Aboliamo ogni forma di alternanza scuola-lavoro
La morte del giovane Lorenzo Parelli, schiacciato da una trave di acciaio nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro, getta una luce tragica su un esperimento cominciato nel 2015 con la “buona Scuola” del governo Renzi e mai archiviato.
Lorenzo Parelli stava svolgendo l’ultimo giorno di tirocinio professionalizzante, alcuni hanno scritto stage di alternanza scuola-lavoro, tra il Centro di Formazione Professionale che frequentava e l’azienda Burimec di Lauzacco.
L’alternanza scuola-lavoro è normata in modo diversificato a seconda degli istituti superiori: nei licei, nei tecnici e nei professionali sono stati inaugurati i cosiddetti Pcto – Percorsi per le competenze trasversali e orientamento – mentre nei centri di formazione professionali l’alternanza è rimasta anche nella dicitura.
Intendiamoci subito: se è lavoro si paga ed è a carico delle aziende, se è formazione è garantita gratuita e pubblica.
Quello che sicuramente è comune in moltissime di queste esperienze è la bassa o nulla qualità formativa e la mancanza di formazione sulla cultura del lavoro di queste esperienze tra lavoro e scuola. In alcuni casi il tirocinio si trasforma in vero e proprio lavoro gratuito, quindi in una forma di sfruttamento.
Sono spesso le aziende che utilizzano in modo strumentale i Pcto e l’alternanza scuola-lavoro, quando cercano manodopera giovane, a basso costo, senza diritti sindacali.
La morte di Lorenzo Parelli non può non avere conseguenze. È avvenuta in un momento in cui il sistema scolastico si è dimostrato chiaramente inadeguato ai bisogni elementari di istruzione. La pandemia ha aperto un vaso di Pandora nerissimo: aule insufficienti e fatiscenti, personale ridotto all’osso, programmi inadeguati, apertura alla società inesistente a eccezione del canale-lavoro-azienda; eppure una costante e pervasiva campagna ideologica ha continuato negli ultimi anni a contrabbandare l’alternanza scuola-lavoro come un’occasione di sviluppo, di crescita, di innovazione. Il ministro Bianchi, che insiste molto su un’integrazione ancora più forte tra scuola e aziende, ha voluto commentare la morte di Lorenzo Parelli con una frase che lascia interdetti: “Il tirocinio dev’essere una esperienza di vita”.
Lo diciamo chiaro: gli studenti devono avere più scuola. Fermiamo la riforma del liceo in quattro anni e l’estensione della riforma degli Its (gli istituti tecnici superiori). Cerchiamo piuttosto di aumentare il numero di iscritti universitari e di laureati, e facciamo sì che la formazione aziendale la paghino le aziende.
La costituzione prevede che la scuola sia formazione per la cittadinanza, non un luogo dove si impara a essere sfruttati, a lavorare gratuitamente, ignorando la cultura del lavoro, e rischiando di morire.
Come genitori, docenti, operatori della scuola, studenti pensiamo sia venuto il momento di dire basta, in modo chiaro e definitivo, alla viltà dell’alternanza scuola-lavoro.
I ragazzi e le ragazze vanno a scuola per studiare, non per offrire braccia gratuite a un lavoro che si vuole formativo, mentre il tasso di disoccupazione giovanile stabilmente fermo al 30%.
Non si tratta di chiudere le porte della scuola a esperienze esterne a condizione che queste siano davvero inserite in un progetto educativo, conservino una valenza culturale, non siano obbligatorie e quindi vincolanti al superamento dell’esame di stato.
Per questo è venuto il tempo di abolire l’alternanza scuola-lavoro e avviare una riflessione seria sulla scuola pubblica e sui diritti dei giovani lavoratori.
(Appello preparato da Salvatore Cannavò e Christian Raimo: raccogliamo tutte le adesioni a: noscuolalavoro@gmail.com)
Aderisco all’appello, a titolo personale, come padre, educatore e giornalista.
Fermiamo questo meccanismo per cui la scuola smette di essere luogo di formazione trasformandosi in serbatoio di lavoro non pagato.
Sono favorevole all’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro, ovvero di questo scempio inaccettabile e vergognoso!
Aderisco all’appello.
Le sinistre, i sindacati, gli studenti con i loro genitori, gli insegnanti e tutti gli operatori della scuola, promuovano iniziative volte alla soppressione dell’alternanza scuola-lavoro
Aderisco all’appello per la cancellazione dei PCTO. Eventuali esperienze extrascolastiche devono essere gestite direttamente dalle scuole, sulla base degli interessi e dei bisogni degli alunni e delle alunne… senza obblighi di orario, valutazione, crediti…
Aderisco all’appello.
Condivido e sottoscrivo ogni singola parola dell’appello
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello
Aboliamo questa formazione allo schiavismo!
Aboliamo lo sfruttamento lavorativo e lo svilimento della scuola
Aderisco all’appello
Abolire subito lo sfruttamento del lavoro mascherato da questa ignobile “esperienza formativa”!
Aderisco
Aderisco all’appello
Aderisco con convinzione all’appello
Ma cosa pensa di fare? Rovinare ancora di più la situazione, già disastrosa, dei giovani che escono da una scuola tutta teoria??? Lei punta il dito senza avere alcuna conoscenza dei fatti. Ovviamente questo è un caso da tribunale, non solo per l’azienda, ma anche per l’istituto che non ha minimamente vigilato circa tutte le normative e devono prima pagare e poi chiudere. Ma non si può generalizzare. Esistono svariati enti di formazione professionale che hanno dato un lavoro a centinaia di giovani nell’arco di 70 anni. Non è assolutamente vero che non è necessario, fare il percorso di studio/lavoro. Le dirò di più. Altro che servizio militare…tutti uomini e donne adolescenti, dovrebbero fare un anno di servizio alla comunità, in svariate forme. I giovani hanno bisogno di ” vedere coi propri occhi, la realtà della vita. Basta trattarli da bambini in eterno. La famiglia e la comunità devono provvedere, affinché crescano giovani responsabili e realisti
Sono molto dispiaciuta per questo ragazzo e per tutte le persone che perdono la vita in incidenti fuori e durante il lavoro. Condoglianze alle famiglie. Più che abolire l’alternanza scuola-lavoro, sarebbe il caso di sviluppare un piano adeguato di sicurezza sul lavoro e incentivare, spronare ed invogliare i ragazzi ad imparare quel che gli servirà per inserirsi nel mondo del lavoro! Purtroppo ho incontrato due soli ragazzi, durante le esperienze di alternanza scuola lavoro, che fossero minimamente incuriositi ed interessati ad osservare quello che sarebbe stato nel futuro il suo lavoro (dopp aver preso il diploma, uno è diventato nostro operaio in apprendistato e l’altro lavora presso una ferramenta di zona)…la maggior parte dei ragazzi spesso neanche si presenta i giorni che dovrebbe venire, se c’è passa il tempo sul telefonino e di sicuro non vengono fatti lavorare attivamente in azienda con mansioni che li potrebbero mettere in pericolo.
Gli istituti ci supplicato di prendere i ragazzi in stage, cosa che a noi comporta impiego di tempo ed energie e non un vantaggio economico come viene fatto intendere in questo articolo. Quindi se stiamo parlando di stage di 2 settimane al massimo come è successo in azienda da noi, mi spiegate quale incredibile vantaggio economico potrebbe portare un ragazzo senza esperienza a una azienda? D’altro canto, è invece un opportunità per fare pratica, farsi conoscere dalle realtà economiche del luogo dove vivono i ragazzi, che se mostrano le loro qualità, una volta diplomati, potrebbero essere chiamati per un contratto di lavoro vero e proprio
Aderisco all’appello.
Aderisco al appello per l’abolizione di questa forma di sfruttamento.
Occorre il ripristino dei contratti di formazione e lavoro, del contratto di apprendistato e del contratto a tempo indeterminato come forma di civiltà del lavoro.
Aderisco all’appello.
Va assolutamente abolita!!! È solo mero sfruttamento del lavoro minorile!! E tra “altern. sc/lav” e “progetti” i ragazzi stanno pochissimo in classe a fare lezione, indi il livello culturale si è abbassato tantissimo, si esce dalle superiori con un livello culturale da scuola media inf. mentre si esce dalle scuole medie inf. con un livello da 5^ elementare. Non parliamo poi delle Università……….
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello con la speranza che venga abolita questa pratica inutile, che toglie tempo ai percorsi seri, che viene fatta dai colleghi per qualche soldo.in più e dai ragazzi con il solo scopo di perdere ore di studio.
I motivi della mia adesione sono gli stessi vostri.
Basta lavoro gratuito
Oltre a tutte le altre morti ingiuste ed ingiustificate che avvengono sul posto di lavoro non si aggiungano anche quelle che fanno passare lo sfruttamento per formazione.
Aderisco all’appello.
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello “aboliamo ogni forma di alternanza scuola lavoro”.
La straziante morte di Lorenzo ha squadernato di fronte all’opinione pubblica ciò che parte significativa del mondo della scuola denuncia da anni. Le varie forme di alternanza scuola lavoro- sempre assurde sul piano pedagogico- spesso assumono le caratteristiche di sfruttamento inclusa l’esposizione a rischi gravissimi. Senza pensare a forme paradossali come l’alternanza (o PCTO che dir si voglia) svolta in strutture militari. E senza pensare alla pervicacia con cui si sono imposti percorsi di alternanza scuola lavoro in presenza persino nei momenti più tragici della pandemia.
Giustamente l’appello estende la sua critica anche ad altre “riforme” che alludono ad un rapporto patologico tra scuola e mondo del lavoro come gli ITS o la stessa amputazione di un anno della scuola superiore, in via di sperimentazione.
È giunto il momento di voltare pagina, lo dobbiamo a Lorenzo, lo dobbiamo alla scuola, lo dobbiamo alle nuove generazioni.
Luca Cangemi
Insegnante Liceo Lombardo Radice-Catania
Responsabile nazionale scuola Partito Comunista Italiano
Aderisco all’appello
Aderisco all’appello e ne condivido a pieno i motivi.
Aderisco all’appello.
La morte dello “studente” Lorenzo Parelli durante l’ultimo giorno di “lavoro” presso l’azienda Burimec di Lauzacco (UD) ha suscitato un’ondata di sdegno in tutto il Paese.
Detta così, l’informazione è volutamente incompleta per focalizzare l’attenzione su due parole: “studente” e “lavoro”.
Due parole concettualmente contrastanti, in specie quando riferite ad un discente di 18 anni che sta esercitando il suo diritto allo studio, costituzionalmente garantito.
Se studio non lavoro; se sto frequentando le scuole superiori, mi sto formando e non DEVO lavorare. Mi sto formando come persona e come cittadino; sto acquisendo gli strumenti culturali per entrare nel mondo, che è fatto anche di lavoro ma non solo.
Invece, la riforma della cosiddetta “Buona Scuola” introdotta dal Governo Renzi nel 2015, travisando il concetto di diritto allo studio prefigurato dagli artt. 33 e 34 della Costituzione, ha spostato il focus dalla formazione culturale di persone e cittadini alla formazione di soggetti economici mediante l’introduzione della cosiddetta alternanza scuola-lavoro. Ore di attività didattica intra moenia sostituite da ore obbligatorie e curriculari di LAVORO extra moenia presso enti ed aziende affini col percorso scolastico.
Lorenzo Parelli era all’ultimo giorno di LAVORO nell’ambito di un progetto di tirocinio professionalizzante tra il Centro di Formazione Professionale che frequentava e l’azienda dove è stato schiacciato da una trave d’acciaio, giusto per completare l’informazione di apertura.
L’ondata di sdegno di queste ore dev’essere convogliata verso un solo obiettivo: l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro!
La morte di Lorenzo deve squarciare il velo di ipocrisia che ricopre la realtà dell’alternanza scuola-lavoro. Da quando è divenuta obbligatoria, si assiste alla corsa delle scuole a sottoscrivere protocolli d’intesa e convenzioni con enti ed imprese cui delegare la formazione di “cervelli”, perlopiù al di fuori di un progetto didatticamente e pedagogicamente fondato ed organico; gli enti ma, soprattutto, le imprese corrono ad accaparrarsi quei “cervelli” per avere “braccia” da sfruttare a costo zero. Da sfruttare, letteralmente, perché non è prevista alcuna retribuzione a fronte del vero e proprio lavoro prestato dagli studenti.
L’alternanza scuola-lavoro va abolita affinché il focus del diritto allo studio torni sulla formazione di persone e cittadini, secondo il dettato costituzionale.
Affinché la formazione di persone e cittadini ritorni intra moenia, nella scuola, e non sia – neppure parzialmente – delegata extra moenia ad altri soggetti (enti ed imprese) che non condividono il patto formativo tra scuola (e quindi lo Stato) e le famiglie.
Affinché gli studenti arricchiscano e completino il processo di formazione a scuola ed acquisiscano gli strumenti critici e culturali che consentano loro di essere “cervelli” che si affacciano al mondo e, in particolare, al mondo del lavoro e non “braccia” al servizio di ingranaggi produttivi.
Affinché l’esercizio del diritto allo studio sia pieno e compiuto va, inoltre, sventato il tentativo di riduzione del corso di studi superiori da 5 a 4 anni che risponde alla medesima logica dell’alternanza scuola-lavoro: la formazione più veloce di uomini-massa da introdurre nel ciclo produttivo. La formazione rapida di “braccia” più che di “cervelli”.
Il diritto allo studio, che è diritto alla formazione di persone e cittadini che concorrano al progresso della società, non delle imprese, va allargato aprendo la scuola al territorio e alla comunità locale che è fatta di enti e imprese e associazioni eccetera, affinché si getti un ponte tra ragion pratica e ragion pura, in un processo però che sia governato dalla scuola. È il principio di “scuole aperte”: scuole che si aprono al mondo, non il mondo che fagocita la scuola.
Il diritto allo studio va allargato abolendo i test d’accesso all’università: la selezione l’ha sempre fatta la durezza dello studio, non dev’essere dettata dal censo.
Per non dire dell’iniquo retrogusto del mercato dei corsi di preparazione, che ingrassano lavoro nero e allargano la forbice sociale.
Per non dire, ancora, delle tasse universitarie, da abolire per il primo anno, salvo ad introdurle o mantenerne l’esenzione in maniera inversamente proporzionale al profitto negli studi: esenzione per i meritevoli, progressiva introduzione per i meno bravi, anche indipendentemente dal reddito.
La tristissima vicenda di Lorenzo si riconnette anche all’annoso e quotidiano tema della sicurezza del lavoro. Non entrando nel merito giudiziario dell’accaduto e neppure nel merito giuridico della legislazione del lavoro, si suggerisce una riflessione sulla maturità della democrazia e del contratto sociale sul quale si fonda.
Anders Breivik, responsabile della efferata strage di Utøya, in Norvegia, consumata il 22 luglio 2011, è stato condannato a 21 anni di carcere, pena massima prevista da quell’ordinamento.
Il 22 luglio 2011 sarebbe potuto essere per la Norvegia ciò che l’11 settembre 2001 è stato per gli Stati Uniti e l’Occidente, ovvero la chiave di volta verso un ‘dopo’ in cui nulla sarebbe stato più come prima. A partire dall’ordinamento giuridico, che sarebbe potuto virare verso la restrizione delle libertà individuali e l’aggravamento delle pene.
Invece in Norvegia non è accaduto: le libertà individuali sono rimaste intatte e la pena massima non è stata elevata oltre i 21 anni di carcere comminati a Breivik. Perché quella democrazia è più forte del terrorismo, è più forte di un delitto efferato come quello di Utøya. Quella democrazia è salda perché fondata su poche regole chiare e la catena “normazione – applicazione – processo” è breve ed efficace.
Nel dibattito pubblico in Italia sul tema delle “morti bianche” si tende ad invocare l’inasprimento delle sanzioni e delle pene. Ma siamo certi che sia questa la chiave per innalzare la sicurezza nei luoghi di lavoro?
Non è debole una democrazia il cui ordinamento produce leggi che poi hanno bisogno di decreti attuativi, leggi e decreti che poi vengono sviscerati dall’interpretazione giurispruridica per finire con sentenze che a loro volta spesso diventano leggi?
Non è debole una democrazia nella quale la catena “normazione – applicazione – processo” è lunga e inefficace?
Non è che accorciare e rendere efficace la catena – con poche regole senza scappatoie, costanti controlli ed inappellabili e rapidi giudizi – possa essere la chiave di volta per una maggiore sicurezza del lavoro?
È auspicabile, intanto, che nel caso Lorenzo Parelli la giustizia faccia rapidamente il suo corso: l’ordinamento statale lo deve ai sogni spezzati di uno studente di 18 anni che non doveva essere un lavoratore.
La trave d’acciaio che ha schiacciato Lorenzo non schiacci l’anelito dei padri costituenti a formare persone, studenti e cittadini capaci di governare il mondo e non esserne governati: si abolisca l’alternanza scuola-lavoro e si allarghi il diritto allo studio.
Solo così il sacrificio di Lorenzo non sarà stato vano.
Aderisco, pertanto, all’appello di Minima & Moralia per l’abolizione di ogni forma di alternanza scuola-lavoro.
Carlo Maucioni
dal 2004 al 2017 Presidente del Consiglio d’Istituto
Istituto Comprensivo “Giovanni Camera”
Sala Consilina (SA)
Aderisco al vostro appello
Nichi Vendola
Aderisco perché penso che lo stage possa essere esperienza, retribuita e in sicurezza, al termine del ciclo di studi.
Sono una docente di Palermo. Ho appena aderito all’appello.
Aderisco all’appello
Abolire l’alternanza scuola lavoro
“La morte del giovane Lorenzo Parelli, schiacciato da una trave di acciaio nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro, getta una luce tragica su un esperimento cominciato nel 2015 con la “buona Scuola” del governo Renzi e mai archiviato.” è una minchiata. Il povero Lorenzo era un allievo della formazione professionale regionale, quarto anno di diploma professionale, percorsi che DA SEMPRE, ben prima della legge 107, prevedono gli stage come parte integrante dei curricula di qualifica e diploma professionale (quest’ultimo organizzato addirittura con sistema duale, almeno nella nostra regione).
L’affermazione “Quello che sicuramente è comune in moltissime di queste esperienze è la bassa o nulla qualità formativa e la mancanza di formazione sulla cultura del lavoro di queste esperienze tra lavoro e scuola. In alcuni casi il tirocinio si trasforma in vero e proprio lavoro gratuito, quindi in una forma di sfruttamento.” è priva di fondamento, gratuita, ingiusta verso un sistema, quello della nostra regione, nel quale le imprese coinvolte ed i programmi di stage sono attentamente scelti e concordati tra centri di formazione e aziende, gli studenti vengono monitorati da tutor aziendali e della fp, i risultati di apprendimento attesi vengono puntualmente verificati con strumenti molto sofisticati. E’ evidente che chi scrive NON CONOSCE MINIMAMENTE il sistema della formazione professionale regionale e straparla, in particolare quando fa riferimento al caso in questione per criticare la famigerata legge Renzi che introdusse di forza l’alternanza nella scuola secondaria pubblica -sulla quale ho un’opinione fin peggiore di quella espressa nell’articolo- ma prima di criticare sistemi e strumenti didattici “urbis et orbis” è necessario informarsi bene, altrimenti si scrivono articoli demmerda come questo.
Aderisco all’appello, condivido ogni parola. Il lavoro va pagato, la formazione scolastica deve essere totalmente gratuita e nell’Alternanza si rovescia proprio questo principio.
Aderisco all’appello.
Aderisco convintamente all’appello e lo sottoscrivo pienamente.
Aderisco all’appello
Aderisco
Firmo perché di scuola non si può morire… E il lavoro deve essere sicuro alla luce del sole. No a camuffamenti.
Aderisco all’appello.
È una vergogna, chi di diritto dovrebbe vergognarsi e guardarsi le mani sporche di sangue.
Come docente di liceo concordo in pieno e aderisco
Quando l’alternanza scuola lavoro venne presentata non ero contrario, anzi. Ho quindi frequentato due corsi di formazione e me ne sono occupato nella mia scuola. Con altri colleghi della regione sono stato in Germania a studiare il metodo duale. Oggi dopo 4 anni di esperienza sul campo poso dire che l’alternanza scuola lavoro, ribattezzata PCTO, va fermata il prima possibile. L’appello va firmato, subito.
Chiedere di abolire i tirocini e tutte le forme di alternanza perché uno studente è morto durante uno stage è un po come chiedere di abolire la scuola in quanto uno studente è morto spostandosi da casa a scuola. La scuola del XXI secolo deve preparare anche al mondo del lavoro, i tirocini formativi sono preziosi, diversificati a seconda del tipo di scuola che si frequenta, e quel che si deve migliorare è la sicurezza sul lavoro per tutti, mica solo per gli studenti in tirocinio o in alternanza.
Per altro l’alternanza fu istituita dalla Legge Gelmini del 2005, non dalla “Buona Scuola” di Renzi. E negli istitui professionali una forma di alternanza o di tirocinio esiste dal 1962. Renzi sarebbe nato 13 anni dopo.
Aderisco all’appello!
Aderisco perché per esperienza indiretta ho potuto verificare quanto sia aberrante quello che sta accadendo. La tragedia di questo giovane, il dolore dei famigliari spero non cadano nel vuoto e che venga abolito questo pasticcio senza senso. La scuola faccia il suo dovere di formare dei cittadini capaci di pretendere il rispetto e di salvaguardare la propria dignità, una buona formazione sarà il vero aiuto perché la persona sappia poi trovare la sua strada nel mondo del lavoro. Alternanza scuola- lavoro soltanto su base volontaria per progetti seri e verificabili in cui i vari soggetti sono impegnati al rispetto di regole precise.
L’alternanza scuola-lavoro non deve essere obbligatoria. Ho conosciuto studentesse del liceo artistico costrette a lavorare gratuitamente per dei fast-food perchè senza quelle ore di lavoro gli sarebbe stata preclusa la possibilità di accedere all’esame di maturità. Ho percepito tutta la loro frustrazione e ho visto nei loro occhi la delusione verso un sistema educativo che avrebbe dovuto tutelare il loro diritto allo studio e ad approfondire i propri interessi.
Un’alternanza scuola-lavoro sana è esistita finchè i progetti erano collettivi: tutta la classe partecipava ad una stessa attività in linea con il percorso di studi scelto e quella rappresentava un’opportunità di rafforzamento della coesione fra gli studenti, oltre che un’esperienza formativa utile.
Aboliamo ogni forma di alternanza scuola-lavoro che abbia come obiettivo quello di fornire alle aziende manodopera gratuita e inconsapevole.
Sottoscrivo pienamente il vostro appello.
Sottoscrivo pienamente questo appello
Vi rispondo con le parole della madre di Lorenzo, sciacalli:
“La sua non era, come tanti hanno detto, alternanza scuola lavoro, ma un percorso duale con dei protocolli molto seri. Non voglio che il nome di mio figlio sia usato per speculazioni. Chiuderò le porte a tutto questo. Lorenzo era sereno, contento di andare in quell’azienda. Lo ha fatto volentieri tutti i giorni. Aveva ambizioni, strade che si aprivano”.
I percorsi duali “Iefp” negli istituti tecnici e professionali esistono – ovviamente – da ben prima di Renzi.
Ma voi siete solo dei poveretti che si alzano la mattina, leggono le disgrazie, e cercano il modo di affibbiare la colpa ai rivali politici. Che schifo.
Insegnante in pensione, ho avuto modo di conoscere gli effetti devastanti sullo sviluppo personale e sulla preparazione culturale degli studenti causati dalla riforma a suo tempo introdotta dal governo Renzi e pomposaente definita dagli stessi proponenti “La buona Scuola”.
Non posso che aderire con convinzione all’appello.
Aderisco all’appello incondizionatamente.
Non sono d’accordo, credo che per questi ragazzi un’esperienza esterna alla scuola, all’interno di una realtà lavorativa già avviata, rappresenti un valore aggiunto. Chiaramente bisogna mettere in campo più energie per contrastare gli abusi, ma ciò non significa abolire completamente questo tipo di percorso. E sinceramente non capisco la vostra presa di posizione.
Da insegnante in pensione aderisco con convinzione al vostro appello. Ho avuto modo di verificare come, alla fine, le ore di alternanza si svolgano, tutte o quasi, sottraendo ore alla formazione curricolare e quindi non si tratta di un arricchimento ma di una vera e propria decurtazione delle ore di formazione curricolare, in tutti gli indirizzi scolastici. Non solo, ma il fatto che i docenti tutor dell’alternanza abbiano una remunerazione in più, costituisce un incentivo a sminuire ancora di più le attività curricolari. Di più: ho avuto modo di seguire esperienze positive come, ad esempio, casi di collaborazione con gli istituti di resistenza (nel mio caso l’irsifar) o, addirittura, con le Romane disputationes o le scuole di dibattito ma tutti questi sono stati modi surrettizi per aggirare il rapporto con il lavoro e cercare di utilizzare l’alternanza come integrazione della didattica curricolare, con la conseguenza, però, di dover ottemperare a tutte le pratiche burocratiche connesse con lo svolgimento dell’alternanza stessa: una vera diavoleria.
Aderisco con convinzione
Emma
Aderisco convintamente all’appello. No all’alternanza scuola-lavoro, a maggior ragione per i percorsi liceali!
Aderisco all’appello a titolo personale. Anche io ho verificato attraverso l’esperienza dei miei figli nell’alternanza scuola-lavoro di quanto sia inutile, dannosa e gestita veramente molto male.
Come docente di una scuola secondaria superiore, aderisco a questo appello con la certezza della scarsa utilità formativa dell’alternanza Scuola-Lavoro, soprattutto nei percorsi liceali che non hanno alcuna finalità professionalizzante. Anche negli istituti professionali le attività di tirocinio presso le aziende andrebbero riviste e migliorate sotto tanti punti di vista, ma nei licei, da quando l’Alternanza è stata introdotta con le fallimentari norme della “Buona Scuola”, ha generalmente comportato una grave perdita di tempo scolastico e ha mostrato scarsa validità, ad eccezione delle poche occasioni, in cui le singole scuole o i singoli docenti sono riusciti ad inserirsi in qualche percorso formativo interessante, ma non necessariamente afferente ad uno specifico ambito professionale. Chi si è opposto, come me e in diverso modo, all’obbligo dell’Aternanza Scuola-Lavoro, ha creduto piuttosto che la scuola dovesse favorire e valorizzare le attività extrascolastiche di volontariato e tutte le altre esperienze di formazione degli studenti come cittadini, in accordo con il principio costituzionale della solidarietà e dell’impegno civico verso gli altri e verso l’ambiente. Ho creduto e credo che l’introduzione nel mondo del lavoro debba avvenire con tutte le garanzie di autentico apprendimento, di sicurezza e di tutela anche retributiva. Diversamente, è inutile o è sfruttamento.
Che ironica e contraddittoria società: costringiamo i nostri bambini a non difendersi sino all’età dell’adolescenza, età che fisiologicamente gli esseri umani necessitano di affermarsi sul Mondo, e affermare il loro “IOSONO” e quindi per le agenzie educative (famiglia, scuola in primis) diventa più faticoso l’imbonimento e la pretesa dell’apparente protezione che sino ad allora gli imponiamo. Educhiamo ragazzi a non essere in grado di provare l’indipendenti e il senso critico : sino ai 12-14 anni gli esseri umani venuti al mondo in questi decenni, non possono uscire in giardino senza il guinzaglio, poi gli imponiamo la noia del sublavoro in azienda qualche anno più in là, giustificato dalla teoria del “devono capire subito cosa significa la fatica” (peccato che fino ai 16 anni non possano neppure portare un cesto di frutta in campagna o qualsivoglia mansione anche soffice e delicata pensata come lavoro) poi improvvisamente è bene metterli ad annoiarsi in aziende che non ha tempo, né voglia di badare ai figlioli che la scuola e la famiglia sta dimenticando… ecco, questo è il mio pensiero… Quando è tempo di studiare, si studi e ci si concentri sulla conoscenza e sulla scoperta del Sé, non ci si presti per 2 settimane a fare presenza per fare avere alle aziende 2 soldi in più e alle scuole le aule vuote per aver dimostrato di essere stati bravi insegnanti in rete col territorio. Portiamoli a fare 2 settimane di esperienze nel mondo (dove sono finite le gite nelle capitali europee???) a metterli alla prova con le proprie capacità e competenze, e conoscenze al di fuori di quelle che ci offre l’istruzione… Ma questo sarebbe un bel film! oppure sarà la nuova scuola parallela che sta nascendo! Auguri a tutti gli Accompagnatori di Vite
Aderisco all’appello ..è solo tempo sottratto indebitamente agli studenti ed è una forma travestita di sfruttamento. Andrebbe fatto comunque in forma volontaria senza vincolarlo ai crediti formativi ..e soprattutto in sicurezza.