La triste storia del social reading in Italia – Parte 1 (aNobii)

Nel 2009-10 in Italia il sito di social reading aNobii esplode. Il termine è roboante ma non del tutto inadatto per descrivere la crescita fortissima e non facilmente prevedibile di questo “verticale” lanciato nel 2005 e sino allora di modesto successo: grazie al passaparola qualche decina di migliaia di utenti (secondo una stima prudente; affidabili fonti interne all’azienda stimavano in “ben, molto ben!, al di sopra di 70,000 al mese” i visitatori unici italiani nel 2011) si appassiona a un prodotto di nicchia e forma una vivace comunità culturale. In un paese come il nostro dove ogni giorno si levano motivatissimi lamenti sul declino della lettura era un segnale bellissimo (per me e per molti migliori di me, vedi però sotto i detrattori di queste “diavolerie digitali”).

La comunità italiana di aNobii era di gran lunga la più numerosa e quotidianamente molto attiva in tutte le sezioni, dai forum alle recensioni. Alcuni autori iniziavano addirittura a immaginare un rapporto 1/30 o 1/35 tra copie vendute e copie nelle “librerie virtuali” di un libro, e se il rapporto era probabilmente troppo ottimistico e sbilanciato verso scrittori attivi sui social network e con un seguito di lettori forti attivi proprio su aNobii, rimane vero che il social reading dimostrava pure un grande potenziale commerciale. Il rapporto numerico non era poi un semplice riflesso della realtà ma contribuiva a modificarla.

Faccio l’esempio più semplice: vedo che tre miei amici su aNobii hanno Personaggi precari di Vanni Santoni, compro il libro, ne parlo su aNobii, sugli altri social e nella “vita reale”, lo metto a mia volta nella “libreria virtuale” e il ciclo continua, passando parola. aNobii disintermediava, nella prima fase italiana degli ebook acquistati online, la raccomandazione del libraio (più che la recensione del critico) e la rendeva personale: ricevo consigli sui libri da persone che, nel social e\o nella “vita reale”, sono vicini e amici [1].

Il sito, non adeguatamente potenziato nelle risorse, diventò vittima del proprio successo e nell’autunno 2010 letteralmente crollò sotto i miti colpi (accessi) dei bibliofili anobiani [2]. Iniziò così un’emorragia di utenti a oggi non arrestata: alcuni passarono a concorrenti come Goodreads (che tratterò nella seconda parte di questa serie), altri si spostarono del tutto anche per le letture sui social generalisti come Twitter e Facebook, aggrappati a un #fridayreads e a un “Libri” tra gli interessi nel profilo. Altri resistettero, e resistono, su aNobii nonostante ogni disservizio e mancanza di aggiornamento: abbandonare quel sito di social reading non significa, per questi utenti forti, cambiare semplicemente il luogo dove si segnalano le proprie letture ma rinunciare all’attività propria e degli amici (il “grafo sociale”), al patrimonio accumulato negli anni di contatti, contenuti, esperienze.

A inizio marzo 2011 il fondatore da Greg Sung annunciò una svolta alla Amazon: aNobii era stato acquistato da una start-up inglese con l’obiettivo di “integrare” funzioni social e vendita di libri/ebook. L’allora CEO, l’italiano in Inghilterra Matteo Berlucchi, spiegava:

L’obiettivo è sempre quello di essere presenti nella fase che precede l’acquisto di un libro. Solo in questo modo possiamo competere con gli attuali online store che offrono condizioni economiche estremamente aggressive. È chiaro che la questione è: come faccio a creare valore, profittabilità. La risposta è molto semplice ed è diventare anche noi dei librai, dare la possibilità di acquistare il libro che hai scelto di leggere.

I primi effetti di questo aNobii 2.0 furono alcuni miglioramenti nella fruibilità del vecchio sito, dove peraltro nacquero gruppi come “Io non sono il commesso di Berlucchi“. Nel post di annuncio si legge:

Da “social network” a “social retailer” (commerciante sociale), questo è l’inquietante futuro che il neo amministratore delegato di Anobii, tal Matteo Berlucchi, sta preparando per il sito http://www.letteratura.rai.it/articoli/matteo-berlucchi… Anobii si è sviluppato in questo modo perché è uno spazio libero, dove le persone condividono opinioni, emozioni, ragionamenti, per il puro piacere/bisogno di farlo. Ognuno immette nel network il proprio sapere, crea relazioni, diffonde cultura solo perché gli altri possano liberamente fruirne, e per goderne lui stesso.

Ora è giustissimo ricordare che il massimo patrimonio di aNobii sono gli utenti (e nessuno nel management lo aveva mai negato), mentre è piuttosto paradossale leggere di “puro piacere/bisogno”, “spazio libero”, “fruizione libera” (dove libero è free, come in speech e come in beer) in un sito che non ha mai nascosto la propria natura di impresa privata e non ha mai offerto contenuti con licenza Creative Commons o altra formula volta a garantirne la libera diffusione e riproducibilità. La cultura e le esperienze fatte su aNobii erano quindi bene comune solo in senso ideale, nell’idealizzazione della piattaforma da parte dei miti anobiani.

Dal punto di vista economico la mossa degli investitori inglesi voleva esser un granellino di sabbia nell’ingranaggio di Amazon monopolista del mercato in UK. Mario Alemi, nel video segnalato alla nota 2, lamenta che nessun editore italiano abbia investito in aNobii, eppure la nostra comunità era di gran lunga la più numerosa e indicava una chiarissima possibilità di mercato (qui sto ovviamente dando per scontato che, in assenza di un finanziamento volontario, di pubblicità o altro meccanismo di monetizzazione degli utenti, un’evoluzione in senso direttamente commerciale fosse inevitabile). Ma a inizio 2011 gli ebook in Italia erano ancora trattati come una curiosità, forse perché, come insegna William Gibson, il futuro è già qui, ma non equamente distribuito, forse perché al famoso spirito imprenditoriale nell’editoria piace rischiare pochissimo e mantenere fermissime le posizioni.

A mio giudizio è stata un’occasione mancata per creare, quando sarebbe stato più opportuno e facile, almeno uno di quei “negozi alternativi [ad Amazon] su piattaforma tablet” che Stefano Quintarelli in una nota scritta nello stesso periodo riteneva necessari per riportare “una parte del gettito dal Lussemburgo in Italia[3]. Nel 2010-11 Amazon.it era ancora agli inizi: per recensioni e soprattutto discussioni, raccomandazioni e altre funzioni di social reading non offriva nulla di comparabile ad aNobii e nemmeno al suo sito americano, dove Gravity’s Rainbow ha 355 recensioni utenti e tra le più apprezzate spiccano una del 1997 e una del 1999. Amazon.com aveva del resto ben compreso l’importanza di queste nuove piattaforme di social reading: nel 2007 investe in Shelfari e nel 2008 lo acquista.

aNobii 2.0 non mantiene però le promesse, o meglio le mantiene troppo bene, e l’indirizzo beta.anobii.com ora serve di rimando per gli utenti inglesi a sainsburysebooks.co.uk, un sito per l’acquisto di ebook, con una forte enfasi sulla letteratura di genere e una componente di social reading non certo formidabile. Agli utenti fuori dall’UK si consiglia invece di usare il vecchio anobii.com e una gentile pagina di maggiori dettagli comunica un’ulteriore svolta societaria:

Nel giugno 2012 Sainsbury’s Supermarkets Ltd. ha acquistato quote di maggioranza della società Anobii. Sainsbury ha apprezzato beta.anobii.com come una buona piattaforma per vendere ebook a clienti nel Regno Unito. Di conseguenza, eBook di Sainsbury è un nuovo nome e marchio creato per beta.anobii.com di modo che vi sia una familiarità con un marchio di fiducia per i clienti del Regno Unito che vogliono scoprire, leggere e raccomandare libri on-line.
Che cosa significa questo per Anobii? Anobii continuerà ad esistere come un social network per gli amanti dei libri a www.anobii.com. Questo sito è disponibile in tutto il mondo e sarà gestito da un team dedicato di Anobii. [trad. mia]

Ovviamente Sainsbury’s Supermarkets Ltd. potrebbe cambiare idea domani su anobii.com e chiuderlo, senza dover domandare il permesso e senza dover rendere conto a nessuno. Inoltre trovo encomiabile, ma piuttosto strano, che si accolli i costi di un sito ormai molto vecchio (gli otto anni dal 2005 a oggi sono eoni per lo sviluppo web), esigente per banda e manutenzione e senza caratteristiche commerciali. Un osservatore esterno troverebbe non razionale questo comportamento economico, a meno di un prossimo recupero dell’investimento. A mio giudizio stanno cioè aspettando (ma non aspetteranno all’infinito…) acquirenti, italiani, non della piattaforma tecnologica che appunto è vetusta ma della comunità di utenti e dei loro contenuti, ancora molto pregiati.

aNobii in italiano ha infatti un grande patrimonio culturale di informazioni bibliografiche, recensioni, discussioni e un prezioso patrimonio sociale di contatti e relazioni . Gli utenti, con la loro passione e la loro lunga e costante attività (col loro lavoro) hanno reso il sito un centro aggiornato, ricco e vivo. Hanno lavorato gratis su di un sito privato che domani potrebbe risultare irraggiungibile, e proprio perché questi utenti fornitori di opera gratuita hanno un costo in termini di tecnici informatici, banda, server ecc. e devono quindi venire monetizzati a sufficienza con pubblicità o partnership commerciali o accesso a pagamento.

Nel dicembre 2012 sul Venerdì di Repubblica Nicla Vassallo scriveva un pezzo delizioso per assoluta mancanza di preparazione nell’analisi dei social media, disinformazione e, se posso permettermi, aggressiva malafede:

Si narra che gli aNobiiani si calino nel ruolo del bellimbusto letterato e «cucchino» esibendo numero di volumi: volumi letti, volumi non ancora iniziati, volumi in lettura, volumi in consultazione… Si classificano in maschi e femmine, dichiarando età e luogo di residenza: coordinate minimali, utili per rimorchiare nel mondo reale? E se leggono tutto  cover to cover, dove trovano il tempo per far dell’altro? Quale commistione intercorre tra il loro essere (lettori e recensori), il loro possedere (volumi), il loro apparire (su aNobii) e il moltiplicarsi di laboratori di scrittura pseudocreativa?

L’articolo è una summa di tutto il ridicolo involontario (“si narra”, really? ma allora meglio “mio cuggino mi ha detto“) dei nuovi apocalittici dei social media ed è il corrispettivo ideologico del ritardo sugli ebook e del mancato investimento italiano nel social reading, a cui solo ora, quando le vendite di tablet e smartphone dal largo schermo sono ormai tanto alte da non lasciar più dubbi, gli editori cercano di porre rimedio. Anzi il ritardo delle opinioni forti di Vassallo è maggiore di quello degli editori, tanto grande da farle considerare “salotto letterario online più cool” un sito in profondissima crisi, ormai allo sbando da oltre due anni. E questo, per gli amanti dei classici su struttura e sovrastruttura, è un conforto…

Ritorniamo seri in conclusione. Quasi un anno e mezzo fa scrivevo (e ora riscrivo ripetendomi all’infinito):

Da ultimo, come un disco rotto, ripeto ancora una volta che i dati generati e condivisi dagli utenti su aNobii e gli altri social network libreschi qui citati non sono bene comune; mi permetto quindi di invitare i tanti bravi recensori anobiani a prestare un poco del loro tempo e talento anche a quel “patrimonio dell’umanità” che è la Wikipedia italiana, dove le nostre belle lettere continuano purtroppo ad arrancare.

Perché, faccio uno solo tra i tanti esempi possibili, Walter Siti ha giusto qualche riga striminzita su Wikipedia e l’unica sua opera presente con pagina singola o minima descrizione è Troppi paradisi. Le schede di aNobii  Scuola di nudoUn dolore normaleIl contagioResistere non serve a niente sarebbero una base utilissima per un lavoro su Wikipedia forse meno piacevole di quello su aNobii ma certo duraturo e utile a tutti. Un’opera da intraprendere subito, considerato pure che domani aNobii italiano potrebbe cambiare ancora in peggio o, data l’aria che tira, direttamente scomparire. Un’opera e un lavoro che, con tutte le costrizioni wikipediane, sono più fondatamente “libere”, anzi liberanti, e bene comune.

[1] Sulla distinzione e implementazione piuttosto bizzarra di “amici” e “vicini” in aNobii mi permetto di rimandare a Tra 15 e 150. tipi di amicizia. Tipi di amicizia su social network. Sul rapporto 1/35 rinvio a un altro mio post e soprattutto a Librerie virtuali di aNobii e vendite reali di Mario Alemi, ex Head of Business Intelligence di aNobii.

[2] Per questo e altri temi vedi su YouTube l’intervento, molto interessante e franco, di Mario Alemi al 5° raduno nazionale di aNobii. Urbino 8 giugno 2012.
L’ex CEO di aNobii, l’italiano Matteo Berlucchi, a inizio 2012 scriveva in un post sul blog ufficiale dell’azienda: “Vecchio codice = un sacco di problemi. Il sito originale di Anobii è stato costruito nel 2006, lo stesso anno in cui Facebook è stato lanciato! Le tecnologie avanzano, il sito è stato messo a dura prova da un punto di vista tecnico e l’aumento del traffico ha determinato un rapido declino in termini di prestazioni” [trad. mia].

[3] Quintarelli segnalava anche il problema dell’iva italiana al 20% sugli ebook, ben 16 punti in più di quella sui libri cartacea. Oggi pare che il tema sia affrontato anche a livello istituzionale. Roberto Sambuco, Capo Dipartimento per le Comunicazioni e Ispettorati Territoriali del Ministero dello Sviluppo Economico, in una recentissima intervista ha dichiarato: “Francamente lo [l’iva differenziata sugli ebook] trovo incredibilmente anacronistico e dannoso. È un tema europeo e non nazionale ma l’Iva va equiparata al più presto e in questo senso mi sto impegnando come digital champion italiano in sintonia con il Commissario europeo all’Agenda digitale Neelie Kroes”. Al netto delle facili ironie sul campione digitale, la notizia è molto positiva.

Commenti
46 Commenti a “La triste storia del social reading in Italia – Parte 1 (aNobii)”
  1. Mario Alemi ha detto:

    Ciao! Sì, è una triste storia –bel pezzo.
    Se Amazon ha ora comprato Goodreads –mi ripeto– Feltrinelli o Mondadori potevano comprare Anobii. Un sito come Anobii, ben funzionante, ha bisogno di centinaia di migliaia di euro l’anno, e visto che nessun utente avrebbe mai pagato per usarlo, sarebbe stata un’ottima soluzione. Perché? Perché più è libero, più ha valore.

    Nessun editore italiano ha pensato che avere una milionata di lettori che esprimono il loro spassionato giudizio su libri vecchi e nuovi è una miniera d’oro. *Non* perché si possa vendere a questi lettori il libro del momento, ma per capire su che libri investire, quali nicchie di mercato sono rimaste insoddisfatte (chi vorrebbe vedere non solo Fabio Volo in libreria, per esempio), o come fare a svuotare magazzini inutilmente pieni con offerte speciali, et cetera.

    Speriamo, come dici, che (con anni di ritardo) qualche possibile acquirente italiano si svegli…

    Ciao:)

  2. Benedetta Ventrella ha detto:

    aNobii è davvero una miniera, a volte si possono trovare (registrati e schedati dagli utenti) libri di cui non c’è traccia altrove. Ci sono librerie di bibliofili veri che inseriscono ogni giorno rarità. L’elemento di ossessione da parte degli utenti è più elevato che altrove, ma con esso anche l’esperienza su un certo argomento, l’approfondimento (le discussioni nei gruppi a tema sono un esempio). La chiusura di aNobii sarebbe una perdita enorme.

  3. ottobre ha detto:

    Su anobii quasi tutti i libri godono delle 4 stelle su 5. Chi non ha apprezzato un libro scrive semplicemente un commento di due righi e non vota, non dà nemmeno una stella su cinque. I gruppi di discussione, anche se zeppi di iscritti, sono del tutto abbandonati. In pratica anobii “funziona” solo come vetrina delle proprie letture: ma chi è che va in giro a dire “vuoi vedere quanti libri possiedo e di quante belle letture ho goduto?” ?
    Se anobii non esistesse in questa forma mi risparmierebbe la sofferenza d’avere davanti una grande idea sprecata.

  4. un'anobiana qualunque ha detto:

    Non è vero che aNobii è solo una vetrina delle proprie letture, io lo frequento dal 2008 e ho conosciuto tantissime persone, scambiato opinioni, letto e scoperto tantissimi autori e una marea di informazioni sulla letteratura in generale. Vi basterà un’esplorazione, anche superficiale, per scoprire la sua ricchezza per quanto riguarda gruppi e recensioni. Per quello che conta, sarei anche disposta a pagare per continuare ad usarlo, se tornasse ad essere funzionante come una volta. E sono convinta di non essere l’unica.
    Spero che, chi di dovere, non sarà così ottuso da lasciar scomparire un piccolo gioiello come questo…

  5. Igor ha detto:

    Nel giro di un paio d’anni avrò “scambiato” circa 300 (trecento!!!) libri con altri utenti.
    Anobii è un sito unico, dove è possibile scoprire autori e libri sconosciuti di cui non c’è traccia neanche su Google.

  6. Igor ha detto:

    Aggiungo: io sarei pronto a pagare anche una quota annuale pur di mantenerlo aperto.
    Perché non aprire una specie di petizione e trovare utenti disposti a versare un piccolo contributo?

  7. francesco ha detto:

    @Igor

    scusa l’ignoranza, ma “scambiare” tra virgolette, cosa vuol dire? e libri sconosciuti di non c’è traccia neanche su Google? per esempio?

  8. Thalita ha detto:

    @francesco: “scambiare” significa proprio scambiare un libro per un libro, prendendo accordi con gli altri anobiiani. Esisteva (?) in ogni scheda libro l’elenco delle persone che ce l’avevano in libreria ed erano disposte a cederlo in cambio di un altro libro. Per ogni libro c’è la possibilità di indicare che è scambiabile.

  9. Federica D'A. ha detto:

    Qui (bit.ly/Zhq8CH ) abbiamo spinto un po’ oltre la riflessione sull’intreccio libri/social network. Mi piacerebbe tantissimo sapere cosa ne pensi. Buon lavoro! F.

  10. Igor ha detto:

    @Francesco

    Proprio come dice Thalita. Uno mette la propria libreria in bella mostra ma se ci sono libri che non ti sono piaciuti li metti in scambio e quando le corrispondenze con la tua wishlist coincidono con quelle di altri utenti non rimane altro che mettersi d’accordo sulla spedizione.
    Gli utenti che hanno libri vecchi, fuori catalogo, introvabili, hanno investito tempo a creare schede, fotografare copertine e mettere a disposizione degli altri titoli di cui spesso si ignora l’esistenza.
    Il mio non si trovano neanche su Google è dato dal fatto che spesso mi è capitato di scrivere il titolo di un libro, presente magari in una copia di Anobii, su Google per ricercarlo usato in qualche libreria antiquaria ma non esistevano corrispondenze se non quella anobiiana.
    Anobii, per chi ama i libri, è indispensabile.
    Solo lì puoi sperare di trovare info su quanti e quali libri ha scritto un determinato autore, magari scomparso dai cataloghi.

  11. Federico di Vita ha detto:

    Però la proposta di trasportare (o cominciare a mettere) le recensioni e le schede su Wikipedia è molto più facile a dirsi che a farsi, dovendosi scontrare sistematicamente con la miopia e la crassa ignoranza dei carabinierini wikipediani che quanto mai soventemente cancellano schede, o le impoveriscono, semplicemente perché del tutto digiuni (loro) dell’argomento trattato.

  12. Federico di Vita ha detto:

    Non dico che questo accada sempre, dico che accade (e accadrebbe) se si volessero segnalare titoli o autori non troppo noti. Io provai anni fa a creare la scheda non di un singolo libro ma di tutta una (piccola) casa editrice. La scheda fu rimossa due volte, lasciai perdere. Lo dico perché quello che viene proposto nel post è proprio l’inserimento dei testi e degli autori meno noti (i più famosi su Wikipedia ci sono già, certo, magari si potrebbero migliorare i dettagli, ma il salto di qualità enciclopedico è, in questo caso, salto di quantità, a mio avviso).

  13. jumpinshark ha detto:

    @Mario Alemi
    Grazie per il commento. Le tue considerazioni su nicchie e coda lunga sono davvero importanti.
    @Benedetta Ventrella
    “L’elemento di ossessione da parte degli utenti è più elevato che altrove”, questo è verissimo. La bibliomania è una cosa seria:)
    @Ottobre
    Alcune zone sono ora un po’ “desolate”, ma è notevolissimo che, con tutto quello che è successo, la comunità degli anobiani sia ancora così forte.
    @un’anobiana qualunque e @igor
    Siete gli anobiani ideali.
    Sul “sarei disposto a pagare”: l’adagio dei social media “Se non paghi per il prodotto, il prodotto sei tu” funziona quasi sempre, e l’evoluzione più probabile di aNobii mi pare quella di una “collaborazione\integrazione” più o meno spinta con un retailer, un editore o pool di editori ecc. appunto per “monetizzare i contenuti prodotti dagli utenti”, che, come spiegava anche Alemi, hanno un chiaro valore economico.
    @Federico d’A
    Grazie per il link. Riporto questi dati: “In Nordamerica la diffusione degli eBook riguarda il 23-24% circa dei lettori, con una crescita del mercato del 32% dal 2011 al 2012. Il fenomeno degli eBook è senz’altro, dunque, ormai popolare per i lettori statunitensi (non tanto per quelli canadesi), mentre rimane tuttora un fenomeno di nicchia in Europa, con una diffusione che riguarda il 3,4-3,6% dei lettori. In Europa, tuttavia, si è registrata la crescita più vertiginosa del mercato, salito del 200% in un solo anno fino a un volume d’affari di 540 milioni di euro: il 64% di questi in Gran Bretagna, il 22% in Germania e appena il 3%rispettivamente in Italia, Francia e Spagna.”
    Considerato anche che chi volesse comprare oggi l’Ulisse di Joyce nella versione di Celati pagherebbe 23.80€ per la brossura e 6.99€ per l’ebook (è un caso limite, lo so, ma i casi limite non sono oggi rarissimi) credo che nei prossimi due anni il mercato degli ebook crescerà molto. E ancora di più se\quando l’iva verrà “adeguata” .
    @Federico di Vita
    “Però la proposta di trasportare (o cominciare a mettere) le recensioni e le schede su Wikipedia è molto più facile a dirsi che a farsi”. Non voglio certo sottovalutare il lavoro e le difficoltà che tu e altri segnalate, ed è chiaro che su Wikipedia non metterò le mie sbrigliate opinioni, però inserire una scheda su Wikipedia di un libro nuovo di Michele Mari o Tiziano Scarpa non è poi molto diverso dall’inserirla in aNobii.
    Segnalo inoltre che su Wikipedia mancano proprio voci per scrittori e testi molto conosciuti. Walter Siti con “Resistere non serve a niente” è dato come favorito al Premio Strega e la pagina Wikipedia del libro manca. E non è presente nemmeno per il romanzo che ha vinto l’anno scorso, “Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi” di Alessandro Piperno. Allungare questo elenco sarebbe purtroppo molto facile…

  14. barbaraw ha detto:

    Punto primo: gran bel articolo frutto di vera analisi e documentazione, che porta, però solo brutte notizie..
    Punto due: anobii, per me, è stato tutt’altro che una “vetrina”: vi ho scoperto molti libri tramite le recensioni degli altri lettori alle quali non sarei mai arrivata con altri mezzi – ho partecipato a discussioni su un libro in particolare in cui vengono a convergere opinioni, informazioni, arricchimenti molto variegati ed interessanti e, sì, ho trovato qualche “anima gemella” di lettura con le quali scambiarsi consigli – non mi ha mai delusa anobii, e io sentirei crudelmente la sua asssenza.

  15. Yupa ha detto:

    Convengo sui dubbî esposti da Federico di Vita a proposito di wikipedia, non solo riguardo alla presenza di “carabinieri” nell’enciclopedia cosiddetta libera, almeno nella sua versione di lingua italiana.
    Più che altro.
    ANobii è un sito sociale ad alto valore nutrizionale per l’ego di chi lo popola. C’è chi la vedrà come una cosa negativa. Io no. Lo prendo come dato di fatto.
    Wikipedia è un luogo in cui il contributo è anonimo per sua natura e con scopo di informazione neutra. Ci sono schede da costruire, e le schede non sono proprietà di nessuno.
    ANobii invece non è un mero catalogo bibliografico, nonostante sia molto ricco da questo punto di vista. È anche un luogo dove i lettori espongono, o se si vuole esibiscono con sano narcisismo, le proprie idee, opinioni, emozioni sui libri. Collezionando anche i punti d’apprezzamento ai proprî commenti, che tanto vellicano l’ego e non poche discussioni hanno causato internamente al sito, anche ironiche (con tanto di fittizî cataloghi a premî per le recensioni più apprezzate).
    Tutto questo in wikipedia è assente, perché wikipedia è altra cosa.
    Proporre a un aNobiiano di riciclarsi in wikipedia è, fatte le debite proporzioni del caso :), come chiedere a uno scrittore di belle lettere di reinventarsi archivista. Son entrambe due nobili attività, ma decisamente coincidono solo in parte.

  16. Aubrey ha detto:

    Da wikipediano e anobiano, provo a rispondere ad un paio di cose.
    Su Wikipedia vige il principio del punto di vista neutrale (in gergo, NPOV), il prioncipio di Enciclopedicità e quello di “non fare ricerche originali”. Questi tre principi non permettono un’esportazione diretta di anobii su Wikipedia: non sono accettate recensioni, nè discussioni sul merito dei libri, e non sono neanche accettati tutti i libri o tutti gli autori.
    E’ però sicuramente possibile fare molto: come ricordava jumpinshark, molte voci di autori importanti sono assolutamente incomplete, sia di dati che di informazioni. Purtroppo, è molto più noioso riportare quello che dicono altri critici su un libro piuttosto che scrivere una personale recensione dello stesso. Questo è uno dei motivi per cui le voci di letteratura su Pedia sono vuote. L’atteggiamento da carabinieri, tante volte colpevole, secondo me viene travisato proprio per questo: non posso andare su Pedia a scrivere una recensione positiva (per quanto eruditissima), perchè sarebbe una ricerca originale. Posso riportare quella di critici autorevoli, o comunque presente su fonti esterne. Wikipedia è una fonte secondaria/terziaria, raccoglie quello che altri dicono su un determinato oggetto/argomento.

    Detto questo, fra Amazon/Goodreads e oggi Elsevier/Mendeley, pare un brutto momento per i commons digitali. Anobii era un felice esempio di una comunità testarda e ricca che aveva preso possesso di una piattaforma semplice, piena di buchi ma comunque potente. (una cosa simile è accaduto a friendfeed, con tante sovrapposizioni di utenti, fra l’altro (come se in italia ci fosse uno zoccolo duro di utenti giovani e meno giovani, ma colti e con la’more per il libro (e per il cazzeggio, più e meno intelligente)).

    Mi ricordo che al concorso CheFare era stato proposto Social Book (http://www.che-fare.com/progetto/social-book), che però si è arenato. Ho contattato tempo fa uno degli ideatori, Giancarlo Briguglia, dato che io nel tempo libero avevo pensato ad un progetto praticamente identico.
    Pare si sia fermato, perchè ovviamente mancano i fondi.

    Inoltre, so da fonti certe che anche OpenLibrary è in una situazione poco felice, Internet Archive pare poco propenso a continuare il suo sviluppo e al momento il progetto sta cercando di guardarsi intorno e cercare persone/comunità/sviluppatori per ripartire.

    Non sappiamo se Zazie.it (cioè quelli di Bookrepublic) sono interessati ad anobii? Secondo me, dovrebbero.

    L’unica altra alternativa, secondo me un po’ di là da venire, è vedere come evolverà il progetto DPLA, cioè Digital Library of America, e tentare di rifare qualcosa di analogo in Italia, lasciando però ampio spazio alla community (cioè, in questo senso, “ampliare” lo scope di Wikipedia.
    Gestire i commons non è roba facile, e le conversazioni (e i dati) attorno ai libri lo sono.

  17. capsicum ha detto:

    Sfortunatamente , come dice Aubrey, su Wikipedia vanno sempre riportate le fonti di cioò che si inserisce. Questo significa che se un docente, mettiamo, di statistica sanitaria inserisse il testo delle sue dispense, verrebbe cancellato. Dovrebbe, per farlo, citare un se stesso pubblicato da qualche parte (verificabile) con una licenza d’uso che consenta la messa online su wikipedia. Lo so che è complicato e sembra anche stupido, ma altrimenti non ci sarebbe modo di dare una minima garanzia di controllabilità sui contenuti di wikipedia.
    Per questo no, non si può prendere i contenuti di Anobii, per quanto rari e utili e forse anche insostituibili, e travasarli su wikipedia. Però si potrebbero pubblicare, in qualche forma, i contenuti di anobii con una licenza d’uso e DOPO riportarli su WP citando la fonte. E non è escluso che prima o poi, se vado in pensione, io non mi metta in testa di farlo. Non esiste una enciclopedia della letteratura contemporanea fatta dai lettori. MA non la si può fare dentro Wikipedia, non con questa struttura.

  18. zorto ha detto:

    @ Anobii non accetta libri autopubblicati – da eFFe : non è vero. anche i libri self publishing possono essere inseriti su Anobii…basta creare una scheda con tutti i dati, io l’ho fatto…come diceva Totò: s’informi…l

  19. sergio ha detto:

    Anobii è un gran bel sito per archiviare e catalogare le letture e per essere informati su libri e autori e leggere le recensioni è molto utile per decidere i prossimi acquisti “a colpo sicuro” di libri.
    Purtroppo però da troppo tempo non funziona bene, scrivi recensioni e quando clicchi pubblica ti sbatte fuori e perdi tutto lo scritto, lo stesso quando scrivi a qualche amico per scambiarti opinioni sulle letture.
    Spero proprio che il sito rimanga online e che venga rivitalizzato, e anche rinnovato perché un po’ obsoleto.

  20. Patrizia Anobiana doc ha detto:

    Qualcuno allora mi spiega perchè da settimane il sito non funziona più bene? lo stanno chiudendo o cosa? lo stanno aggiornando? qualcuno lo sa? grazie

  21. tonii ha detto:

    sono esterrefatto dal leggere commenti in cui si sostiene che un libro “non si trova nemmeno su google”. ma quando mai Google (Books, mi auguro) serve per trovare libri? Forse le vostre letture si limitano ai romanzi e alla letteratura di evasione, e di quella commerciale. Un qualsiasi catalogo di biblioteca (e tutti i cataloghi sono oramai online da talmente tanti anni che dovreste saperlo) offre indicazioni bibliografiche talmente ricche che in confronto google è il deserto. Per non parlare di metacataloghi come worldcat, dove si ottiene l’andamento cronologico annuale della letteratura primaria e secondaria di un autore in qualsiasi lingua del mondo ciò appaia. Mah. Sarò io che ho bisogni informativi diversi.

  22. Igor ha detto:

    Non trovarlo neanche su Google vuol dire utilizzare appunto Google come motore di ricerca per trovare informazioni su un libro particolare. Non si parla di Google Books, si voleva solo mettere in risalto che nella vastità di informazioni che Google riesce a estrapolare spesso non appaiono altri risultati validi se non quelli del libro in questione presente in Anobii.
    Non capisco invece cosa vuol dire “Forse le vostre letture si limitano ai romanzi e alla letteratura di evasione, e di quella commerciale.” che contraddice in pieno quanto appena affermato sopra.

  23. lucia ha detto:

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