È tutto un pretesto

di Anna Lisa Pulizzi

Cos’è che fa di un luogo un teatro? Cioè, quand’è che uno spazio viene identificato col nome “teatro” e con quello stesso nome riconosciuto e indicato?

Le parole sono quello che usiamo per spiegare gli oggetti, i concetti, i sentimenti ecc., e per farci un’idea di cosa siano questi oggetti, concetti e sentimenti usiamo altre parole ancora. Ne deriva che le parole parlano di parole e con altre parole ancora. Per questo mi chiedo spesso che ci sta dietro a una parola il cui senso è ovvio e comunemente condiviso. Ad esempio, passo un sacco di tempo a chiedermi quand’è che l’insieme delle pagine di un romanzo inizino a essere chiamate libro, momento che potrebbe coincidere con la loro rilegatura tipografica, certo, o forse più probabilmente con l’apparizione del volume in libreria. In fondo, anche se le pagine sono diventate libro grazie alla rilegatura corredata da copertina e quant’altro, non è affatto detto che quell’oggetto possa venire identificato e nominato con la parola libro, fino al momento in cui un potenziale lettore trovandoselo tra le mani non abbia l’esigenza di dare un nome a quello che tocca. Così mi perdo nei pensieri che poi, gira gira, sono fatti di parole.