Lo stato del caldo. intervista a Mark C. Serreze

Mark C. Serreze, classe 1960, è un geografo statunitense, direttore del National Snow and Ice Data Center che opera come una banca dati su scala mondiale per la ricerca sui ghiacciai e l’interazione con il clima. Dal 2019 Serreze è professore emerito nel Dipartimento di Geografia della University of Colorado Boulder. Dagli anni Ottanta conduce ricerche sul campo nell’Artico. I suoi studi sul surriscaldamento globale e sullo scioglimento dei ghiacciai artici sono stati tradotti in tutto il mondo.

Il primo viaggio nell’Artico del grande geografo Mark C. Serreze risale al 1982, quando la regione assomigliava ancora a quella con cui le popolazioni del nord avevano vissuto per migliaia di anni, prima delle esplorazioni del Diciannovesimo e inizio Ventesimo secolo. Nel 2017 le due piccole calotte glaciali nell’Artico canadese, precisamente nell’Isola di Ellesmere, che Serreze aveva raggiunto trentacinque anni prima da giovane ricercatore, si erano ridotte a un paio di chiazze di ghiaccio sporche, destinate a scomparire.

Da osservatore sul campo e studioso di caratura mondiale, Serreze è un testimone della rapida e impressionante trasformazione della regione artica con tutte le conseguenze che essa comporta. Mercoledì uscirà in Italia Caldo. Breve storia dello scioglimento (Luiss University Press, 19 euro, 193 pagine, traduzione di Andrea Daniele Signorelli), nel quale ricostruisce questa storia e analizza gli effetti del cambiamento climatico.

Tra i molti dati che colpiscono quelli sui ritmi di diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino dal 1979 al 2016. Ogni decennio è calata in media del 3,2% nei mesi di gennaio e circa del 3,5% per decennio nei mesi di febbraio. Il declino si accentua da aprile fino a settembre, quando si conclude la stagione dello scioglimento e la diminuzione raggiunge addirittura il -13,5% per decennio. L’estensione media del settembre 1980 era di 7,8 milioni di chilometri quadrati. Quella del 2012 è scesa a 3,6 milioni di chilometri quadrati. 

Nel 2007, quando si è rivelato il rapido crollo dell’estensione del ghiaccio previsto da modelli climatici di Marika Holland, dichiarò che sarebbe stato ragionevole attendersi un Artico libero dai ghiacci al termine della stagione estiva entro il 2030. Lo conferma?

«Sì, ribadisco questa previsione. Alcuni sostengono che sia pessimistica. Da quanto osservo ora, ciò avverrà in breve tempo senza drastiche riduzioni nelle emissioni di gas serra. L’Oceano Artico senza ghiaccio in estate sembra inevitabile entro il decennio 2040-50 e la transizione è in corso. Ondate di calore prima inimmaginabili colpiscono il Nord come con il fenomeno degli incendi».

All’inizio era scettico sul ruolo umano nelle mutazioni dell’Artico. Ora?

«Gli scienziati devono essere scettici, richiedere prove e rimanere obiettivi. Le prove sono diventate schiaccianti. Il cambiamento climatico è reale e la causa siamo noi. L’Artico è un avvertimento per ciò che accadrà nel mondo».

Quando avete colto i segnali?

«All’alba degli anni Novanta senza tuttavia comprenderne la portata complessiva. Nel decennio successivo il cambiamento è stato radicale. L’Artico si sta surriscaldando dalle due alle quattro volte più velocemente del resto del pianeta. La perdita di massa della calotta glaciale artica contribuisce all’innalzamento del livello dei mari».

Perché?

«L’Artico, che è bianco e riflette la maggior parte dell’energia solare nello spazio, si scalda. Con il riscaldamento parte di quella neve brillante e ghiaccio si sciolgono, lasciando le superfici più scure sotto. Queste assorbono più raggi del sole e aumentano la temperatura. Si chiama Albedo Feedback».

Qual è stato l’anno di svolta per il processo scientifico e tecnologico di studio delle trasformazioni dell’Artico?

«Il 1979 è stato un anno cruciale per la raccolta dei dati in questa regione. Nel novembre del 1978 il lancio del Global Weather Experiment segnò l’avvio della moderna era satellitare, cambiando l’osservazione terrestre».

Che cosa avvenne?

«La comunità scientifica iniziò ad avere a disposizione una costellazione di satelliti che resero

possibile un sistematico monitoraggio dell’ambiente tra cui il ghiaccio marino. Dal 1998 sono state condotte almeno trenta differenti stime del bilancio di massa della calotta glaciale della Groenlandia con il telerilevamento da satelliti e aerei».

In che modo viene mappato il ghiaccio?

«Dagli anni Ottanta le mappe quotidiane dell’estensione del ghiaccio sono state compilate basandosi sui dati satellitari provenienti da sensori a microonde passivi». 

Che cosa consente questa tecnologia?

«È incredibile. Uno degli aspetti più importanti dei sensori satellitari a microonde passivi, che sono radiazioni a microonde emesse dalla superficie, è la possibilità di essere avvertite giorno e notte. Al Polo Nord è buio per metà dell’anno. Le microonde del tipo utilizzato per rilevare il ghiaccio marino riescono quasi del tutto ad attraversare le nuvole».

Una buona parte della costa artica è costituita da sedimenti congelati, il permafrost. Che cosa comporta lo scongelamento?

«Può avere un’influenza drammatica sul paesaggio, causando crolli del terreno, degli edifici, delle strade e di altre infrastrutture, compresi gli oleodotti. L’aumento potenziale del riscaldamento globale come quello prodotto dall’anidride carbonica e dal metano. Il terreno artico e subartico contiene moltissimo carbonio intrappolato nel permafrost».

Come cambia il ciclo artico dell’acqua?

«È diventato più rapido. Il Mar Glaciale Artico ha la particolarità di ricevere circa il 10% dell’apporto globale dei fiumi. Come avevamo predetto, si verificano più precipitazioni e evaporazione».

Il mare costituisce il nuovo orizzonte delle frontiere da contrassegnare. Quale crocevia rappresenta l’Artico?

«Le tensioni internazionali e la militarizzazione dell’Artico crescono man mano che le nazioni realizzano quanto sia importante sul piano strategico ed economico privo di ghiaccio. Ha acquisito un’importanza nuova per sfruttare le sue risorse: la pesca, il petrolio e il gas. A causa del riscaldamento climatico aumenterà il traffico di rotte commerciali del Mare del Nord. Si pone una questione rilevante di sovranità della regione artica».

 

Commenti
2 Commenti a “Lo stato del caldo. intervista a Mark C. Serreze”
  1. Bellissima, inquietante intervista. Lo sappiamo da anni in quanto responsabili, ma sentirselo ripetere sconvolge e fa male. Grazie.

  2. Gabriele ha detto:

    Grazie Maurizio

Aggiungi un commento