Cosa è cambiato da Salvini a Lamorgese? Un punto sui fermi amministratrivi e i reati di solidarietà

di Bruno Montesano

L’operato della ministra degli Interni Lamorgese è in continuità con i trent’anni di governo securitario delle migrazioni bipartisan che ruotano intorno alla difesa di una comunità nazionale, “minacciata” nella sicurezza personale e sociale. La ferocia delle scelte del governo Conte I pare esser stata dimenticata, anche dai critici più severi, a fronte delle misure parziali di sostegno al reddito nella pandemia del Conte II. Un welfare particolaristico, che riproduce la selettività discriminatoria che privilegia i cittadini nazionali sulla totalità delle persone presenti sul territorio e in stato di necessità – si pensi alla sanatoria parziale e fallimentare delle persone irregolarizzate, purtroppo non motivata da ragioni etico politiche ma da valutazioni tanto utilitaristiche quanto ineffettuali. O si pensi alla canea suscitata dalle pur timide proposte sul reddito di cittadinanza da parte del Presidente dell’Inps Tridico. Tuttavia, un recente articolo di Goffredo Buccini per il Corriere della Sera, che si basa su dati ISPI, invece che aiutare a denunciare l’ipocrisia dei tecnici e del centro-sinistra, confonde le acque. Chiarezza quanto mai necessaria a fronte dell’ennesimo fermo amministrativo imposto alla Sea Watch 3 il 22 Marzo scorso.

L’articolo del Corriere titola che sono state “bloccate più navi di Salvini”. L’intento di Buccini – e del Corsera? – però non è quello di chiedere una maggiore discontinuità – oltre alla richiesta, purtroppo rituale, di un intervento europeo e italiano nel Mediterraneo. Non si parla infatti né di Libia, né dei limitatissimi interventi che hanno modificato i Decreti Sicurezza, né della detenzione amministrativa nei CPR, nè dell’esclusione di 500.000 persone dalla campagna di vaccinazione su base razziale – gli irregolari, in quanto tali, sono una minaccia da contenere invisibilizzandoli e una risorsa da impiegare nell’economia e nel welfare informale. Non ci si preoccupa della morte nel 2020 di 1.096 migranti nel Mediterraneo, o, ancora del respingimento di circa 9.000 persone in Libia (dati Medici Senza Frontiere) né delle violenze sulla rotta balcanica. Nell’articolo si riesuma l’antico spauracchio delle ONG come pull factor, per cui più navi di soccorso ci sono, più migranti partono. E si rilanciano le accuse infamanti che stanno colpendo Mare Jonio e Vos Hessia (MSF) parlando di “continuità” e “sudditanza” tra ONG e scafisti, in linea con Travaglio, il Fatto Quotidiano e i giornali della destra.

Tuttavia, sotto Salvini, il sequestro delle navi avveniva in seguito a contestazioni penali e, non a caso, come anche l’articolo sottolinea, nel Conte I, “le Ong sono rimaste attive in mare 67 giorni e hanno atteso 263 giorni davanti alle coste italiane l’assegnazione di un Pos (un posto di sbarco sicuro)”. In violazione del Decreto Sicurezza del Conte I sull’ingresso non autorizzato in acque italiane, alla Mare Jonio nell’agosto 2019 fu comminata una multa di 300.000 euro. Alla Mission Lifeline, nel Gennaio 2020, pure. E gli strepiti sulla difesa dei confini hanno legittimato diverse violenze contro stranieri e cittadini non bianchi.

Con il Conte II, è continuata la scelta vergognosa delle navi quarantena e le navi delle Ong “sono state in mare 289 giorni e sono rimaste in attesa di Pos per 157 giorni”. Tra fine Ottobre e inizio Novembre 2019, con il Conte II, Ocean Viking e Alan Kurdi attesero rispettivamente 12 e 8 giorni prima di poter far sbarcare le persone salvate. Ad oggi, la media è di 2,5 giorni per l’ottenimento di un porto sicuro. Dal maggio 2020 in avanti, sotto il governo Conte II, sei navi (Alan Kurdi, Aita Mari, Sea Watch 3, Ocean Viking, Sea Watch 4 e Louise Michel) sono state poste in stato di fermo amministrativo, per ragioni di supposta sicurezza a bordo o per la violazione di altri standard. In seguito alla riforma dei Decreti Sicurezza (dicembre 2020) da parte del governo Conte II, non scompaiono le sanzioni alle Ong – che diventano penali e non più amministrative – e le multe si sono ridotte.

Per quanto gravi, le decisioni di Lamorgese sono però diverse da quelle di Salvini: fermare amministrativamente le navi nei porti prima che partano rispetto a fermare quelle in mare, con esseri umani a bordo, e contestare reati, non è la stessa cosa. I tempi di attesa di un porto sicuro si sono ridotti e la ministra non si è spesa nel dibattito pubblico per difendere i confini come il precedente ministro degli Interni. Così come è diverso prevedere multe fino a 1 milione di euro, rispetto ai 50.000 previsti ora, mai comminati. Certo la discontinuità di cui parla non è certo radicale come vorrebbe una certa retorica mainstream. Resta la generale discriminazione sistemica e la criminalizzazione della solidarietà rimane una delle armi più violente del razzismo istituzionale. Gian Andrea Franchi (Linea d’Ombra) è sotto processo per il reato di solidarietà lungo la Rotta balcanica, che viene configurato come “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. A sua volta, Mediterranea è colpita da accuse affini su dei presunti scambi economici con la compagnia danese di navigazione Maersk, fatta attendere in mare con dei migranti a bordo dal governo maltese più di un mese. E i fermi amministrativi continuano a colpire le navi delle Ong.

Buccini, come tanti giornalisti e politici, non è nuovo alla contrapposizione tra italiani bianchi impoveriti e stranieri che minacciano welfare, lavoro e cultura. La tesi dell’articolo è che Lamorgese abbia fermato più navi di Salvini, ma il senso è che il Conte II abbia fatto peggio del I. Sorge il sospetto che, in fondo, per ragioni di coerenza, si voglia dire che, dato che Lamorgese è più subdola di Salvini, forse sarebbe meglio l’originale. O, comunque, che se la politica è invariata bisognerebbe dichiararla, dato che i “nostri” poveri ne avrebbero di che guadagnarci. Se al Corriere, e nel dibattito pubblico, Galli della Loggia rappresenta l’ala conservatrice, incentrata sulla difesa dei valori e che si oppone allo ius soli, Buccini rappresenta l’ala “sociale” e della “sinistra nazional-populista”, rafforzata dall’esperienza del Conte II, “leader dei progressisti”.

Ci si preoccupa del “giusto” rancore delle classi medie impoverite ma si intende a deviarlo da chi è responsabile dello stesso, indirizzandolo sui segmenti non bianchi della classe lavoratrice. Durante la pandemia, il valore della vita di chi non è bianco e di chi non è considerato italiano a pieno titolo – e pertanto non meritevole della protezione dal virus – viene negato secondo diverse strategie retoriche e politiche, accomunate dalla ferocia discriminatoria. Il presidente del Consiglio Mario Draghi è stato invitato da alcuni a mostrare che il suo richiamo all’Europa non sia sola retorico, ma purtroppo il Patto sull’immigrazione e l’asilo proposto dalla Commissione europea non rappresenta un cambiamento di rotta rispetto all’astratto richiamo ai diritti umani a cui seguono le concrete politiche di esclusione ed integrazione subalterna. La solidarietà transnazionale a cui si associava l’idea di Europa non vive purtroppo nelle sue istituzioni – se non parzialmente nella Corte di giustizia europea, in relazione, ad esempio, all’accesso al welfare per gli stranieri e nella Carta dei diritti fondamentali. La governance della UE è ostaggio delle scelte intergovernative e del nazionalismo dei governi degli stati membri, ma l’Europa-a-venire esiste già nelle scelte delle attiviste e degli attivisti che violano i confini interni ed esterni dello spazio europeo.

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