Nicola Lagioia vince il premio Strega con La ferocia

Il nostro Nicola Lagioia ha vinto il premio Strega 2015 con il romanzo La ferocia, edito da Einaudi. Lo festeggiamo ripubblicando l’incipit del romanzo.

di Nicola Lagioia

Una pallida luna di tre quarti illuminava la statale alle due del mattino. La strada collegava la provincia di Taran­to a Bari, e a quell’ora era di solito deserta. Correndo ver­so nord la carreggiata entrava e usciva da un asse immagi­nario, lasciandosi alle spalle uliveti e vitigni e brevi file di capannoni simili ad aviorimesse. Al chilometro trentotto compariva una stazione di servizio. Non ce n’erano altre per parecchio, e oltre al self-service erano da poco attivi i distributori automatici di caffè e cibi freddi. Per segna­lare la novità, il proprietario aveva fatto piazzare uno sky dancer sul tetto dell’autofficina. Uno di quei pupazzi alti cinque metri, alimentati da grossi motori a ventola.

Il piazzista gonfiabile ondeggiava nel vuoto e avrebbe continuato a farlo fino alle luci del mattino. Più che altro, dava l’idea di un fantasma senza pace.

Raccontare una storia che ci riguarda. Dialogo tra Nicola Lagioia e Emmanuel Carrère

Pubblichiamo il dialogo tra Emmanuel Carrère e Nicola Lagioia avvenuto lo scorso 14 marzo all’interno del Festival letterario Libri come, tratto dal numero di maggio de Lo Straniero. Quest’anno la cerimonia conclusiva del Premio Lo straniero, attribuito dai redattori e dai collaboratori della rivista, si svolgerà all’interno del festival teatrale di Castiglioncello Inequilibrio domenica 28 giugno dalle ore 11:00. Qui i premiati; puoi sostenere il Premio contribuendo a questa raccolta di fondi.

Nicola Lagioia: La si dovesse dire in sintesi, potremmo dire che Il Regno è un libro narrativo sulle prime comunità cristiane, o sugli Atti degli apostoli, o su quei due colonizzatori di menti e spiriti che furono san Paolo e san Luca. Un libro non sull’infanzia ma sull’adolescenza del cristianesimo (come scrive lo stesso Carrère), sulla sua fase più ribelle e irrequieta. Bisogna però vedere che tipo di racconto sull’adolescenza del cristianesimo è Il Regno. Il che mi consente di farti la prima domanda. Me ne offri tu stesso l’opportunità quando scrivi: “quelli che hanno conosciuto i dibattiti politici del dopo Sessantotto francese, ricorderanno la domanda di prammatica: da dove parli? A me sembra ancora una domanda pertinente. Perché un pensiero comunichi qualcosa, bisogna che quel pensiero sia espresso da una voce, che la voce provenga da un uomo, e che io sappia come quel pensiero si è fatto strada nell’uomo che ho di fronte”. E allora la prima domanda che ti farei è proprio questa: “da dove parli?” o meglio “da dove scrivi questo libro intitolato Il Regno?”.

Il Contagio di Walter Siti. Una guida all’uso

Questo pezzo è uscito su Nuovi Argomenti.
di Sara Marzullo

COMPONENTI
Prima di iniziare la storia, Siti inserisce una planimetria della scala A di Via Vermeer: questo è il campo d’osservazione. Sotto scrive: «In alto gli abitanti della casa nella prima parte del libro, in basso quelli che abitano successivamente». Ogni dettaglio deve essere esplicitato, il testo non fa altro che narrare questa cartografia minima: «Nella scala A ci sono nove appartamenti ma ci abitano solo sette famiglie, dato che il secondo piano è occupato per intero da Fiorella col bambino».

Chi continueremo a leggere in futuro?

Il numero 7 della rivista «Orlando Esplorazioni» è dedicato ai “venerati maestri” della generazione di scrittori che oggi hanno tra 50 e 70 anni. I curatori Paolo Di Paolo e Giacomo Raccis hanno realizzato un sondaggio interpellando critici e lettori esperti tra i 20 e i 40 anni chiedendo loro di rispondere con tre nomi alla domanda: chi, tra i 50-60enni di oggi, continueremo a leggere in futuro? Su «Orlando Esplorazioni» si può leggere la lista intera di chi ha risposto e l’esito delle votazioni. Walter Siti e Antonio Moresco compaiono ai primissimi posti della classifica. A loro sono dedicare due brevi schede critiche che pubblichiamo qui. 

La rivista sarà disponibile a partire da giovedì 14 maggio, presso lo stand di Giulio Perrone Editore al Salone Internazionale del Libro di Torino e poi nelle principali librerie. (Fonte immagine)

Walter Siti

di Lorenzo Marchese

Walter Siti, dopo un lungo apprendistato di critico letterario fra la Normale di Pisa, la contestazione del ’68 e Nuovi argomenti dalla parte di Pier Paolo Pasolini, ha esordito col libro monstre Scuola di nudo (1994): un’opera che, in conformità alle intenzioni del suo autore, può essere interpretata come il suo ultimo romanzo, oppure come una sfida estrema lanciata all’ambiente universitario pisano del tempo e, su vasta scala, a una letteratura che a quell’altezza di rado osava superare le centocinquanta pagine mettendo un io troppo volumetrico e riconoscibile al centro.

Cristo delle peggio borgate, delle vite sprecate

di Andrea Pomella

Sono nato quarantuno anni fa in una borgata a nord di Roma. La borgata si chiama Settebagni, sorge in una zona che dista un chilometro dal Grande Raccordo Anulare, tra un’ansa del Tevere e un tratto della A1, ed è trafitta dalla ferrovia Roma-Firenze. Il nome deriva dal latino Septem Balnea, che compare per la prima volta in un atto risalente alla fine del XIII secolo. Terra abitata fino agli anni Trenta da agricoltori e pastori, sostituiti progressivamente da un ceto di piccoli commercianti, operai, artigiani e sottoccupati.

Italo Insolera, in Roma Moderna (Einaudi), a proposito della parola borgata ha scritto:

“C’è qualcosa di dispregiativo in questo termine che deriva da borgo: un pezzo di città cioè che non ha la completezza e l’organizzazione per chiamarsi ‘quartiere’ […], un pezzo di città in mezzo alla campagna che non è realmente né l’una né l’altra cosa”.

D’amore e traversine

È in libreria il nuovo numero di Granta, edito da Rizzoli e diretto da Walter Siti. Di seguito pubblichiamo il racconto di Luca Rastello contenuto in questo numero dedicato a “L’invisibile“, ringraziando la rivista e l’autore.

D’amore e traversine

di Luca Rastello

Ci sono strade che le città dimenticano, passaggi e transiti nascosti negli angoli fra gli spazi di chi vive lungo i marciapiedi. Io sono uno dei custodi ma fino a poco fa non lo sapevo. Aleggiavo in una mia nuvola incerta, quasi senza memoria, mi accontentavo di una sensazione confusa, la sensazione di esserci. Stavo qui perché era naturale. Poi ho incontrato loro e in quell’incontro ho avvertito di nuovo, dopo tanto tempo, l’odore famigliare del bitume.

La mania della realtà

Domani al Teatro India ci sarà un incontro tra Walter Siti e Christian Raimo intitolato “La mania della realtà”, a partire dalle riflessioni di Siti sul realismo e gli spettacoli di Deflorian e Tagliarini in questi giorni all’India, che fanno parte della Trilogia dell’invisibile. A proposito, ripubblichiamo un’intervista a cura di Alessia Cervini e Daniele Dottorini. L’intervista apre il numero 21, “Reale”, di “Fata Morgana. Quadrimestrale di cinema e visioni”.

Segnaliamo un’intervista a Il dibattito recentissimo sulla questione del “nuovo realismo” può essere un buono spunto, a partire dal quale dare inizio alla nostra conversazione, nel tentativo di comprendere cosa sia oggi la realtà e in che modo essa possa essere restituita da forme differenti di rappresentazione.

A me sembra che un dato su tutti sia incontrovertibile, ovvero che la realtà è essenzialmente un prodotto culturale. Ogni periodo decide cioè cos’è la realtà, a seconda dell’angolatura culturale scelta di volta in volta. In questo periodo, per esempio, mi pare che la realtà si presenti soprattutto come qualcosa contro cui si urta quando si esce o dalle ideologie o da un delirio di onnipotenza.

Il “Belpaese” come malattia percettiva

Questo articolo è uscito sul n. 20, Speciale Estate, di Artribune

Il paesaggio italiano, come ha affermato in più occasioni Marco Belpoliti, è sempre stato una quinta, un fondale: è esistito come rappresentazione, e al tempo stesso come scena di questa rappresentazione umana. (È questa, per esempio, una delle grandi differenze rispetto al paesaggio nordico o americano, in cui la natura sovrasta e sopravanza di gran lunga la dimensione del singolo e della sua percezione.)

Eppure, con tutto questo non ci potrebbe essere quasi nulla di più lontano dall’idea di location, set cinematografico: l’identità intimamente “teatrale” di questo paesaggio non ha nulla a che vedere con la cartolina, o la ‘cartolinizzazione’. Essa è connessa alla storia, all’antropologia, e ancora di più a quella che Pasolini chiamava la “forma della città” (in un famoso documentario televisivo trasmesso nel 1974), e “il corpo dell’Italia”  cioè il suo paesaggio e i suoi paesi: “I paesi avevano ancora la loro forma intatta, o sui pianori verdi, o sui cucuzzoli delle antiche colline, o di qua  e di là dei piccoli fiumi”[1].

Nell’occhio di chi guarda

Il 16 giugno è uscito, pubblicato da Donzelli, Nell’occhio di chi guarda. Scrittori e registi di fronte all’immagine, a cura di Clotilde Bertoni,  Massimo Fusillo e Gianluigi Simonetti, e con postfazione di Stefano Chiodi. A ventitré fra narratori, poeti, registi teatrali e cinematografici è stato chiesto di scegliere un’immagine e di descriverla, o commentarla; variazione sul tema classico dell’ekphrasis, ma anche esperimento sul senso della relazione tra visivo e scritto in epoca contemporanea. Hanno partecipato Roberto Andò, Franco Buffoni, Maria Grazia Calandrone, Mauro Covacich, Filippo D’Angelo, Elio De Capitani, Giorgio Fontana, Gabriele Frasca, Nadia Fusini, Andrea Inglese, Helena Janeckzek, Valerio Magrelli, Guido Mazzoni, Enzo Moscato, Tommaso Pincio, Vincenzo Pirrotta, Laura Pugno, ricci/forte, Alessandra Sarchi, Walter Siti, Domenico Starnone, Federico Tiezzi ed Emanuele Trevi.

Pubblichiamo il contributo di Filippo D’Angelo ringraziando l’autore, i curatori e l’editore.

Mundonarco

Non lo vedevo da dieci anni, ma ne riconobbi il profilo intento alla contemplazione di un’urna funeraria. All’epoca dei nostri studi in Normale, eravamo stati buoni amici: avevamo condiviso le stesse indifferenze e idiosincrasie. Mi avvicinai e gli posi una mano sulle spalle. Guido si voltò e ci abbracciammo.

Il suo viso era meno cambiato del mio, manteneva una patina di giovinezza, come se, per un prodigio a me ignoto, fosse riuscito ad arginare le derive del tempo. Iniziammo a conversare e scoprimmo di trovarci in una situazione di perfetta specularità: io insegnavo letteratura italiana in Francia e avevo appena avuto un figlio con una donna che abitava a Roma; Guido insegnava letteratura francese in Italia e aspettava una figlia da una ragazza che viveva a Parigi. Ci dividevamo entrambi fra i due Paesi, in un’esitante aspirazione da transfughi. Scherzammo sulla simmetria dei nostri destini e decidemmo di visitare insieme ciò che restava di Teotihuacán, la Cité des Dieux.

Dati sulla lettura: apocalittici, elitari e male informati

Cosa ci dicono i dati sulla lettura e sull’acquisto di libri? Pubblichiamo un intervento di Alessandro Gazoia (jumpinshark) che arriva in libreria con Come finisce il libro. Contro la falsa democrazia dell’editoria digitale.

Il 23 marzo Giovanni Solimine così sintetizzava nel suo blog i dati sulla lettura e l’acquisto di libri per il periodo 2011-13 rilevati da Nielsen:

troviamo una conferma delle tendenze al ribasso sia per quanto riguarda la percentuale dei lettori (dal 49% al 43% in due anni), sia per quella degli acquirenti di libri (dal 44% al 37% in due anni). La sfasatura tra libri letti e libri acquistati si spiega col fatto che quasi il 40% dei libri letti, forse anche per effetto della crisi economica, viene da circuiti non commerciali (le biblioteche coprono il 18% delle provenienze). Complessivamente si sono “persi” 3 milioni di lettori nell’arco di un biennio. […] Tra i lettori prevalgono le donne e i giovani (si legge più della media tra i 14 e i 19 anni e tra i 25 e i 34), i residenti al nord-est e le persone con un titolo di studio elevato.