“I’ve Been to the Mountaintop”, Dr. Martin Luther King, Jr.
di Elenza Panzera
C’è una tempesta in arrivo la sera del 3 aprile 1968, eppure la sala della chiesa afroamericana di Memphis, il Mason Temple, è gremita. Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili e uno dei massimi “dedicated servants of humanity”, giunto in sostegno alla protesta dei netturbini che avevano sfilato dichiarando “I am a man”, pronuncia l’ultimo discorso della sua vita. Il giorno dopo, sul balcone del Lorraine Motel dove alloggia, un proiettile sparato dal palazzo di fronte lo colpisce al volto, uccidendolo.
Al suo arrivo da Atlanta il 3 aprile, accompagnato dai compagni della Southern Christian Leadership Conference (SCLC), lo aveva accolto James Lawson, pastore a Memphis e figura chiave nella formazione di King. Era stato lui, di ritorno da una permanenza in India come missionario negli anni Cinquanta, a raffinare la sua conoscenza dei fondamentali del gandhismo, con cui King era già entrato in contatto ai tempi del Morehouse College tramite il suo “mentore spirituale”, Benjamin Mays.
A Memphis il clima è teso. La paga minima non viene garantita, i mezzi sono obsoleti e due uomini sono rimasti uccisi in un incidente. Ad aggravare il tutto, il sindaco, Henry Loeb, si rifiuta di negoziare. L’arrivo in città del leader dell’SCLC è anticipato da scioperi e manifestazioni, che assecondando i gruppi più radicali del Black Power potrebbero facilmente prendere una piega violenta. Al solito, l’SCLC intende costruire una mobilitazione decisa ma pacifica, immaginando che Memphis possa essere la prima tappa di una nuova grande iniziativa per la lotta alla povertà che si sarebbe conclusa a Washington, la Poor People Campaign.
Nel profetico, conclusivo “mental flight” del 3 aprile, il reverendo King – isolato come non era mai stato e costretto a nuove considerazioni sugli scopi del movimento – riavvolge il filo rosso che lega indissolubilmente il mito di fondazione dell’epica americana – la narrazione biblica della lotta di liberazione e la vocazione divina della nazione –, a una pratica politica che non fa che disattenderne i principi, restituendoci un’efficace rappresentazione dell’intreccio di cultura civile e religiosa che attraversa la storia dell’America.
Ma cominciamo dal principio, cercando di seguire la traiettoria di King.
If I were standing at the beginning of time […] and the Almighty said to me, “Martin Luther King, which age would you like to live in?” — I would take my mental flight by Egypt through, or rather across the Red Sea, through the wilderness on toward the promised land.
Il paradigma, qui, è quello veterotestamentario dell’Esodo, costruito intorno ai temi della liberazione e della speranza. Di speranza, infatti, hanno quanto mai bisogno gli schiavi delle piantagioni del XVIII secolo, attorno ai quali si sviluppa il primo nucleo di quel laboratorio di autoconsapevolezza e partecipazione che saranno le black churches. Di matrice protestante e di impianto democratico, esse sono il primo luogo in cui la popolazione afroamericana è libera di esprimere la propria anima in un clima di rispettoso riconoscimento, e all’interno delle quali, nei secoli successivi, si formano figure del calibro di King, leader naturali delle comunità dalle quali sono eletti e che devono rappresentare pubblicamente.
Nel secondo libro dell’Antico Testamento, qui richiamato, il popolo d’Israele, schiavo del Faraone, si affida alla guida di Mosè per lasciare l’Egitto, attraversare il Mar Rosso e intraprendere il lungo cammino nel deserto in direzione della Terra Promessa, che durerà quarant’anni. Nel recupero di questo schema biblico è racchiuso un passaggio cruciale per la vicenda religiosa e politica della popolazione afroamericana, che sente risuonare la propria storia in quella del popolo eletto ridotto in schiavitù. Difatti, se a sostenere il popolo ebraico nella sua difficile peregrinazione era la consapevolezza di camminare verso la “terra dove scorrono latte e miele”, ora, allo stesso modo, lungo il deserto dello schiavismo e della segregazione, i fedeli delle black churches sono sostenuti dalla speranza di essere infine riconosciuti come membri legittimi della nazione che hanno contribuito a costruire. Tale fede è sufficiente a spingerli “through the wilderness”, convinti della matrice divina della loro missione e della necessità di dotarsi di strumenti e regole legittime per raggiungere questo obiettivo.
Formidabile “uomo di pulpito”, King si avvale ora dell’espediente della ripetizione per spingere in avanti il suo volo sul tempo al ritmo incalzante di “But I wouldn’t stop there”, imprimendo al discorso una cadenza ipnotica che catalizza l’attenzione degli ascoltatori verso la meta del viaggio, che si rivela essere la seconda metà del XX secolo. Il presente, dunque: un luogo perfetto in cui agire per cambiare il futuro.
Now that’s a strange statement to make, because the world is all messed up. […]. But I know, somehow, that only when it is dark enough, can you see the stars. And I see God working in this period of the twentieth century in a way that men, in some strange way, are responding — something is happening in our world. The masses of people are rising up.
Più avanti, entrando nel merito della mobilitazione di Memphis minacciata dalle ingiunzioni, King riassume in una frase uno degli aspetti più contraddittori della storia del suo paese: “All we say to America is, «Be true to what you said on paper».” Il riferimento è al rispetto del I emendamento della Costituzione, che dovrebbe garantire, oltre alla libertà di culto, la libertà di esprimersi e finanche protestare; in senso più ampio, però, l’accusa è rivolta a un’America che non onora i testi fondativi che essa stessa ha redatto; che prima afferma solennemente che “tutti gli uomini sono creati eguali”, poi li discrimina in base dell’appartenenza razziale.
Comincia infine ad affacciarsi, tramite il racconto di uno degli attentati alla sua vita (una pugnalata a New York diversi anni prima, dopo la quale sarebbe bastato uno starnuto a ucciderlo), la sensazione che il tempo a disposizione sia sul punto di esaurirsi. Allora era questione di uno starnuto, ma oggi la morte è nell’aria, pronta a raggiungerlo per mano di “some of our sick white brothers”. Ed ecco che, al suono battente di questo rischio sventato, – “If I had sneezed” –, King ripercorre le grandi conquiste di un movimento che ha saputo trasporre il suo sogno di libertà in una strategia pragmatica con precisi obiettivi storici.
L’impianto retorico è granitico, le anafore creano una circolarità ascendente, il ritmo è musicale. Il pubblico resta abbagliato. Eppure, il cuore deve accendersi ancora una volta, quando, quasi scosso da una visione, King si slancia nella sua ultima, folgorante dichiarazione di fede nel futuro.
I may not get there with you. But I want you to know tonight, that we, as a people, will get to the promised land. And I’m happy, tonight. I’m not worried about anything. I’m not fearing any man. Mine eyes have seen the glory of the coming of the Lord.
Alla vigilia della sua morte, il pastore affida alla sua gente una profezia di trionfo che non lo include, così come la Terra Promessa fu preclusa a Mosè che vi aveva condotto il popolo d’Israele a costo di innumerevoli travagli. Ciò che gli fu concesso, tuttavia, fu di salire sulla cima della montagna, per vedere che il frutto dei suoi sforzi assumeva finalmente contorni definiti.
Bibliografia
- P. Naso, Martin Luther King, una storia americana, Laterza, Bari, 2021
- P. Naso, Come una città sulla collina, Claudiana, Torino, 2008
Sitografia e contenuti audiovisivi
- M. L. King, Jr., I’ve Been to the Mountaintop,
https://www.afscme.org/about/history/mlk/mountaintop - C. Scott King speech at Harvard’s Class Day in 1968, Harvard Film Archive (Item #5977)
https://www.youtube.com/watch?v=ejtgWh1DAyQ
- April 1968: Benjamin Mays ’20 delivers final eulogy for the Rev. Martin Luther King Jr.
https://www.bates.edu/150-years/months/april/benjamin-mays-king-eulogy/
- M. L. King, Jr, Beyond Vietnam: A Time To Break Silence,
https://archive.org/details/BeyondVietnamATimeToBreakSilence4467 - The Martin Luther King, Jr. Research and Education Institute, Poor People’s Campaign,
https://kinginstitute.stanford.edu/encyclopedia/poor-peoples-campaign
- N. Hannah-Jones, La conquista dell’America, Internazionale, 8 maggio 2020,
https://www.internazionale.it/notizie/nikole-hannah-jones/2020/05/08/conquista-america-schiavitu
- Declaration of Independence: A Transcription,
https://www.archives.gov/founding-docs/declaration-transcript
- “But If Not” – A Sermon by Martin Luther King, Jr.,
https://notoriousbiggins.blogspot.com/2010/01/but-if-not-sermon-by-martin-luther-king.html