedono una logica. C’è una tendenza, nelle trame, a evolvere in direzione della morte». Per DeLillo, trame politiche e narrative condividono una stessa inclinazione: la morte è «insita nella natura di ogni trama. Nelle trame di narrativa come in quelle di uomini armati», si legge nel suo libro su Kennedy, Libra.

I tre maggiori romanzi che hanno raccontato l’omicidio di Dallas rivelano l’influenza che quell’evento ha avuto sulla narrativa statunitense. Libra di DeLillo (Einaudi), American Tabloiddi James Ellroy (Mondadori) e 22/11/’63 di Stephen King (Sperling & Kupfer). Per tutti e tre l’assassinio Kennedy rappresenta la quintessenza della Storia e appare come l’emblema e l’origine dei loro generi letterari: il complotto postmoderno per DeLillo, il crime politico per Ellroy, l’orrore quotidiano per King.

Ricordando David Foster Wallace / 2

Questo articolo è uscito sulla rivista Tradurre. (Foto: Giovanni Giovannetti)

di Norman Gobetti

Moriva, il 16 dicembre 1991, Pier Vittorio Tondelli. Prolifico operatore culturale, oltre che amatissimo scrittore, Tondelli aveva fondato nel 1990, insieme ad Alain Elkann ed Elisabetta Rasy, il quadrimestrale di letteratura «Panta». Dopo la morte di Tondelli, nel comitato editoriale di «Panta» subentrò lo scrittore statunitense Jay McInerney, che nel 1993 curò un numero dedicato ai nuovi narratori americani. Il volume presentava i racconti di quindici autori all’epoca quasi tutti inediti in Italia, fra cui Jennifer Egan, Jeff Eugenides, Mark Leyner, Donna Tartt e William T. Vollmann, tradotti da scrittori italiani come Michele Mari, Sandra Petrignani, Claudio Piersanti, Sandro Veronesi e Valeria Viganò. Fra gli altri c’era anche, nella versione di Edoardo Albinati, un racconto dal titolo Per sempre lassù. Nella sua introduzione, McInerney scriveva a proposito dell’autore di quel racconto: «Uno sperimentatore postmodernista […] furiosamente creativo. […] Le sue ambientazioni e le sue strategie narrative sono varie, ma sempre attualissime» (McInerney 1994, 14). Sono probabilmente le prime parole mai pubblicate in Italia a proposito di David Foster Wallace.

Perché ormai siamo circondati da tutti i racconti

Questo pezzo è uscito in versione ridotta su la Repubblica. (Immagine: Nick Gentry.)

In Continuità dei parchi Julio Cortázar immagina un uomo che a fine giornata si siede sulla sua poltrona preferita e riprende la lettura del romanzo che da tempo lo coinvolge. La scena che gli scorre davanti descrive i movimenti furtivi di qualcuno che sta per commettere un delitto. Tramite una rotazione di trecentosessanta gradi – un cataclisma prospettico – il lettore del racconto di Cortázar segue il lettore del romanzo che a sua volta segue gli ultimi passi di un criminale che attraversando le stanze di una casa armato di coltello raggiunge alle spalle un uomo seduto in poltrona.

Lo scaffale ideale

Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica. (Immagine: lo “scaffale ideale” di Jennifer Egan.)

Cosa pensate di trovare nello scaffale dei libri più amati da Patti Smith? E in quello di James Franco? Di Jennifer Egan? Miranda July? Jonathan Lethem? David Sedaris? Sfogliate My Ideal Bookshelf (Little, Brown and Company, $ 24,99) e ogni risposta vi verrà data. Raccolti online nel sito idealbookshelf.com e poi pubblicati in un meraviglioso volume cartonato di 226 pagine, ecco gli “scaffali ideali” di più di un centinaio di varie celebrità. Sono prevalentemente scrittori (in buona compagnia dei sopra citati ci sono Rick Moody, Michael Chabon, Vendela Vida, Junot Díaz, Stephenie Meyer, George Saunders, Daniel Alarcón e Chuck Klosterman), ma anche musicisti (Kim Gordon, Thurston Moore, Rosanne Cash e Stephen Merritt), registi (Judd Apatow, Mira Nair), illustratori (Maira Kalman, Christoph Niemann), giornalisti (il critico musicale Alex Ross e il direttore della Paris Review Lorin Stein), skater (Tony Hawk), ballerini (Adrian Danchig-Waring e Pontus Lidberg), cuochi (Hugh Acheson, Dan Barber, Gabrielle Hamilton) e curatori di musei (Paola Antonelli di design per il MoMA). Queste alcune delle celebrità contenute nel volume, ognuna disegnata in forma di scaffale con sopra i rispettivi libri preferiti.

«What, don’t you read?» I libri nelle serie televisive

Pubblichiamo un articolo di Alessandro Romeo, uscito su «inutile», sui libri nelle serie tv.

di Alessandro Romeo

Billy Parrott lavora alla Battery Park Library di New York, nella sezione Arti figurative. È uno di quei bibliotecari bravi, che amano a dismisura il proprio mestiere e che, fosse per loro, catalogherebbero anche gli appunti che gli studenti lasciano sul tavolo a fine giornata. Nella vita di tutti i giorni ama l’ordine, la completezza, i libri e Mad Men; quattro cose che nel settembre 2010 sono confluite in un’unica, semplice idea: utilizzare il blog ufficiale della Battery Park Library per compilare con l’aiuto dei lettori l’elenco di tutti i libri che compaiono nella sua serie tv preferita.

Il postmodernismo nelle narrazioni di Wallace e King

Questo articolo è uscito nell’inserto «Ragioni» del «Riformista».

David Foster Wallace e Stephen King hanno scritto un unico grande romanzo. Uno straordinario ritratto dell’America che permette di fare il punto sullo stato attuale della letteratura americana. In Italia, i loro due ultimi libri sono usciti insieme e questa semplice coincidenza svela però il legame profondo tra i due testi. Il re pallido di Wallace (Einaudi, pp. 714) e 22.11.’63 di King (Sperling&Kupfer, pp. 780) sono perfettamente complementari. Uno è lo stile, l’altro è la trama. Uno è l’esempio perfetto di letteratura sperimentale, l’altro è l’incarnazione della letteratura “di genere”. Uno è il trionfo del virtuosismo esibito per l’acclamazione dei critici, l’altro è il concentrato di intrattenimento che i lettori sognano da un plot. Quello di Wallace è un romanzo incompiuto, con la trama irrisolta (non solo perché è incompiuto), mentre l’altro è una lezione sulla costruzione di un impeccabile intreccio lineare. Wallace usa l’espediente meta-letterario per mostrare che la letteratura è finzione, King usa la meta-letteratura per mostrare che fuori dal cerchio magico della letteratura c’è solo altra letteratura.

22.11.’63

La Storia è fatta di eventi che fanno da spartiacque. Prima dell’11 settembre, la storia americana aveva un unico sussulto che divideva in due pezzi il tempo. Il 22 novembre del 1963. Il giorno in cui il presidente John Fitzgerald Kennedy fu assassinato a Dallas. Gli spari deviarono il regolare corso della Storia, che allora virò verso una direzione imprevedibile. Il trauma collettivo scosse il mondo, la ferita non ha mai più smesso di sanguinare.