L’invenzione della madre: Nicola Lagioia intervista Marco Peano

È in libreria per minimum fax L’invenzione della madre, il romanzo d’esordio di Marco PeanoCome raccontare la malattia e la perdita di un genitore? Pubblichiamo un’intervista di Nicola Lagioia a Marco Peano e vi segnaliamo l’incontro di domani, giovedì 5 febbraio, alle 19.30 alla libreria Giufà di Roma. Con l’autore intervengono Michela Murgia e Nicola Lagioia. (Immagine: Le tre età della donna, Gustav Klimt)

Il tuo romanzo si apre con un’epigrafe di Donald Antrim. È una frase molto potente, e anche per certi spaventosa nella sua definitività. Dice che il deterioramento della vita di sua madre ne riassume la storia. E dice anche che questa storia è legata indissolubilmente a quella del figlio. Antrim non arriva a dire in modo esplicito che l’idea stessa di madre contiene quella di figlio senza che a quest’ultimo sia data la possibilità di emanciparsene, ma la sensazione che accarezzi un pensiero simile c’è. Allora, da una parte (questo nel tuo romanzo mi sembra di percepirlo in modo chiaro) tra madre e figlio si consuma il rapporto d’amore più profondo e antico (e forse anche spaventosamente bello) che all’uomo sia dato di provare. Dall’altra mi chiedo se questo non significhi costringere i figli in una gabbia per uscire dalla quale non esiste una chiave. Come se ne esce? È necessario uscirne?

Uno dei motivi per cui ho scritto L’invenzione della madre, oltre alla necessità di doverlo fare, è legato al desiderio di raccontare il rapporto madre-figlio in una situazione estrema come quella della fine vita. In fase di stesura, mi sono accorto che uno dei temi che stavo affrontando – e che innervavano la storia in maniera significativa – era la difficoltà ad accettare il cambiamento.