Giacomo Casanova, cocainomane – un racconto di Giovanni di Benedetto
di Giovanni di Benedetto (Venezia, 1725 – Duchov, 1798) Ho sognato che Giacomo Casanova veniva a bussare alla mia porta al numero 9 di rue de Paradis. Era vecchio, grigio, le rughe incise agli angoli della bocca, lì dove i suoi sorrisi avevano un tempo archiviato l’amore. La sua parrucca era spettinata. Non si riusciva […]
Prima che non rimanga neanche io
Quando tre giorni fa ho riaperto gli occhi mi hanno chiesto il nome, il mio nome. Non so chi sia stato perché i miei occhi erano ancora impastati di buio e catrame e qualche ora dopo, credo, solo di luce e disinfettante per ferite. Non ho un nome, per quello che ricordi. Mi hanno chiesto […]
La bolla
di Viola Valéry In una mattina benedetta dal sole, tendevo il copripiumino sul filo che attraversa il mio giardino, quando mi accorsi che al suo interno si era appallottolato qualcosa, forse una maglietta, in fondo a una delle estremità. Provai a tirarlo su dall’esterno facendolo uscire dal lato aperto, ma niente, quindi infilai tutto il […]
Fin che ci trema il cuore, Extragarbo
di Samir Galal Mohamed Il testo è stato redatto in occasione di FAROUT Live Arts Festival a BASE (1-9 ottobre 2022, Milano), dedicato alle pratiche contemporanee: concerti, performance, installazioni e interventi di arte pubblica. “Fin che ci trema il cuore” è un’azione crossmediale del collettivo Extragarbo (Venezia 2019). La letteratura è il più grande esercizio […]
L’uomo col sigaro
di Luca Tosi Una ragazza, un pomeriggio di inizio gennaio si era ricordata che quand’era piccola vedeva sempre, a piedi per il centro di Bologna, un uomo coi capelli legati e il sigaro in bocca. Andava col sigaro quasi sempre spento e si portava dei giornali sotto braccio, come se fossero il suo pane. Quel […]
Mia madre astronauta
Photo by Jonas Verstuyft on Unsplash
Dalla raccolta di Antonio Coletta Mia madre astronauta, uscita per Ultra, pubblichiamo il racconto omonimo: ringraziamo editore e autore.
di Antonio Coletta
Ricordate lo sconosciuto che regalava caramelle piene di droga ai bambini all’uscita delle scuole? Era mio padre.
Quando si sparse la voce e nessun bambino fu più disposto ad accettare caramelle da uno sconosciuto, mio padre andò a lavorare in un cantiere come manovale, cadde da sette metri e restò paralizzato dalla vita in giù.
Dopo l’incidente mio padre fece causa al datore di lavoro, il quale sostenne che mio padre fosse un mitomane: «Quello sconosciuto non ha mai lavorato per me».
Il giudice diede ragione al datore di lavoro e condannò mio padre al risarcimento del danno d’immagine causato alla ditta edile.
Evergreen (a whiter shade of pale, live in Denmark 2006)
di Domitilla Di Thiene
Non cambiava. Avesse potuto contare il numero di volte che l’aveva cantata.
Rivedeva i vecchi video. Inizi anni settanta, palandrane colorate sulle spalle nei video in bianco e nero, occhi strizzati dal poco sonno e i molti acidi. Quell’espressione persa che aveva all’Isola di Wight, era il sonno, il freddo della brina della mattina o cosa?
Ancora a proposito di Letteratura pazzesca
di Stefano Felici
S’era parlato di Letteratura Pazzesca in Italia. Se n’è continuato a parlare. Si è continuato a scrivere, a mettere carne e raccontielli sul fuoco. S’è alzato del fumo nero. Poi grigio, poi bianco. È rimasto un filetto diafano. Ora tutti gli occhi sono puntati sulle fiamme ancora ardenti.
C’è qualcosa che brucia, in città. A Roma. Nel quartiere Centocelle. Per essere ancora più precisi, in un luogo che vive solo di notte, illuminato di giallo ocra e rosso tuorlo, con tanti, troppi libri alle pareti che quasi strabordano, alcol a poppa e microfoni e leggii a prua: La Pecora Elettrica, si chiama il posto. È una nave che va a fuoco, ma proprio questo è l’intento. Abbasso le fredde navi fantasma.
L’aeroporto è il nostro luogo naturale
Photo by Dennis Gecaj on Unsplash
di Domitilla di Thiene*
L’aeroporto è il nostro luogo naturale, il nostro utero accogliente, la luce artificiale, i pavimenti lucidi e le vetrine luminose, ci forzano alla veglia, al luccichio del viaggio, alla promessa della partenza, ti vedo da lontano, hai una camicia nuova, la barba lunga, ti ridono gli occhi, li abbassi per pudore. Siamo a Istanbul, uno degli scali in cui ci incontriamo più spesso. Lo conosciamo a menadito, il negozio di cachemire d’angolo, l’assurda hall con il cibo.
Le cose vere. Una palude
Un prosimetro di Andrea Donaera. A pranzo – o a cena: è uguale: ciò che importa è il preparare, il cucinare, cose vere, da crude a cotte, cose messe insieme: formano un’altra cosa: ciò che importa è l’impegno, e il mangiare, il rituale – la televisione la bisogna ignorare: resta accesa, fredda, partecipazionale, tutti i giorni uguali, tutte le nostre estensioni tecnologiche devono essere subliminali, non si deve avere il coraggio di spegnerla – il coraggio: il coraggio di un taser in faccia alla sacerdotessa del rituale: il silenzio: che ci sarebbe, pieno, senza la televisione: perché a pranzo, o a cena, c’è silenzio: non per una rabbia o per un rancore, o anche, ma comunque: è la televisione che regge il rituale: che è mangiare il preparare.
Commenti recenti